Magazine Diario personale

Oggi vuoto il sacco

Da Martatraverso
Un pomeriggio stavo studiando a casa della nonna con il quaderno di religione appoggiato sulle ginocchia, circondata dalle mie zie, tutte affaccendate. Stavo ricopiando, uno dopo l'altro, i peccati capitali e, angosciata dalle tante varianti del male, chiesi alle zie se potevano citarmi le virtù capitali. Nessuna seppe rispondermi. Ecco una perfetta sintesi del loro essere, pensai: conoscono a menadito tutti i peccati e nemmeno una virtù.
(da "Antigua, vita mia" di Marcela Serrano)
Oggi non ho voglia di niente, solo di scrivere e di studiare. Ho qualcosa che mi rode dentro e non vuole saperne di andare via. E' che sono stufa marcia di mille personalità. Vorrei averne una sola, e che per gli altri fosse prendere o lasciare. Vorrei non dare così importanza al fatto che la famiglia se ne frega di me. E' il fatto che io gli do tutta questa importanza a fare sì che la giornata sia già iniziata storta. Sto così bene a Genova, a Camogli o ovunque mi trovo perché la percepisco come una dimensione irreale, dove loro non esistono. Per questo al primo squillo di telefono cambio totalmente espressione. Mi piacciono i blog perché è una dimensione in cui loro non arrivano. Se ne fregano di me al punto che non lo vanno nemmeno a cercare. Avrebbero su un piatto d'argento materiale in abbondanza per criticarmi: in primis il fatto che scrivo articoli su donne nude e calendari. Poi le cazzate intimiste di questo blog (o almeno loro le giudicherebbero così). E invece se ne fregano al punto di andare su Internet a cercare i cazzi di tutta Isola su Facebook tranne i miei. Se ne fregano al punto che neanche un cane mi ha chiesto se ho finito servizio civile, come mi sento, se resterò in contatto con qualcuno, se sono contenta dell'esperienza, cosa penso di fare ora. Una cazzata qualunque sull'argomento mi sarebbe bastata. E invece niente di niente. O meglio: l'unica persona che me lo ha chiesto mi ha fatto una mezza scenata - per di più davanti a mio padre, che credo abbia taciuto per non partire con una serie di Vaffanculo in mezzo a un pranzo di nozze - quando gli ho detto di aver presentato domanda per un bando che, se avrò la fortuna di passare le selezioni, mi potrebbe far tornare lì per un altro anno. Mi ha detto che va bene se voglio diventare funzionaria comunale, ma che è comunque uno spreco dato che l'Ansa presto cercherà collaboratori, anche se non pagati e con scarse possibilità di assunzione, dato che c'è il blocco del turnover. Ma è l'Ansa.
L'unica cosa importante per loro è (1) che vado all'università, frequento le lezioni seduta in prima fila e prendo almeno tutti 30 (2) che la smetto di raccontare balle su dove/come/con chi passo i miei fine settimana ("Sì, ve lo dice lei che sono le amiche...") (3) che vado a Messa tutte le domeniche. E io, cogliona stratosferica, dopo questa ennesima scenata ho pianto un pomeriggio intero fino a farmi venire la febbre.
Ieri sono stata in un atelier a Camogli. Un'artista ceh si è fatta dare delle vecchie finestre per dipingere panorami immaginari sui vetri. Sono uscita con le lacrime agli occhi. Mi sono chiesta se anche lei ha una mamma, una nonna, una zia. Mi sono chiesta se hanno mai visto i suoi quadri, se le hanno mai detto che è brava. Se le hanno mai detto di seguire la sua arte e continuare così. O se invece l'hanno saputa solo ignorare e criticare, ma lei è andata avanti testarda, trovando sul suo cammino amici che l'hanno amata così com'è. E che le hanno detto che è brava.
Una volta ho preso 29 a un esame. Non ricordo se qualcuno mi ha detto che ero brava. Ma ricordo bene chi tutta allarmata mi chiese come mai era solo un 29. Ci soffro ancora adesso, che sono passati anni. E' questo dolore che mi impedisce di essere libera.

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