OGM: una seria minaccia per il nostro pianeta

Creato il 31 gennaio 2014 da Michelotto
Si è tenuto recentemente negli Stati Uniti un summit sugli OGM di cui sarei pronto a scommettere che si è parlato poco (almeno sui media principali), dato che nessuno dei convenuti rappresentava qualcuna delle compagnie che li producono (cliccare qui per saperne di più). Il perchè è ovvio: il summit aveva lo scopo di fornire tutte le più aggiornate notizie (che difficilmente arrivano al grande pubblico) inerenti ai rischi e ai pericoli connessi  alle biotecnologie, il cui prodotto finale, come sappiamo,  sono quelli che vengono definiti nel linguaggio comune e in quello giornalistico divulgativo "Organismi Geneticamente Modificati" (OGM). E' opportuno  tuttavia tener presente che sotto questa denominazone generica  non sono compresi solo gli organismi transgenici, termine tecnico con cui si intendono organismi artificiali ottenuti mediante impianto di geni provenienti da una specie diversa (in cui sia il donatore che il ricevente  può essere tanto un vegetale che un animale, come pure un batterio, un virus e persino un essere umano), ossia quelli particolarmente oggetto di controversie.
La notizia mi ha  fatto così venire  voglia di riguardarmi un DVD di qualche anno fa, "Geni fuori controllo", uno scioccante documentario-inchiesta che a più di vent' anni dalla nascita delle biotecnologie fa il punto della situazione, facendomi (ri)scoprire particolari che ad una prima visione mi erano forse sfuggiti.


Il primo fatto che colpisce è che i consumatori statunitensi assumono cibo OGM da anni senza saperlo. Pazzesco! Pensate, negli USA, il Paese più democratico e "avanzato" al mondo, non c'è obbligo di etichettatura e tracciabilità e pertanto è praticamente impossibile sapere chi consuma OGM, in che quantità e da quanto tempo. Inoltre il fatto che tutta la popolazione ne sia indistintamente esposta impedisce qualsiasi analisi epidemiologica finalizzata a verificarne gli effetti sulla salute, cosa che richiederebbe un confronto fra una parte di popolazione che consuma OGM e un' altra che se ne astiene.
Ma questa situazione non dovrebbe sorprendere, visto che gli USA sono il maggior produttore e promotore di biotecnologie al mondo, e l' industria che ne è a capo è tanto potente ed influente da aver persuaso l' "Agenzia per il controllo degli alimenti e i farmaci" (FDA) a trattare i cibi geneticamente modificati come "sostanzialmente equivalenti" a quelli tradizionali.
Hanno dunque davvero un bel dire tutti coloro che accusano chiunque sia sfavorevole a questo tipo di biotecnologie di essere un ingenuo sprovveduto nemico del progresso scientifico, esibendo come prova appunto il fatto che gli Americani usano da anni gli OGM e "non è successo niente". Credo che la stupidità di questa tesi si dimostri da sè, soprattutto se si considera che il tempo trascorso dalla loro immissione sul mercato potrebbe non essere sufficiente per vedersi concretizzare  eventuali effetti indesiderati.
Effetti indesiderati che comunque sono già stati  documentati in altri Paesi, è solo questione di sapersi informare, e il DVD di cui sopra, con le sue numerose testiminianze di scienziati indipendenti (tra cui la celeberrima Vandana Shiva, da molti anni in prima linea a difesa della biodiversità e dei contadini indiani dalla dittatura delle compagnie OGM), ce ne dà sicuramente modo.

