L’autore del libro afferma di essere il diretto discendente della famiglia di carnefici di cui narra le gesta,e questo getta una luce un tantino inquietante sulla cosa, senza motivo logico. E’ una vivacissima ricostruzione storica del Seicento in Baviera, colta nei dettagli quotidiani con pazienza e precisione, tempi in cui bastava un sospetto per . Un thriller storico particolare e molto intrigante che rappresenta il primo tassello di una piccola saga dedicata alle avventure di questa famiglia.
Oliver Pötzsch
La figlia del boia, Neri Pozza
Baviera, 1659. Sulla riva di un fiume nei pressi della cittadina di Schongau viene trovato agonizzante il figlio undicenne del barconiere Grimmer. Il tempo di adagiarlo con cura a terra, di esaminargli il profondo taglio che gli squarcia la gola, di scoprire sotto la sua scapola destra uno strano segno impresso con inchiostro viola – un cerchio sbiadito dalla cui estremità inferiore parte una croce – che il bambino muore. Qualche tempo dopo i bottegai Kratz si imbattono, davanti alla porta di casa, nella macabra scoperta del loro piccolo Anton, il figlio adottivo, immerso in un lago di sangue, la gola recisa con un taglio netto. Sotto una scapola del bambino viene trovato il medesimo segno del figlio del barconiere: il cerchio di Venere che simboleggia la donna come controparte dell’uomo, la vita, ma anche la continuazione della vita dopo la morte… il simbolo delle streghe. Peter Grimmer e Anton Kratz si conoscevano. Insieme con la piccola Maria Schreevogl e altri due bambini costituivano uno sparuto gruppo di orfani che era solito frequentare Martha Stechlin, la levatrice di Schongau che vive proprio accanto ai Grimmer. Sicché quando la piccola Maria, la mattina dopo che la madre adottiva scorge, lavandola nella tinozza, il fatidico cerchio sbiadito sulla sua spalla destra, scompare al seguito di una diabolica figura con una mano di ossa, gli abitanti di Schongau non hanno dubbi: la strega assassina è la levatrice, Martha Stechlin. È lei che ha tagliato la gola ai due bambini, è lei che, con un incantesimo, ha chiamato il demonio che ha rapito Maria.
Il destino di Martha Stechlin sembra così segnato. Messa nelle mani del boia di Schongau perché le sia estorta formale confessione, attende di essere spedita al rogo.
Jakob Kuisl, il boia di Schongau, un gigante alto quasi due metri, la barba nera e spinosa, le lunghe dita ricurve simili ad artigli, non crede però alla colpevolezza della levatrice. E con lui non credono che la dolce Martha sia una strega anche sua figlia Magdalena, un’attraente ragazza dalle labbra carnose, le fossette sulle guance e gli occhi ridenti, e Simon Fronwieser, il figlio del medico cittadino, un giovane con la chioma fino alle spalle e il pizzetto spuntato sul mento così ben visto tra il gentil sesso di Schongau.
I tre indagano per cercare di ribaltare una sentenza che sospettano sia stata scritta solo per convenienza politica e, soprattutto, per nascondere una verità inconfessabile. Una verità che, per Jakob, Simon e Magdalena, può emergere solo nel giro di una settimana, il tempo che resta prima che il rogo venga approntato.
Attraverso un’impeccabile e suggestiva ricostruzione storica della società tedesca del Seicento, La figlia del boia conduce il lettore in un’epoca di superstizioni e follie collettive e delinea una stupefacente figura propria di quel mondo: il boia, un uomo temuto, emarginato e, ad un tempo, un esperto erborista e un illuminato.