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Omaggio a Tonino Guerra

Creato il 22 marzo 2012 da Alboino
Omaggio a Tonino Guerra
Novantadue anni è una buona età per morire: è un percorso vitale molto lungo e se si è stati fortunati molto intenso. Per Tonino Guerra artista a tutto tondo novantadue anni hanno significato pittura, scultura, installazioni artistiche oltre alla sua amata poesia, ai suoi romanzi e alle sue sceneggiature: una vita vissuta pienamente. Per noi invece che lo abbiamo conosciuto sotto varie forme la scomparsa di questo “grande uomo” è una grave perdita, incolmabile per certi aspetti, per quello che rappresentava. 
Di Tonino Guerra non voglio scrivere un necrologio tantomeno mi interessa fare un ritratto che sa tanto di “santino”, a questo ci stanno pensando in queste ore giornali, televisione, radio e ricordi di amici. Dico soltanto che l’ho conosciuto di persona incontrandolo un paio di volte in quel di Pennabilli e l’impressione ricevuta è stata quella di un uomo legato alle proprie radici, alla propria terra con una mentalità contadina, nell’accezione più positiva possibile che il termine assume. Oltre alcuni libri, del poeta conservo una lunga intervista di qualche tempo fa concessa a “Repubblica” che per me è diventata una specie di testamento e di guida. Da questa intervista oggi per omaggiare una persona che ritengo un “giusto” e “semplice” e che ricorderò sempre per alcuni insegnamenti traggo alcuni passi utili a comprendere chi in realtà Tonino Guerra era e dell’enorme eredità che ci lascia in consegna.
“Un popolo senza memoria non può esistere. La memoria è indispensabile (…) Quindi è giusto che un popolo, che una persona, che un paese tengano conto di quello che hanno dato quelli venuti prima di loro”.
“Noi non abbiamo petrolio, abbiamo la bellezza! Ragazzi, la bellezza è una preghiera, se non lo capiamo e la trascuriamo crollerà tutto (…) Non c’è affetto, non c’è per la terra, l’acqua, l’aria. Dobbiamo fare in modo che i bambini tornino ad avere devozione per la terra…”
“Sono persone enormi, i contadini erano dei continenti, persone così preparate a vivere (…) ad uno di loro ho chiesto se secondo lui Dio esiste. Lui tutto raccolto negli occhi mi risponde: “Dire che c’è può essere una bugia, dire che non c’è può essere una bugia più grande”. Immenso”.
“Il dialetto è una lingua che una volta sapevamo tutti alla perfezione. Adesso non sanno più parlare, adesso l’italiano ci arriva dalla televisione, quasi nessuno lo sa alla perfezione. (…) Il dialetto va frequentato, va ascoltato. Il dialetto dei contadini era magico. (…) Dobbiamo vergognarci di pensare che c’era un mare di gente che sapeva parlare a perfezione una lingua e non c’è più, perché anche i grattacieli di New York sono stati fatti in dialetto!”.
“Ogni volta che ritorno dalla Russia ho sempre più l’idea che siamo diventati un mondo di gente ignorante, di gente che non legge, che non sa e non ama le sue cose belle. C’è solo il denaro, il divertimento, l’effimero. (…) L’Italia non è più bella come una volta, è inutile che mi rompano le scatole, perché una volta c’era chi la curava. Non erano dieci persone messe lì dalla Stato, erano quelli che l’abitavano: i contadini. Dobbiamo riprendere quella forza d’amore che avevano loro”.
“C’è l’arte, ci sono i libri che tengono compagnia e ti fanno sentire diverso, lontano dai tuoi problemi. Ragazzi, la vita è dura e difficile e non vi salva la mano calda dell’amico, della moglie o dell’amante, siete soli e dovete trovare qualcosa che vi dia la bellezza, che è il più grande conforto, una preghiera”.

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