Vandana Shiva

Ma non è certamente questa la sede per parlarne, nè per trattare un argomento così vasto, profondo e gravido di implicazioni di ogni genere, tanto più che questo è già stato fatto da tante persone ben più esperte e titolate di me.
Mi sembra invece il caso di fare qualche considerazione un pò fuori dal coro.
Io sono convinto che il problema fondamentale in questo annoso dilemma sia la diffusa ignoranza che impedisce alle persone di vedere come realmente stanno le cose e di muoversi nella giusta direzione.
Tanto per cominciare, alcune affermazioni dei fautori delle biotecnologie sono palesemente fasulle. Mi riferisco principalmente alla ripetutamente ventilata prospettiva di sconfiggere la fame nel mondo, essendo ormai definitivamente dimostrato che la presunta carenza di cibo non è un problema tecnico, ma socio-politico. Come sostengono Frances Moore Lappè e Joseph Collins, fondatori dell' "Institute for Food and Development Policy", nelle loro numerose opere, non è una questione di produzione, ma di cattiva distribuzione delle risorse, dovuta al fatto che nei Paesi del Terzo Mondo i grandi proprietari terrieri, arricchitisi proprio grazie alla moderna agricoltura altamente meccanizzata e riunitisi in potenti società, preferiscono darsi ad attività più remunerative, cioè coltivare generi alimentari più o meno voluttuari   o materie prime da esportare nei Paesi ricchi, piuttosto che generi di prima necessità per la popolazione locale, che finisce così nell' indigenza.
Ma il mito degli OGM quale soluzione alla fame nel mondo si rivela una doppia menzogna, in quanto nei Paesi in cui sono stati utilizzati non hanno affatto accresciuto la produzione di cibo, anzi. Tutto questo è stato provato da un pool di 400 scienziati che hanno stilato il rapporto IAASDT  sotto l' auspicio  delle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale.
Del resto siamo abituati alle bugie dell' industria biotech. Anche se pochi lo sanno, la Monsanto, la principale rappresentante, in passato ha prodotto varie sostanze rivelatesi poi altamente tossiche, nonostante le solite garanzie di sicurezza, come i PCB (bifenili policlorurati), da tempo dichiarati fuorilegge, il polistirolo, il DDT, la diossina, l' Agente Arancio, un micidiale defoliante usato nella guerra del Vietnam, per menzionarne alcune.
Tuttavia c'è  un problema di fondo che non è ancora compreso neppure da quanti si oppongono alle politiche in oggetto, che spesso invocano   prove scientifiche più appofondite e prolungate allo scopo di raggiungere la massima sicurezza possibile su certi prodotti tanto discussi.
Secondo me è invece una questione di principio, dato che la mancanza di evidenza scientifica di qualche tipo di danno, specie sul breve-medio termine, non costituisce una prova assoluta di affidabilità, senza contare che, riducendo tutta quanta la faccenda ad alcuni aspetti tecnici, ci si dimentica delle pesanti implicazioni sociali, etiche e ambientali del problema.
Il punto è che tutti gli argomenti a sostegno dell' uso delle biotecnologie hanno radice comune nei limiti dell' orizzonte concettuale del determinismo genetico, conosciuto anche come "dogma centrale".
E' questo che bisogna prima di tutto capire: si tratta di un postulato che scaturisce da una visione prettamente meccanicistica e riduttiva della vita, esprimendo  così una concezione largamente superata e tragicamente anacronistica.
Essa divide tutto ciò che può essere quantificato in unità elementari, siano esse atomi, molecole, cellule o, nella fattispecie, geni, e pretende di spiegare tutto in termini di interazioni fra queste unità;  al contrario, la concezione sistemica emergente, che parte da una visione olistica, si concentra su rapporti funzionali, modelli organizzativi e sulle complesse dinamiche non lineari che caratterizzano tutti i sistemi viventi.
Venendo a conoscenza delle più recenti acquisizioni nel campo della biologia e della genetica, diventa chiaro quanto siano inadeguate le idee di chi appoggia l' uso delle biotecnologie, o almeno una parte di esse. E affinchè anche chi è a digiuno di certe conoscenze possa rendersene conto, voglio chiarire i concetti fondamentali per dimostrare quanto sia rischiosa l' idea di poter manipolare il materiale genetico a proprio piacimento.
