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Oggi parliamo con… Katia Brentani

Da Gialloecucina

L’Autrice che si è fermata a scambiare quattro chiacchiere con Alessandro è Katia Brentani. Andiamo a conoscerla meglio attraverso l’intervista che ci ha rilasciato!

 

Intervista a Katia Brentani, a cura di Alessandro Noseda

 

Diamo il benvenuto a Giallo e Cucina a Katia Brentani. Grazie per il tempo che ci dedichi

Grazie a voi.

Cosa mangiamo? Perché ci hai proposto questo locale per l’intervista?

“Le vecchine” di Ozzano è un ristorante dove è possibile mangiare i piatti della tradizione bolognese e non solo con un buon rapporto qualità/prezzo e il personale è cortese. Propongo di assaggiare le tagliatelle alle ortiche.

Iniziamo con le presentazioni. Raccontaci chi sei, cosa fai e perché leggi e scrivi

Sono una bolognese doc e ti confesso che quando mi chiedono perché leggo e scrivo è come se mi chiedessero: “Perché respiri?” Non posso farne a meno.

Perché hai scelto di accordare un’intervista a Giallo e Cucina? E’ un blog che senti vicino?

Giallo e Cucina…un binomio perfetto! Mi piace il vostro blog e mi ritrovo spesso come lettore a condividere le vostre recensioni. Affinità elettive. Anch’io ho un blog personale dove parla di libri e di me http://katiabrentani.wordpress.com

Quando e come è nata la passione per la lettura? E l’esigenza di scrivere come è nata?

Quando ho scoperto la magia e la potenza delle parole avevo sei anni e ho sfinito i miei genitori leggendo per settimane a voce alta ogni parola scritta: dall’etichetta riportata sul barattolo di fagioli ai cartelli pubblicitari. La scrittura è cresciuta di pari passo: pensierini, diario, racconti, romanzi.

Quando lo fai? La tua musica per ispirarti?

Mi piace scrivere di sera, a volte di notte. Non ascolto musica quando scrivo, in quel momento vivo in un mondo parallelo dove non sento nulla soltanto i personaggi che prendono vita. Amo la musica, ma è legata ad altri momenti della mia vita.

Alla Fiera della Microeditoria di Chiari presenti il tuo ultimo libro. Come è nata l’idea?

L’anno scorso a Chiari ho presentato il mio romanzo giallo “Volevo solo chiuderle gli occhi” (Albus Edizioni). Quest’anno ho portato “Ricette Fatali” (Damster Edizioni) e ho partecipato come responsabile editoriale della Collana I Quaderni del Loggione, una collana enogastronomica davvero frizzante, che curo per la Damster Edizioni (www.loggione.it).

Rubi alla realtà o i tuoi personaggi sono totalmente frutto di fantasia?

Quando scrivo gialli parto sempre da un fatto reale e poi romanzo. Può essere un dettaglio sentito al telegiornale o una notizia letta sul giornale o ascoltata per strada. I personaggi sono inventati, anche se nella mia mente rimangono impigliati dettagli di volti, frasi, gesti di persone, spesso sconosciuti. Un mix di finzione e realtà.

Dove ambienti i racconti?

La differenza fra la stesura di un racconto e un romanzo è enorme. Nei racconti spesso il luogo dove si svolge la storia è generico: mare, montagna, città, paese ecc. I miei romanzi sono ambientati a Bologna, a parte “Il figlio del boia” (Runde Taarn Edizioni) ambientato in Francia.

Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura della prima bozza? E nel seguito?

La storia nasce e cresce prima nella mia testa e la prima stesura è “grezza”. Non sempre quello che ho immaginato si fissa sulla carta nel modo che vorrei. Ogni libro è diverso. Le difficoltà possono essere tante: manca il ritmo, i personaggi non “funzionano” ecc.

Cosa ci puoi raccontare della tua esperienza editoriale e del rapporto con Editor/Editore?

Ho iniziato parecchi anni fa scrivendo novelle su Confidenze, una rivista del gruppo Mondadori. Il lavoro di editing era accurato ed è stata una bella esperienza durata una decina d’anni. I romanzi li ho pubblicati con piccole case editrici attraverso premi letterari (1° premio/pubblicazione) o inviando direttamente i manoscritti agli editori.

