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On the bookshelf – La Valle dell’Eden – John Steinbeck

Da Iomemestessa

Ci sono libri che si amano, perdutamente. Altri che si apprezzano, e che, riletti in un altro momento della propria vita, si amano anch’essi, perdutamente.

Che Steinbeck sia stato a lungo una mia passione, non é mistero. Ed infatti, Furore rientra fra quelli che ho elencato tra i titoli di una vita.

Recentemente, m’è capitato, per una serie di coincidenze che si può serenamente fare a meno di narrare, di rileggere La Valle dell’Eden.

Steinbeck lo considerava il suo capolavoro. O comunque il suo affresco più compiuto.

Lo lessi, vent’anni fa, poco dopo Furore. Ma a vent’anni, le ingiustizie del mondo sono  le tue. E il tuo cuore palpita per Furore, e la sua lunga teoria di sconfitti. A quaranta le ingiustizie le hai viste dal vivo, ormai. E il tuo cuore palpita ancora. Per nuovi Furori.

Epperò, l’eterna diatriba tra bene e male, la lotta fratricida tra Caino e Abele, la leggi e comprendi diversamente. E concedi più attenuanti al male. E hai qualche riserva in più sul bene.

E le pagine, che scorrono, e l’alternarsi delle vicende degli Hamilton e dei Trask, di Charles e Adam, di Caleb e Aron (con il leit motiv di Caino e Abele sempre sullo sfondo) ti avvincono non solo, non più, solo sul piano narrativo, ma anche, e soprattutto, su quello dei sentimenti e delle intime riflessioni.

E la valle del Salinas a fare da sfondo. E no, la trama non ve la racconto, questa volta. Né tanto, né poco. Che la trama di questo libro è anima e sostanza.

Solo alcune annotazioni.

Il titolo, in originale, è East of Eden. Ed è preso, letteralmente, dal 16° verso della Genesi, nella versione della Bibbia fatta pubblicare da Giacomo I d’Inghilterra.

E sappiate che vorrei essere Li. Lo vorrei davvero. E vorrei avere anch’io il coraggio di arrivare in fondo per sapere cosa significa veramente timshel.

Non fatevi fuorviare dal notissimo film di Kazan. Se volete immaginare Caleb col volto bellissimo e tormentato di James Dean, liberissimi. Ma la storia no. La storia non c’entra nulla. Non confondiamo.

Cathy Ames è più di un personaggio. Cathy Ames è il male. Fine a se stesso. Senza possibiità di redenzione. Senza, in fondo, che resti alcunché da redimere. Cathy Ames è il più straordinario ritratto di cattivo che io ricordi in letteratura.

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Questo post partecipa al venerdì del libro di homemademamma


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