L’olio d’oliva, le certificazioni e la qualità: un problema incombente
Il brand dell’olio made in Italy: i problemi
Gli ultimi in ordine di tempo a denunciarlo sono stati i giornalisti del New York Times. Perfino negli Stati Uniti il problema dell’olio extravergine d’oliva e del made in Italy è estremamente sentito, sebbene gli stessi italiani, protagonisti della vicenda e delle sue conseguenze, sembrano per lo più di esserne all’oscuro.
Il problema è il seguente: c’è in ballo al Parlamento una modifica di un decreto legislativo per cui la vendita di olio extravergine d’oliva italiano miscelato con olio proveniente da altri Paesi (la Spagna o la Tunisia, ad esempio) non sarà più un reato penale, bensì per la legge sarà considerato un’infrazione punibile con una multa. Insomma, la truffa sarà di fatto depenalizzata: mentre prima la contraffazione costava due anni di carcere, se dovesse passare il decreto la truffa costerà dai 1600 ai 9500 euro. Briciole, se si pensa al danno di immagine che la contraffazione porta all’olio extravergine d’oliva italiano e allo stesso made in Italy.
Il Made in Italy è un vero e proprio brand. L’Italia ha una capacità di vendita e di mercato decisamente più ampia grazie alla forza del made in Italy: i prodotti certificati DOP o DOCG, il Parmigiano Reggiano, la mozzarella di bufala campana certificata, ma molto e molto altro, si vendono non solo per la qualità, che è ovvia ma da sola non è abbastanza. Si vendono per il nome, per il marchio e l’identità italiana, che all’estero è sinonimo di eccellenza, e di sicurezza. Per questo, ma anche nei confronti di tutti quei produttori che generano beni di assoluta qualità, a costi economici elevati, e a condizioni di produzione spesso complesse, il governo dovrebbe avere il compito e il dovere di tutelare il made in Italy.
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I costi dell’olio
Quanto costa produrre olio extravergine d’oliva in Italia?
L’olio extravergine d’oliva italiano ha costi di produzione elevati. Certamente il costo varia da frantoio a frantoio, ma mediamente per produrre un litro d’olio servono tra i 5 e i 7 kg di olive. La raccolta delle olive è migliore se fatta manualmente, poiché consente una maggiore delicatezza che permette di non strapazzare o ammaccare le olive. Queste devono essere poi lavorate nel più breve tempo possibile, hanno un periodo di stoccaggio massimo di 24 ore, dunque la lavorazione deve partire subito dopo la raccolta. Dopo di che le olive sono controllate una ad una per selezionarne la qualità, vengono lavate, frantumate e poi impastate, facendo attenzione che le molecole di olio vengano separate dalle molecole di acqua. Dopo tutto ciò il prodotto ottenuto viene estratto, filtrato e poi inizia la fase di conservazione, anche questa molto delicata. L’olio viene infatti conservato in contenitori in acciaio inox con l’azoto, perché l’ossigeno darebbe il via a processi ossidativi che possono rovinare il tutto.
Fare un olio buono costa molto, e dunque il costo di vendita nelle catene della grande distribuzione di un olio extravergine d’oliva può aggirarsi intorno agli 8 euro. Tutti i tipi di olio che vengono venduti a 2 – 3 euro sono di pessima qualità, e certamente non identificabili come extravergine – nonostante le etichette possano dire il contrario.
La pena di due anni per coloro che producono contraffazioni era dovuta alla protezione per tutta questa produzione: per i diritti di chi fa un prodotto buono ma anche per i diritti del consumatore. La depenalizzazione da reato penale a sanzione amministrativa creerebbe una sorta di giustificazione a fare un olio di qualità scadente o di produzione industriale e di potere chiamarlo olio extravergine d’oliva italiano.
In Italia, ad oggi, ci sono stati due casi che hanno sconvolto il mondo della produzione di olio, entrambi piuttosto recenti. Era il 2015 quando il PM Guariniello della Procura di Torino (famoso per occuparsi di casi di frode nel settore agro-alimentare) ha aperto un’inchiesta per frode in commercio – proprio quello di cui si è detto, contraffazione – alle sette aziende italiane Sasso, Carapelli, Bertolli, Santa Sabina, Coricelli, Antica Badia e Prima Donna. Ed era sempre sul finire del 2015 quando la Procura di Bari ha avviato un’indagine contro sei persone accusate di vendere come olio extravergine d’oliva italiano un prodotto invece proveniente da paesi extracomunitari, Siria, Marocco. Anche in questo caso l’accusa è di frode alimentare e contraffazione di prodotto. Nel caso passasse la modifica del decreto, queste accuse, se rivelatesi fondate, non genererebbero alcuna pena, solo una multa. Che per gli introiti avuti dalle aziende coinvolte e per il danno d’immagine che ricadrebbe sull’olio italiano e sul made in Italy, sono davvero briciole. Come tengono a ricordarci i giornali esteri.
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