Quando un paio di mattine fa ho letto questa frase pensavo fosse uno scherzo. Sapevo che il premier ieri doveva presentarsi in Parlamento e dunque credevo che fosse un passaggio delle tante barzellette che avrebbe raccontato in quella sede.
Ho avuto qualche sentore che ci fosse poco da ridere quando ho letto che l'idea era del duo Gelmini-La Russa. In realtà parlare di “idea originale” del duo forse è eccessivo, visto che – come sostiene il dott. Giuseppe Colosio, direttore scolastico per la Lombardia in un'intervista a PeaceReporter – questa della militarizzazione delle scolaresche è un'attività diffusa nel nord Europa ed in particolare in Gran Bretagna (almeno la Ministra della (D)Istruzione questa volta non si è limitata a Wikipedia come nel caso dell'opuscolo per il 150° dell'Unità d'Italia [http://informarexresistere.fr/la-gelmini-copia-da-wikipedia-l%E2%80%99opuscolo-per-le-scuole]) e, udite udite, quello che sta(rebbe) per iniziare è il quarto anno di sperimentazione. Il progetto “Allenati per la vita” così come è stato presentato è infatti idea risalente al settembre 2007, anche se nel 2005 era già in fase di sperimentazione in quel di Brescia. Poi uno dice che pensa male...
Dopo l'introduzione della mini-naja, questo corso – per adesso attivato nella sola Lombardia – va ad inserirsi nelle politiche governative per i giovani, che prevedono alla fine della legislatura la trasformazione dei giovani in un branco di pecore ammaestrate. Però con la divisa addosso!
In cosa consiste questo corso è presto detto. Innanzitutto iniziamo dalle cifre: 120 volontari dell'Unione Ufficiali in Congedo avranno il compito di educare (o ri-educare?) gli studenti alla cultura militare con corsi sia teorici che pratici, tra i quali da segnalare sicuramente sono i corsi “sopravvivenza in ambienti ostili” (anticipazione del futuro da precari sottopagati nel quale tutti sembra dovremo passare...), “difesa nucleare, batteriologica e chimica” (perché tutti sappiamo che questo paese quotidianamente subisce attacchi di questo tipo) e “insegnamento all'arma” con archi, frecce e pistole ad aria compressa.
Tutto questo all'interno dell'attività scolastica di “Diritto e Costituzione”. Non mi chiedete come si possa insegnare questa materia insegnando a sparare perché – al momento – non sono in grado di rispondere. Per rendere più “democratica e civile” l'introduzione di questo nuovo corso, oltre ad insegnamenti prettamente militari ci saranno anche materie come “elementi di primo soccorso” - che, ammetto, non sarebbe male introdurre - “topografia” e "diritto costituzionale". Chiedersi che fine faranno le docenti ed i docenti di diritto è una domanda troppo banale vero? Bisognerebbe poi anche controllare che questi nuovi insegnanti conoscano le materie giuridiche meglio dei loro colleghi delle forze dell'ordine che, da Genova al caso Cucchi passando per Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino ed i tanti – troppi – altri mostrano invece evidenti lacune.
L'adesione al corso è su base volontaria aperto a studenti delle scuole superiori ma, tanto per rendere il corso appetibile, la partecipazione varrà come credito formativo, indipendentemente se si superi o meno la prova finale. Perché anche questo – come tutti i corsi – prevede un esame finale, consistente in una gara in cui gli studenti si suddivideranno in “pattuglie da combattimento” (definizione non frutto della mentalità anti-militarista dello scrivente ma di quella – notoriamente pro-militarista – di chi ha proposto il corso).
È inutile dire che tutto questo verrà finanziato in parte dai privati (non oso immaginare quali...) ed in parte con denaro pubblico. Insomma: non solo ci rubano i soldi per finanziare insulse guerre in Afghanistan, in Iraq o chissà dove (prossimamente in Iran?) ma anche per finanziare quella in casa. O quantomeno per finanziare la milizia di giovani virgulti che andranno a diminuire le statistiche sulla “crisi di vocazione” aperta da quando il servizio di leva è stato reso volontario...
