Deciso di abbandonare La ragazza delle arance per iniziare un nuovo ciclo di letture, come – dopo tre mesi che aspetto di comprarlo – Di mercoledì, l’autrice è inutile che ve la dico, la conoscete già come scrittrice ma prima di tutto come attrice, mi riprendo da una settimana di solenne riposo, quella del “quando ci vuole ci vuole” e rielaboro tutto ciò a cui la mia testa aveva messo il divieto, tra cui le idee-dell’ultimo-momento.
Ho smesso di progettare da quando ho analizzato attentamente la parola progetto, ovvero pro-getto, che morfologicamente significa “adesso mi butto” o nella forma più sintagmatica “a favore di chi si getta” sottintendendo “da una certa altezza” dove l’altezza non è la tua ma quella dell’edificio o della montagna.
L’altro giorno ho visto Dark Shadow, il nuovo film di Tim Burton con Johnny Deep protagonista ma anche produttore, e la scena di Isabella Heathcote che si lancia da una montagna, affacciata su un mare tempestato di scogli, rappresenta forse al meglio la morfologia del termine sopraindicato.
Pertanto e perpoco ritorno a scrivere i miei vecchi Racconti di sogni, o le storie di Un inverno d’agosto, ma allo stesso tempo decido di inventare, come fanno i poeti e gli artisti. Voglio inventare il mondo, quello del mio futuro ancora così incerto così insolito e così diverso da ciò che mi aspettavo. Credo che attraverso la scrittura riuscirò a costruire la porta giusta da aprire, ma prima di tutto la chiave, il legno lo intaglio dopo. Funziona così oggigiorno.