Nel mondo attuale si parla tanto di curriculum, che bisogna farsi il curriculum, che per guadagnarsi un buon posto di lavoro è assolutamente necessario avere un curriculum di tutto rispetto.
In certi settori, poi, è fondamentale avere un curriculum specifico, mentre in altri potrebbe essere sufficiente un bagaglio meno vincolato alla funzione che si deve svolgere ma che comunque dimostri una grande capacità di destreggiarsi.
A questo stavo pensando durante una recente “missione” lavorativa/formativa a Bruxelles, condita da visita a uno dei due Parlamenti Europei. Pensavo che lì c’era un sacco di gente preparata, updated, al passo. O almeno, così cercava di apparire.
Poi ci sono anche i deputati, e si sa che per diventare deputato oggi non è d’obbligo avere delle competenze specifiche. Per quello ci sono i tecnici no? Al politico basta avere un po’ di esperienza politica e sapersi vendere. A quel livello poi, di parlamentare europeo dico, un minimo percorso politico precedente dovrebbe essere imprescindibile.
Nella hall del Parlamento di Bruxelles c’era questo bellissimo totem touch con le schede di ogni deputato, divise per nazionalità e quindi in ordine alfabetico. Poche cose, foto smarmellata, dati anagrafici, incarichi in essere, sintesi del curriculum. Avendo un po’ di tempo da perdere, ho cominciato a giocare col totem, sfogliando diversi profili, alcuni a caso, altri ricercati. Tutti, chi più e chi meno, avevano dei precedenti politici, persino Barbara Matera e Elisabetta Gardini e financo Deborah Serracchiani, anche se a quest’ultima hanno fatto il torto di non citare l’unico motivo per il quale siede lì: il famoso discorso che permise ai giornalisti di introdurre nel gergo politico un vocabolo per lo più usato nel settore automobilistico.
Dunque, dicevo tutti.
Tutti tranne una: Iva Zanicchi. Ora, non è che non sapessi chi fosse Iva Zanicchi. E però, ecco, vedere il suo profilo in quel contesto, leggere gli incarichi e poi analizzare il suo curriculum, tutto insieme, fa un certo effetto.
Notiamo che dopo l’esordio al Festival di Castrocaro del 1962 (solo 5 anni dopo il Trattato di Roma) e un trofeo sottovalutato al Festival di Zurigo, tra la fine dei ’60 e la metà dei ’70 realizza un triplete al Festival di Sanremo, successo sempre troppo poco rivendicato, che la pone ai livelli dei tre Palloni d’Oro Johann Cruijff e Marco Van Basten, di Michel Platini e Leo Messi (anche se quest’ultimo è extracomunitario).
La fama ottenuta in questi eventi le ha permesso di girare il mondo cantando, fino all’esordio editoriale con il trattato culinario già best-seller di nicchia Polenta di Castagne, grazie al quale è stato rivoluzionato il menù delle istituzioni europee.
Ma forse, e dico forse, l’episodio che più ha legittimato la sua elezione al Parlamento Europeo, in rappresentanza di una fetta d’Italia, è stato quello ormai leggendario della cacata-in-diretta-televisiva.
Ma non facciamo i moralisti dai, tanto si sa: quando scappa, scappa. E poi sfido chiunque a trattenere la cacata davanti a Carlo Conti.
Noi plebei, intanto, tiriamo a campare come possiamo. E qualcuno e arrivato al punto che per campare deve suicidarsi.