Jean Auguste Dominique Ingres, "L'apoteosi di Omero" (1827)
Ho dettato la mia vita a Omero:
se ne stava cieco,
seduto sopra un cesto,
e scriveva frenetico
la storia di un incerto silenzio.
Le sue orecchie puzzavano di terra,
come le sue bugie greche.
Porgendogli frutta candita
raccontavo di un disagio postmoderno,
psichedelica altalena biologica
di corpi appesi a uncini millenari.
Sorrideva continuando a scrollare il capo,
con folti capelli intrecciati,
vigneti per pidocchi.