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Ognuno ha diritto al proprio corsivo

Creato il 02 ottobre 2012 da Nicol Lynne

Ognuno ha diritto al proprio corsivo
Si spengono le luci, il film sta per iniziare. Non è la prima volta che Filippo s'imbatte in quella strana firma e a dirla tutta ne è sempre stato incuriosito.
Inchiostro luminescente, affascinante.
La prima volta, in una sala conferenze di un hotel, la parola Sproloquio si era illuminata sullo schienale della poltrona davanti alla sua. Chi si era seduto lì, chiunque fosse, aveva lasciato un giudizio severo su ciò che gli era toccato ascoltare. Filippo era un tipo curioso e iniziò a immaginarsi la vicenda. Uno speaker noioso? Una presentazione troppo lunga? Chissà com'erano andate le cose, si domandò. Sapeva che un corsivo chiaro e ordinato denota, in genere, una personalità onesta nell'azione e nel pensiero. Ma da dove era sbucato fuori? E chi era il proprietario o la proprietaria di quell'eccentrico corsivo? Dal movimento della calligrafia, ma forse più per la sua eleganza, Filippo scommise su una donna. Più probabilmente, associò a una mente femminile l'idea di lasciare messaggi nascosti destinati dal caso a pochi eletti. Dal mare a una penna luminosa, sembrava un misterioso messaggio in bottiglia. E la cosa lo stuzzicava.
Poi ci fu la volta della parola Rebbio. La trovò nel corridoio di un hotel, una notte in cui era saltata la luce. Senza dubbio la calligrafia era la stessa, ma cosa significava? Dovette collegarsi a un vocabolario online per scoprire che l'italiano aveva una parola tutta sua per ciascun dente della forchetta, rebbio per l'appunto. Interessante, pensò di nuovo Filippo. Originale. Un'amante della lingua italiana. E dei messaggi nascosti.
Quando trovò la parola Procrastinare decise che avrebbe scoperto a tutti i costi chi era il possessore di quel corsivo e dopo aver letto Dovizia mentre si piegava per recuperare lo zaino al termine di una lezione al planetario decise che non avrebbe rimandato oltre la sua ricerca, anzi, che non avrebbe procrastinato. Non credeva alle coincidenze, non l'aveva mai fatto.
Ma come trovare una persona conoscendo soltanto la sua scrittura? Le scene del film che passavano davanti ai suoi occhi non lo interessavano affatto, specialmente ora che Intenso brillava sulla poltrona davanti alla sua. Si sentiva elettrizzato e riusciva solo a pensare a come trovare la mano ordinata e spontanea che amava nascondere parole misteriose nei posti più impensati e bui della città. O a come trovarne altre.
Passò un anno prima che il caso gli facesse imboccare la strada giusta. Un anno e tre nuove parole: Marinare sulla pagina plastificata del menù di un ristorante, Desueto sotto a un tavolo da lettura in biblioteca, in prossimità del buco per il calamaio, Appanciollato dietro a una panchina
Fu quando sua sorella gli passò un libro della biblioteca che capì come rintracciare la mano che tanto lo ossessionava.
Una notte, quasi sul punto di addormentarsi, spense la luce sul comodino e notò come molte parole, le più rare e le più lunghe, fossero state sottolineate con un pennarello luminescente. Il cuore iniziò a battere forte, riga dopo riga. Sfogliò ogni pagina del libro fino a imbattersi, verso la fine, nella parola Adamantino. Bingo, l'aveva trovata.
Tornò dalla sorella, che lavorava in biblioteca, e a dispetto di ogni buona norma sulla privacy si fece dare l'elenco delle persone che avevano preso in prestito quel libro prima che lei glielo consigliasse. Impiegò una sola mattina a trovarla: la ragazza della cioccolateria Dimòndi.
Una donna, come aveva scommesso. Una gran bella donna, per la precisione.
Non perse tempo e quello stesso pomeriggio le recapitò un biglietto in negozio. La guardò attraverso la vetrina e sorrise tra sé quando notò che lo infilava nella borsa con aria delusa. Era bianco.
Solo che, non lo era.
Si domandò quanto avrebbe impiegato la ragazza a capire che doveva guardalo al buio e quella sera stessa la risposta che aspettava arrivò.
"Se alle tue parole penso, m'illumino d'immenso" le aveva scritto. E lei non aveva saputo resistergli.

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