Olimpiadi 2020: occasione sprecata o mancato spreco?

Creato il 26 ottobre 2012 da Yleniacitino @yleniacitino

da ragionpolitica.it

Che gli economisti non posseggano la palla di vetro, non c’è dubbio. Ma accade sempre più spesso che le loro previsioni nefaste spingano gli attori economici a comportarsi in un modo, piuttosto che in un altro. In gergo si parla di «profezie che si autoavverano”. In Italia, per esempio, gli esperti avevano suggerito che forse non era il caso di candidare Roma a città olimpionica perché le spese titaniche non sarebbero state controbilanciate da introiti corrispondenti. E così la profezia si è autoavverata: solo per citare un caso, la Commissione per le Olimpiadi a Roma, istituita presso la Regione Lazio ha continuato ad operare per oltre due mesi dopo lo stop ufficiale, con un costo per lo Stato stimato dai radicali di 80 mila euro l’ora.

In Inghilterra, invece, prima delle ultime Olimpiadi gli economisti erano stati cauti ottimisti, stimando un +0,6% di crescita. Ed effettivamente anche la loro profezia si è autoavverata, ma superando in modo ancora più positivo ogni aspettativa. I dati presentati oggi dall’Istituto Nazionale di Statistica Britannico sono parecchio interessanti: il tasso di crescita del prodotto interno lordo inglese nel terzo trimestre segna un +1%. Si tratta del tasso più alto registrato negli ultimi cinque anni. Per chi non riesce a vedere la cruna dell’ago, basti sapere che variazioni di anche un decimo di punto percentuale di PIL rappresentano cambiamenti enormi nell’economia di un paese.

A Londra, grazie alle Olimpiadi, sono migliorati i trasporti, sono stati creati nuovi posti di lavoro, è stato potenziato il settore alberghiero e la ristorazione, persino l’arte ne è stata influenzata positivamente. Per non parlare dei guadagni derivanti dalla vendita dei biglietti o della pubblicità sui media, fino alla crescita del settore sportivo. Dal nostro canto, invece, tutti si ricordano l’atteggiamento prudenziale del neopremier Mario Monti che, guardando il cattivo esempio di Atene 2004, accoglieva gli appelli di esponenti della sinistra, dell’Idv e della nuova opposizione leghista e cancellava in un batter d’ali la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020. Motivo principale? La crisi economica. Giustissimo.

Oggi, però, si viene a sapere che se il Regno Unito è riuscito ad uscire dalla recessione, lo ha fatto in gran parte grazie al potente volano delle Olimpiadi e delle Paralimpiadi 2012. Rispolverando i motivi addotti per la mancata firma alla garanzia sulle Olimpiadi di Roma, si scopre che il vero problema non erano solo i costi dell’operazione, si temeva anche il contegno avverso della Germania, che sostiene Istanbul, o della Francia, che tifa per Tokyo. A ciò si aggiungeva il il dato per cui il tipo di evento è tale che finisce sempre per far raddoppiare allo Stato i soldi inizialmente stanziati. Eppure, sul fronte del sì c’erano coloro che prevedevano un aumento dell’1,4% del Pil spalmato negli anni precedenti e successivi alle Olimpiadi stesse.

Una manifestazione sportiva di questo tipo, infatti, genera un elevato indotto occupazionale, stimola la crescita dei servizi, sviluppa l’edilizia. Certo, se alla casella del via deve esserci sempre e solo la pubblica tesoreria, che spende paternalisticamente ma non raccoglie i frutti, è chiaro che anche l’uomo di Stato meno saggio alzerebbe la paletta rossa. Noi italiani, del resto, vantiamo un’esperienza pluriennale in appalti e gare non proprio trasparenti o affari che si rivelano vantaggiosi per un contraente solo, con frequenti disservizi e sprechi di denaro pubblico. Era meglio continuare a proporci per le Olimpiadi o no, dunque? Il dubbio rimane, soprattutto se il caso di Londra facesse scuola.

YC


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