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Omsa, le donne, il lavoro (che non c’è)

Creato il 15 aprile 2014 da Cassintegrati @cassintegrati

Pochi giorni fa Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale, ha dichiarato in un intervista al Corriere della Sera che l’Italia fa troppo poco per favorire l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro. ”Il vostro è uno dei Paesi della zona euro che incoraggiano meno la partecipazione delle donne al mercato del lavoro”.

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I numeri dell’Istat parlano chiaro: nella fascia di età 15-64 anni gli uomini sono occupati al 64%, le donne al 46.6%. Il tasso di disoccupazione generale è del 12.5%, quello solo femminile è del 13.6%. E gli inattivi che non hanno un lavoro e neanche lo cercano? 5 milioni gli uomini, 10 milioni le donne.

In questi anni abbiamo raccontato ampiamente la realtà delle donne nel lavoro (qui potete incontrare una vasta selezione di articoli).  E ogni volta ci tornano in mente storie come quella delle operaie dell’Omsa, che incontrammo a Faenza per la presentazione del nostro libro Asinara Revolution.

Che fine hanno fatto? Delle 320 cassintegrate ne sono rimaste 58, per le quali è finita la cassa integrazione senza avere ritrovato lavoro. Francesco Farinelli, tre anni fa, aveva realizzato per il blog la serie di interviste “Storie di Omsa”. Ne riportiamo alcuni frammenti.

Marina Francesconi: “Sono più di 30 anni che lavoro lì. 30 anni in cui ho svolto le mansioni più varie. Dal fissaggio al confezionamento passando per altri reparti. 30 anni della mia vita dedicati a quest’azienda. Noi ci siamo fatte sentire e credo che le donne quando si arrabbiano e protestano lo fanno più forte e meglio degli uomini”.

Anna Benerecetti: “Una mia collega aveva trovato un nuovo lavoro ma non avendo la mobilità non ha potuto accettare. Ecco a cosa ci hanno ridotto, al non poter nemmeno andarcene da questa situazione. Già è difficile per noi ricollocarci, insomma, moltissimi dipendenti Omsa come me sono in quest’azienda da più di vent’anni. È una cosa che non accetto e non accetterò mai, é come un furto, il furto del nostro lavoro”.

Valentina Drei: “Sinceramente tutto quello che ci è capitato è stato davvero umiliante sul piano umano. Io ho dovuto cercare di reinventarmi in un altro settore, quello della ristorazione, seguendo un corso regionale. Mi era capitato di fare, certo, anche altri lavori nella mia vita, ma avevo sempre potuto scegliere se andarmene o no, noi qui ci siamo trovate costrette”.

Antonella Valmigli: “Le uniche offerte che finora ho trovato sono state quelle di andare a fare le pulizie, e pure in nero. La condizione del lavoro femminile in Italia è preoccupante, una donna fa molta più fatica di un uomo a trovare un impiego. Ho 45 anni e due figli, ma vedo molte ragazze che cercano un lavoro con questi tirocini a 300 euro al mese. E a cui viene chiesto se prendono anticoncezionali, se vogliono avere figli, e questo viene usato come discriminante per assumerle o meno. Mi sembra di essere tornati indietro di 70 anni”.

di Michele Azzu

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