Il mio rapporto con gli editori è sempre stato improntato sulla collaborazione. Lavoriamo per lo stesso obiettivo. Con Massimo Casarini, titolare della Damster Edizioni, c’è sintonia ed è nata una bella collaborazione. Per me è stato importante “vedere” dall’altra parte della barricata. Ci si rende conto delle difficoltà che devono affrontare i piccoli editori e si condivide la passione per progetti comuni.

Sei ferma alla carta o ami anche gli e-book?

Ho iniziato a scrivere quando il computer non c’era,scrivevo a mano e ricopiavo usando una Olivetti elettronica. Ancora oggi la prima stesura dei miei romanzi la scrivo a mano. Ho bisogno della penna e del foglio bianco. Non sono contraria agli e-book, possono essere comodi e utili in determinate situazioni e per alcune categorie di libri, ma stringere il libro fra le mani, ritrovare tracce di altre persone fra le pagine, l’odore della carta…lo so sono un’inguaribile romantica!

Hai scritto anche racconti a quattro mani. Cosa ci puoi raccontare di queste esperienze. Bisogna mediare molto o si trova una sorta di comunione creativa con l’altro autore?

Serve la mediazione e la comunione creativa. Quando Stefano Borghi, un autore milanese, mi ha proposto di scrivere un libro insieme confesso che ero molto dubbiosa. Lui mi ha detto: “proviamo, se non va lasciamo perdere e amici come prima”. Insieme abbiamo scritto “Piccole storie di periferia” (Edigiò Edizioni), una raccolta noir. Lui aveva già scritto a quattro mani con Gaia Conventi.

Noi abbiamo lavorato tramite email, rimbalzandoci un racconto per volta fino alla piena soddisfazione di entrambi. Un lavoro lungo un anno. Un’esperienza utile, a mio parere, per imparare a mediare, con umiltà. Lavorando a quattro mani si regalano sfaccettature imprevedibili alla storia.

Con Silvia Aquilini, con cui ho scritto “Ti lascio una storia da raccontare” (Nuova S1 Edizioni), abbiamo lavorato su due storie diverse che poi si intrecciano attraverso delle lettere. La sua protagonista vive e si muove in una Bologna contemporanea, la mia in una Bologna inizio Ottocento. Un lavoro a quattro mani in forma autonoma.

Un buon consiglio a chi ha una storia nel cassetto e non ha ancora trovato chi gliela pubblichi?

Non demordere e crederci, perché se tu sei il primo a non credere nelle tue potenzialità come possono farlo gli altri? Naturalmente con l’umiltà e il senso critico e l’onestà. Chiedersi sempre: “posso fare meglio?”.

Partecipare a concorsi letterari seri può essere una strada, un modo per mettersi in gioco.

Cosa pensi delle fiere come quella di Chiari?

La Fiera di Chiari è una delle mie fiere preferite. A parte la suggestiva cornice in cui si svolge, Villa Mazzotti, permette agli autori di trovarsi a stretto contatto con una fetta importante di editori della piccola e media editoria e ai lettori(lettori-autori di conoscere questa bella realtà di piccoli e medi editori che offrono un prodotto curato e variegato, molto diverso dalle pile di libri tutti uguali (sempre gli stessi) che troviamo negli store.

Ti piace incontrare il tuo pubblico?

Molto, le presentazioni danno la possibilità non solo di far conoscere il tuo libro, ma di confrontarsi con i lettori.

Ci sono domande che ti mettono in difficoltà ed altre che nessuno ti ha mai posto?

Difficoltà no, per ora non mi è successo. Domande che non mi hanno mai posto non me ne viene in mente nessuna, ma posso dirti che a volte i lettori ti spiazzano con domante spiritose e simpatiche.

Che tipo di lettrice sei?

Sono una lettrice onnivora. Ho creato un gruppo di lettura, il gruppo di lettura Voltapagina che fa capo alla mia biblioteca di quartiere. Mi piace confrontarmi con altre persone e incontrare scrittori.

A Bologna nel mese di aprile le biblioteche di quartiere insieme ai gruppi di lettura organizzano il Festival dei Lettori dove è possibile confrontarsi sul tema della lettura e incontrare scrittori invitati dai gruppi di lettura.

Ci sono autori ai quali ti ispiri e che rappresentano per te un modello?

