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Once upon a time in Norway #8

Creato il 21 febbraio 2016 da Cicciorusso

brancaleone-gassman

Sette-otto anni fa, quando ancora m’illudevo di avere un futuro accademico in patria, tenni un corso in un ateneo del nord Italia su questo libro qua. Cercando di spiegare il crollo degli ideali eroici delle saghe, mi lanciai in un paragone ardito.

“Insomma ragazzi, è un po’ come nell’Armata Brancaleone, quando Gassman arringa la truppa:

Silenzio! Io vi sono duce! E però mi dovete obbedienza e dedizione. Lo nostro cammino sarà cosparso di sudore, lacrime et sanguine. Siete voi pronti a tanto? Siete voi pronti a morire pugnando? Noi marceremo per giorni, settimane et mesi, ma infine averemo castella, ricchezze et bianche femine dalle grandi poppe.”

Risatine represse. Scambi di sguardi. Ma questo che cazzo dice?

“Ragazzi… Vittorio Gassman…? Gian Maria Volonté…? Mario Monicelli…?”

Silenzio di tomba.

Fu allora (tardi, lo so) che cominciai a nutrire qualche dubbio sulle nuove generazioni, dubbi che si sono riproposti, ad altre latitudini e in altre situazioni, non più di una settimana fa. Da quando mi sono trasferito in Norvegia uso far ascoltare l’ultimo pezzo di Panzerfaust dei Darkthrone, “Snø og granskog”, quando parlo di Tarjei Vesaas, una specie di Quasimodo norvegese (sì, il testo è una sua poesia). Quest’anno, per la prima volta, nessuno dei miei 70 e più studenti conosceva questa versione.

Mi è venuta quindi in mente la puntata di giugno del nostro Avere vent’anni, dove si parlava proprio di Panzerfaust, e in un cortocircuito mentale mi sono reso conto che i miei studenti sono proprio nati intorno al 1995, quando Panzerfaust uscì. La loro ignoranza sui Darkthrone ha, quindi, un che di logico e giustificabile, ma sicuramente non consolante. Non vi è dunque speranza per le generazioni future? Cosa resterà dei Darkthrone e di noi?

Probabilmente molto poco, ci insegnava Monicelli. A morire, come diceva, sono solo gli stronzi.



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