Da: La Repubblica.it blog
La Palestina all’Onu, perchè Hamas non fa festa
Fra le numerose felicitazioni e complimenti arrivati al Presidente Abu Mazen, e sarebbe stato difficile non averne visti i risultati del voto all’Onu, non ci sono quelli di Hamas. Alle feste di piazza e ai caroselli di auto che ci sono stati in Cisgiordania, non ha corrisposto altrettanta gioia nelle strade di Gaza, strettamente controllate dalla polizia degli islamisti e dai suoi miliziani. I partigiani di Abu Mazen e di Al Fatah a Gaza hanno fatto festa nelle case, bevendo aranciata perché nella Striscia da quando governano gli integralisti l’alcol è vietato come impone la sharia. Il premier di Gaza Ismail Haniyeh non ha mai appoggiato l’iniziativa di Abu Mazen, il numero due di Hamas – il falco Mahmoud Zahar – quando parla del presidente palestinese lo definisce sempre sprezzantemente “quell’uomo”.Hamas è uscito nettamente rafforzato dalla “seconda guerra di Gaza”, specie sul piano internazionale dopo anni di isolamento, soprattutto per lo “sdoganamento” voluto dall’Egitto, che ha fatto apparire la Striscia di Gaza come un’entità staccata dal resto della Palestina – di cui ieri Abu Mazen ha ottenuto il riconoscimento all’Onu – fortemente ancorata alla Fratellanza musulmana e ai nuovi Paesi arabi emergenti come il Qatar. Hamas non riconosce l’esistenza di Israele, non crede nel processo di pace avviato dall’Anp, non accetta l’Olp come rappresentante del popolo palestinese; oggi grazie alla Confraternita che governa l’Egitto si vede invece parte di un grande disegno mediorientale, che apparirà più chiaro quando le due prossime pedine – la Siria prima e la Giordania – saranno dentro questo schieramento. E’ solo una questione di tempo.
Ieri la vera sorpresa per Israele è stato il “sì” italiano al voto nell’Assemblea generale, vissuto come un tradimento dopo vent’anni in cui l’Italia pur di compiacere americani e israeliani si era sempre staccata nelle sue decisioni dalla maggioranza europea. Anche perché durante la recente visita di Monti a Gerusalemme per il vertice bilaterale, Benjamin Netanyahu si era sentito rassicurato dalle parole del premier e del ministro degli Esteri Giulio Terzi che davano per certa l’astensione italiana al voto nel Palazzo di Vetro, mantenendo l’ambiguità di questi anni. Poi la svolta, in uno show down che manteneva l’incertezza fino a due ore prima del voto. Al cambio di linea a Palazzo Chigi sulla Palestina non è estraneo l’inquilino di un altro Palazzo importante sui colli di Roma, a cui il premier e il governo non possono dire “no".
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Da: LiberEtà....l'ambasciatore israeliano all'Onu, Ron Prosor, non ha intanto risparmiato oggi dalle colonne del Wall Street Journal online parole sprezzanti contro l'istanza di Abu Mazen: liquidando l'ipotetica futura Palestina come uno Stato che non avrebbe "il controllo sul suo territorio, uno Stato terrorista, uno Stato non democratico e in bancarotta" e ammonendo l'Assemblea generale a "riflettere bene sulle conseguenze" del suo voto.////////
E' difficile avere un parere su questa materia, perché per averlo bisogna conoscere approfonditamente la storia lontana e quella vicina.Di certo si capisce solo che non si può continuare così: con i terroristi palestinesi che vogliono uccidere gli israeliani.Nessuna civiltà che voglia essere riconosciuta in un consesso civile può permettersi di dichiarare che un altro popolo NON deve vivere.Gli estremisti debbono rassegnarsi al dialogo, altrimenti sono soltanto dei criminali ottusi che vogliono solo uccidere ed essere uccisi. E' la negazione della vita, oltre che della civiltà.Gli israeliani non possono NON rispondere ai razzi che vogliono portare morte e distruzione, ed il risultato è morte... anche di bambini innocenti.Perché non cercare di farli vivere quei bambini innocenti?L'odio deve finire.Ed è in questa ottica che, forse, l'Italia ha fatto questa scelta che delude Israele e la comunità italiana di cultura e fede ebraica.Però anche Hamas non ne è contento.Dunque, forse, non è un male responsabilizzare la Palestina di Abu Mazen facendolo entrare come osservatore nel consesso delle Nazioni Unite.