«La prima reazione quando leggo che si possono mandare studenti a fare pratica di tiro è quella di stupore misto a indignazione. In questo momento mi trovo in Afghanistan e qui di ragazzini che usano armi ce ne sono fin troppi. Ogni volta che si riesce a far mettere giù la pistola a uno di loro, e farlo tornare a scuola, qui è una vittoria» - dice Cecilia Strada in un'intervista a PeaceReporter - «Spendiamo piuttosto i soldi pubblici per mettere carta igienica e gessi nelle aule, non per portare studenti al poligono o con fondi per la mini naja. Credo che i ragazzi e i loro genitori sarebbero più felici di avere fogli, gite, pennarelli e carta igienica».
Fortunatamente questa volta si sono mosse anche le opposizioni, quella parlamentare e – soprattutto – quella civile: «La scuola è il simbolo dell'emergenza democratica nella quale è finito il nostro Paese» - sostiene Francesca Puglisi, responsabile scuola della segreteria del Partito Democratico - «Dopo aver svuotato le casse scolastiche, dopo aver fatto entrare i simboli di partito in una scuola dello Stato oggi, con la diffusione e la pratica della cultura militare e dell'utilizzo delle armi a scuola, credo sia giunto il momento di dire: basta.. Si sta drammaticamente realizzando ciò che Piero Calamandrei aveva prefigurato in un suo celeberrimo discorso: il ritorno di una dittatura nel nostro paese non avverrà con i carri armati per le strade ma distruggendo la scuola pubblica». «Negli ultimi anni per via dei tagli indiscriminati a scuola sono diminuite le ore di insegnamento dell'italiano, si ciancia di rendere obbligatorio l'inglese anche per l'apprendimento di altre materie, mentre le ore di scienze son ridotte all'osso. Con la senatrice Poretti abbiamo presentato un'interrogazione per capire anche quali saranno i reali costi dell'iniziativa perché troppo spesso alle dichiarazioni di contributo volontario poi non corrispondono i conti», dice il senatore radicale Marco Perduca.
Proteste anche dall'Unione degli Studenti dalla quale parte la denuncia contro la trasformazione degli istituti scolastici in collegi militari. E mentre in Parlamento ci si interroga, a Milano la repressione colpisce ancora: ieri mattina infatti un gruppo di una ventina di studenti sono stati bloccati e manganellati dalla Polizia (ovviamente in assetto anti-sommossa) all'interno della metropolitana:
Tale protesta, peraltro, si inseriva all'interno della “Giornata europea per la mobilitazione per la scuola pubblica” e dove sono stati scanditi cori contro i finanziamenti alle missioni militari.
È peraltro interessante la riflessione proposta dal sito ZeroViolenzaDonne.it [http://www.zeroviolenzadonne.it/index.php?option=com_content&view=article&id=9960:gelmini-piu-la-russa-che-paura&catid=34&Itemid=54 l'articolo di riferimento] che, oltre a chiedersi – e chiedere - «quale ipotesi o teoria educativa sia alla base della volontà di “contrastare il bullismo grazie al lavoro di squadra” che determina l'aumento dell'autostima individuale ed il senso di appartenenza al gruppo» che spesso si trasforma in un'accettazione cieca dei dettami del “branco”, si chiede se non possa avere una utilità maggiore la «creazione di un corso di formazione ad opera delle operatrici dei Centri antiviolenza della Lombardia per portare nelle scuole, laddove le coscienze sono più sensibili e malleabili, l'abc di una relazione tra i sessi che sia meno sanguinosa di quella attuale» e di cui le cronache di giornali e telegiornali ci raccontano quotidianamente. Ma in questo caso la risposta ci viene dritta dritta dal premier, che qualche mese fa si augurava che fosse disponibile un militare per ogni bella donna...
Dopo la mini-naja e la militarizzazione dei curricula scolastici manca solo la reintroduzione del Ministero della Guerra. Ed ho l'impressione che - se la legislatura non terminerà a breve - faremo in tempo a vedere anche una cosa del genere...