Credo che la mia scrittura, anche solo a livello di subconscio, sia contaminata dai libri che ho letto, davvero tanti, ma non mi ispiro a uno scrittore in particolare, almeno non volutamente.

Cosa pensi dell’invasione degli autori stranieri?

C’è spazio per tutti! Leggo autori italiani e stranieri. Non mi perdo mai un libro di Erri de Luca, Mariolina Venezia e Cristiano Cavina. La mia città è una fucina di giallisti bravissimi come Grazia Verasani, Alfredo Colitto, Danila Comastri Montanari, Loriano Macchiavelli, Carlo Lucarelli ecc. senza dimenticare quelli non ancora famosi ma con grosse potenzialità. Sono i lettori che scelgono i libri e fanno la differenza, per questo è importante andare oltre le proposte di massa, la pubblicità.

Hai altri progetti letterari in cantiere?

A fine Gennaio uscirà il mio nuovo romanzo giallo, sempre con il commissario Giorgio Volpi protagonista. Sto lavorando anche su un nuovo quaderno del Loggione e in testa mi frullano idee….vedremo.

Pensi di fare delle presentazioni nei prossimi mesi?

Sì, presenterò alcuni quaderni del Loggione che ho realizzato (“Bologna la dolce. Curiosando sotto i portici fra gli antichi sapori” e “Ricette Fatali”, un libro accattivante che parla delle grandi avvelenatrici e del cibo usato come veicolo di morte) e il mio romanzo giallo “Volevo solo chiuderle gli occhi” (Albus Edizioni). Per avere tutte le informazioni sui luoghi e gli orari si può visitare il mio sito http://katiabrentani.wordpress.com, le mie pagine facebook “Katia Brentani” – “I Quaderni del Loggione” – “Ricette Fatali”

So che in cucina sei un portento!

Amo cucinare. La cucina è nel Dna di famiglia. Mia nonna Alma aveva aperto una trattoria in tempo di guerra, mia madre è una sfoglina, mio fratello un cuoco e mia cognata una pasticcera. La cucina per una bolognese doc come me è un modo di vivere, amare, una forma d’arte. Da un mese su Ciao Radio e DiTv 210 del digitale terrestre va in onda, ogni mercoledì dalle 11 alle 11,20, “Katia in cucina”, una trasmissione in cui parlo di cucina. Intervengono gli ascoltatori e invito ospiti.

Lasciaci almeno con una ricetta (per la gola) e una citazione (per la mente)

La ricetta è quella della brazadela (ciambella) che per un bolognese rappresenta il focolare domestico, la famiglia come le madeleine per Proust. Ai dolci bolognesi ho dedicato il quaderno “Bologna la dolce. Curiosando sotto i portici fra antichi sapori” nella Collana del Loggione (Damster Edizioni)

Brazadela (Ciambella)

Ingredienti: 250 gr. di farina 00 – 100 gr. di burro – 100 gr. di zucchero semolato – 1 uovo intero – ½ bustina di lievito per dolci – scorza grattugiata di un limone – un pizzico di sale – latte q.b. – a scelta da aggiungere nell’impasto ½ bustina di essenza di vaniglia –

Per la decorazione: granella di zucchero e un tuorlo d’uovo.

Procedimento: disporre la farina a fontana su un tagliere, fare un incavo nel centro e romperci l’uovo, unire il burro ammorbidito, il lievito, la scorza grattugiata del limone e un pizzico di sale. Impastare bene aggiungendo la quantità di latte necessaria per ottenere un impasto omogeneo. Fare riposare in frigorifero per mezz’ora.

Trascorso il tempo prendere l’impasto e fare un cordone che fa messo in uno stampo per ciambella con il buco, imburrato e infarinato. Unire le estremità e con un coltellino affilato fare un’incisione al centro dell’impasto lungo tutta la circonferenza. Spennellare con il tuorlo d’uovo e cospargere di granella di zucchero.

Cuocere a 180° per mezz’ora con forno preriscaldato.

L’impasto è la base di alcuni dolci caratteristici bolognesi come le raviole, la pinza o i biscotti.

Frase:

“L’ironia è una dichiarazione di dignità, un’affermazione della superiorità dell’uomo su ciò che gli capita” (Romain Gary)



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