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Olinto e i nuovi contadini

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OLINTO E I NUOVI CONTADINI

Olinto era un uomo molto alto. Quando l’ho conosciuto aveva già superato i sessanta anni, ne dimostrava un po’ di più. In un bosco lo si poteva confondere tra gli alberi, tanto era nodoso, ben radicato in scarpe enormi, braccia nerborute, mani callose simili a pale.
Gli occhi piccoli, ravvicinati, quasi nascosti nel volto scavato da rughe profonde e pelle abbronzata dal sole dei campi.
Il lavoro la sua principale occupazione, la terra il suo unico amore.
Tanta era la devozione alla terra che non avrebbe mai accettato di far lavorare altre persone nel “suo” terreno.
Come tutti i piccoli proprietari terrieri con gli anni aveva affinato un suo modo di lavorarla.
Aveva conservato gli attrezzi della gioventù : il giogo per i buoi, il vecchio vomere, l’aratro.
Con la meccanizzazione in agricoltura si era comperato un piccolo trattore. Ogni consiglio di espansione o miglioria si scontrava con le sue idee di contadino all’antica.
C’era tutta la scala di priorità ben precisa. Moglie e figli ne sapevano qualcosa.
Anche i vicini l’avevano imparato a conoscere.
Bastava saperlo prendere, poi era buono come il pane.
La sua forza aveva del sovrumano, in poche ore con l’accetta poteva tagliare e sistemare quintali di legname.
Gli dava noia il rumore delle seghe a motore. Le aveva sempre rifiutate.
Sosteneva che quelle funzionano a benzina e quella costa.
Lui obiettava :
– anche se io duro fatica, a me la fatica non mi costa nulla ! -
Il decespugliatore si fece attendere molti anni, nel suo podere si poteva ancora sentire il canto della falce.
Il canto della falce è un modo di dire riferito al battere con il martello la falce per affilarla.
Battere la falce è un’arte in disuso. Occorre un martello particolare con punte smussate in modo diverso. Una punta serve per distendere e pareggiare il ferro, l’altra ridargli il filo o taglio.
Ho trovato di recente un martello per affilare la falce ad un mercatino dell’antiquariato.
Sono pezzi sempre più rari.
Possedere un martello del genere non vuol dire saper far cantare la falce.
Questo invece era invece uno dei lavori preferiti di Olinto.
Frequento spesso i blog di agricoltura e vedo con piacere un ritorno a questa attività che un secolo fa era il settore “primario”. Ho trovato perfino dei workshop con la falce e relativa affilatura.
Momenti molto belli a contatto con la natura, operai e impiegati , tute blu e colletti bianchi curvi ai lavori manuali dei nostri nonni con falce e frullane per tagliare l’erba.
Non un motore in giro, solo fruscio di erba tagliata e ronzii lievi di lame nel vento.
Giovani laureati provano a misurarsi con quello che è sempre stato percepito come un lavoro duro.
Ho conosciuto alcuni componenti della nuova generazione di contadini.
Il loro approccio è quasi sempre estremo. Anzi vorrei dire estremista.
Tendono a seguire solo certe correnti. Può capitare un gruppo di devoti alla biodinamica.
Oppure una cooperativa agricola di solo biologico. Ho incontrato chi opera solo in permacultura.
I giovani hanno dentro l’esuberanza, la curiosità, l’intraprendenza, l’ingegno.
Quello che li differenzia è l’approccio.
Ognuno lo fa in modo diverso.
La gamma è ampia, per alcuni di essi è una scelta di vita, immersi nella natura, nel verde, non necessariamente la terra deve diventare un reddito.
Poi ci sono gli innovativi, quelli che si specializzano in una attività di nicchia es. tartufi, funghi, miele, grani antichi, vigne di qualità.
I tradizionali invece si dotano della più raffinate tecniche messe a disposizione dalla chimica di base, delle ultime attrezzature agricole, seguono il filone della agricoltura in chiave industriale. Quest’ultimi si devono misurare con la “resa per ettaro” sono costretti ad indebitarsi per l’acquisto di macchinari, attrezzature. Sono costretti ad usare la terra come mezzo per arricchirsi e non possono lasciarla integra dopo anni di sfruttamento intensivo.
I giovani agricoltori non hanno conosciuto le persone come Olinto, possono forse aver letto racconti sui loro ritmi di vita o visto film come “l’albero degli zoccoli” e non è la stessa cosa.
Ci sono ancora contadini veri sopravvissuti a quei tempi duri. Potrebbero raccontarci storie bellissime.
Dovremo cercarli come i tesori nascosti alle radici delle piante tartufigene.
Potrebbero ispirare le fertili menti dei giovani agricoltori.
Un incontro tra generazioni invece degli scontri del passato.
Qualcosa di diverso, tanto per cambiare.


Archiviato in:Agricoltura e sviluppo sostenibile, Ambiente, Racconti Tagged: agricoltura, ambiente, Società civile

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