Magazine Spiritualità
Eccoci di nuovo, un altro anno a festeggiare Halloween. Quest’anno ho trovato su La Stampa una pagina intera pagata e sponsorizzata da un nota azienda di pompe funebri di Torino che racconta le tradizioni legate alla popolare festa (storielle che ormai tutti conoscono a memoria). Va bene tutto, vanno bene anche le feste profane (non siamo tra i talebani per fortuna) però vorrei riflettere che ogni cosa, ogni nostra azione o pensiero andrebbe sempre fatto con consapevolezza.
E nel caso di Halloween la consapevolezza per me è d’obbligo, se decidiamo di festeggiarla. Se si vuole far risalire la festa all'antica tradizione celtica di Samhain va bene (oltretutto, con i morti non ha nulla a che fare), come va bene se si vuole solo divertirsi e basta, ma, con consapevolezza, ovvero sappia rendere positivo il tema, l’iconografia, e il motivo ispiratore ovvero il nero e la morte.
Questi temi dovrebbero essere visti non come un compiacimento del grottesco o macabro (non vorrei dire necrofilo, alla famiglia Addams), o celebrante della parte oscura di ciascuno di noi, ma qualcosa di spiritualmente più elevato, come ad esempio, il nero come metafora dell’indistinto, dell’Ein Sof del cabalismo ebraico (Dio prima della sua manifestazione) o dell’Apsu dei Caldei (quindi il vuoto-pieno da cui proveniamo e a cui siamo destinati) e la morte come metafora di una grande trasformazione (vita dopo la morte), anche interiore, del rompere gli schemi personali e di ampliare i propri punti di vista.
Ogni simbolo ha quindi sempre un doppio significato e di conseguenza non ha quasi mai una connotazione tutta positiva o tutta negativa (si pensi alla svastica, per millenni simbolo sacro induista prima di venire usurpato nel novecento), e ciò vale anche per le festività.
(foto di Kevin Dooley, licenza creative commons su Flickr)