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Olimpiadi: l’insegnamento di Innerhofer

Creato il 09 febbraio 2014 da Sportduepuntozero

Olimpiadi: l’insegnamento di InnerhoferDalla seconda giornata delle Olimpiadi di Sochi è arrivata la prima medaglia azzurra. E’ d’argento e porta il nome di Christof Innerhofer, discesista azzurro di chiara origine altoatesina che ha chiuso a soli 6 centesimi dall’oro, vinto dall’austriaco Mathias Mayer. Delusione o gioia al termine per la sfumata conquista del massimo o per il raggiunto podio olimpico? Ogni dubbio è stato fugato non appena “Inner”, già tre volte sul podio Mondiale di Garmish 2011 (con tanto di oro in SuperG), ha tagliato il traguardo. Urlo liberatorio, alla “Tardelli” del Mondiale di Spagna ’82 e braccia levate al cielo: “Il mio sogno – ha detto ad emozione digerita o quasi – era quello di centrare una medaglia olimpica, indipendentemente dal colore, e l’ho realizzato. Sono felicissimo”. Un grande insegnamento questo di un campione pulito, nel viso e nelle traiettorie.

Prima parte di discesa eccezionale, davanti a tutto e tutti. Seconda vissuta nel tentativo di conservare il vantaggio, “fallito” per la lunghezza di un paio di sci da speciale, 1 metro e 66 centimetri. I messaggi dell’Olimpiade, eterni e non demagocici, sono due. Partecipare e concludere la gara, senza pensare al risultato e, per chi ne ha le possibilità tecniche, provare a conquistare uno dei primi tre posti. Dietro alla ricerca del massimo, nel caso di Innerhofer, tanta classe e allenamento, nonchè certosina cura del dettaglio come ha dimostrato nella tre giorni di prove che hanno preceduto la kermesse odierna. Ricognizioni attentissime, al limite dei tempi consentiti (anche perchè in libera si rischia la propria incolumità!), divisione quasi maniacale del percorso in più pezzi, concentrazione massima prima della prestazione.

Questi i grandi insegnamenti dati oggi da Innerhofer al mondo dello sport, ai giovani soprattutto. Sommo, poi, quello del saper trasferire emozioni, sia in fase di percorso che dopo, liberando candidamente la gioia ed il proprio io. Se tutti i giorni, su ogni campo di gara ed in ogni discplina, provassimo ad imitare “Inner” lo sport salirebbe a vette che lo metterebbero al riparo da critiche e discussioni a volte futili. Comprenda, chi di dovere, che tra le espressioni primarie dell’individuo lo sport occupa un posto da medaglia, senza guardarne il colore. Ed investa, chi di dovere, Istituzioni in primis, su di esso. Sarà sempre un’impresa vincente!

Roberto Bertellino


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