La recente e lapidaria sentenza della Cassazione sull’interdizione ai pubblici uffici nei confronti di Berlusconi è la pietra tombale di un’epoca. Già dal 2 agosto la parabola berlusconiana era giunta alla fase discendente ma da pochi giorni si apre realmente un dibattito che tutto il centrodestra doveva aprire ma che adesso diventa inevitabile.
Va detto anzitutto che Berlusconi ha commesso un errore a monte rispetto alla sua posizione di fondo, cioè il “fumus persecutionis” a suo carico da parte di una certa parte della magistratura. Avrebbe dovuto fin da subito difendersi nel processo fin dalla prima inchiesta e non allontanarsi – con escamotage francamente grotteschi, leggi ad personam, lodi schifani-alfani-maccanici vari – dai procedimenti a suo carico. Questo arroccarsi è stato un clamoroso boomerang ed ha provocato una contro-reazione inquisitoria come quasi a cercare istericamente la famosa “pagliuzza” nell’occhio del fratello, dimenticando la “trave” negli occhi degli altri.
Si alzi in piedi chi può sostenere che Berlusconi sia il male assoluto del nostro paese in venti anni mentre il resto del panorama politico è una schiera di martiri uccisi per la fede. Verrebbe da ridere senza sosta!
Nessun revisionismo storico, né un ribaltamento della realtà; possiamo essere sicuri che parte della magistratura si è accanita con l’ex Cavaliere, tant’è che la famosa inchiesta del 1994 (l’invito a comparire durante la conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli) si è conclusa con l’assoluzione.Siamo diventati berlusconiani? Manco per niente ma è amore di verità affermare che molte inchieste si sono rivelate un bluff giocando su un vizio tutto mediatico-giudiziario in base al quale la prima notifica di un’indagine viene messa in prima pagina e data in pasto ai media senza un minimo di tatto, di un garantismo non solo de facto ma anche “de iure” quando spesso i protagonisti delle vicende in questione non sono realmente indagati ma lo sono nei quotidiani. Un’assurdità che getta più di un’ombra in certi ambienti giudiziari con delle disparità di trattamento che i libri di storia avranno modo di raccontare. Un esempio? Filippo Penati del PD – il 28 febbraio scorso – ha declinato il suo proposito di rinuncia alla prescrizione nel processo del cosiddetto Sistema Sesto, non essendosi presentato in tempo mesi prima proprio per rimettersi al processo e celebrarlo. Stranamente la notizia – si e no – la si trova dopo la quinta pagina in quei quotidiani che hanno a cuore e sensibilità sui temi della corruzione o della concussione.
Una stranezza? Magari si può onestamente affermare un legittimo orientamento politico? Non ci sarebbe nulla di male ma almeno – per onestà intellettuale – si risparmi la predica di certi moralizzatori della società civile. Non sarà il caso di andare a monte, affermando che questo paese ha perso indubbiamente il treno della rivoluzione liberale evocata dalla destra (questo è il vero errore politico di Berlusconi e lo è senza alibi dopo 20 anni), ma che tale questione è diventata non più procrastinabile a sinistra dove adesso bisogna abbattere i veti del sindacato e di certi salotti intellettuali e radical chic?