Innanzitutto un gene è qualcosa di molto diverso dall' idea assolutamente semplicistica così profondamente radicata nell' immaginario collettivo, tanto che non sarebbe neanche appropriato considerarlo semplicemente una struttura molecolare. Pur essendo infatti materialmente identificabile in una particolare sequenza nucleotidica nella catena del DNA, il gene il più delle volte non si presenta come un tratto continuo, bensì frammentato, il che significa che i suoi "pezzi" sono intercalati da tratti di DNA che non codificano nulla, ma che verosimilmente esercitano una sorta di controllo. E' solo al momento della sua espressione, a seconda di come i pezzi vengono combinati e assemblati, che si determina la  funzione di un gene. Questa però non è una proprietà intrinseca del DNA, in quanto le modalità con cui i diversi frammenti del gene si ricombinano sono sotto controllo dei messaggi e stimoli  cellulari  ed extra cellulari, ossia quell' insieme di enzimi e altre molecole (ma anche fattori immateriali) che va sotto il nome di rete epigenetica, di cui però i genetisti tradizionali e gli ingegneri genetici sanno poco o nulla e nemmeno se ne preoccupano.
Tra geni (intesi nel significato classico di strutture meccaniche fisse e inerti) e tratti caratteriali non c'è dunque corrispondenza biunivoca, ossia un gene può determinare non una ma una moltitudine di caratteristiche genetiche, e allo stesso tempo una caratteristica può essere determinata da più geni semplicemente al variare delle influenze  epigenetiche. Il gene insomma, o meglio il materiale codificante, è da considerare parte integrante di un complesso sistema di flussi di retroazioni ( cioè di natura non lineare) e non un fattore determinante che agisce in modo automatico e indipendente. Perciò non è affatto da escludere che il trapianto di un gene porti a risultati imprevisti e diversi da quello desiderato.
Trovo doveroso a questo punto segnalare che tutti questi concetti e tutti i problemi ad essi connessi sono trattati in modo davvero brillante ed esemplare, oltre che comprensibile anche da chi non ha molta dimestichezza con la materia, nel libro "La rete della vita", probabilmente il più completo sull' argomento.
Ma i meriti dell' autore, niente di meno che Fritjof Capra (c'è bisogno di presentazioni?), non finiscono qui, perchè, superando sè stesso,  in un successivo libro, "La scienza della vita", ha dimostrato come  la concezione sistemica della vita scaturita dalla teoria della complessità (una nota teoria  matematica avanzata) si possa estendere alle scienze sociali e alle organizzazioni umane, offrendo un nuovo orizzonte teoretico unificato mediante il quale poter comprendere e affrontare i più fondamentali problemi del nostro tempo.
Dall' analisi di Capra emerge che la nuova economia globalizzata, che ha potuto nascere e prosperare grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche, nella sua cieca logica materialistica ed espansionistica non tiene conto del fattore umano (la variabile  più instabile, imprevedibile e determinante), essendo essa nient' altro che una meta-rete globale di complesse interazioni umane e tecnologiche, del tutto simili alle dinamiche delle reti epigenetiche dei sistemi viventi, che producono una varietà di fenomeni emergenti, come la crisi economica globale, il divario crescente a livello mondiale fra  ricchi e poveri,  il dissesto ambientale ed altri imprevisti ben noti problemi tutti interconnessi che sfuggono alla comprensione degli economisti e degli altri esperti tradizionali. Di qui la necessità di rimodellare la globalizzazione sulla base di una diversa scala di valori.
Questo si può fare solo influenzando le coscienze a considerare la natura non qualcosa da controllare e sfruttare per i propri fini egoistici, ma un sistema di cui noi siamo parte integrante e al quale dobbiamo conformarci, che dobbiamo comprendere e rispettare nel nostro stesso interesse, imparando infine da essa, dai suoi principi organizzativi, dalle sue reti sistemiche non lineari, come creare una tecnologia eco-compatibile.
E' invece fin troppo evidente come le compagnie biotecnologiche coi loro accordi e fusioni  societarie siano un oligopolio che ha come unico fine spartirsi il mercato, stabilire prezzi, indirizzare le politiche fino a controllare la produzione mondiale di cibo. Come diceva l' ex-segretario di Stato USA Henry Kissinger, "Chi controlla i semi comanda il mondo".
Non sarà facile cambiare le regole del gioco, ma intanto ognuno di noi può provare a fare qualcosa nel suo piccolo. Per questo invito a sostenere le organizzazioni che si battono da tempo per questa causa, per esempio cliccando qui. La prossima tappa nell' apparentemente inarrestabile escalation della bio-ingegneria potrebbe essere il controllo del genoma umano.

Michele Nardella
  

Fritjof Capra La Scienza della Vita - Libro BUR


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