Origine: USA
Anno: 2009
Editore: Einaudi
La trama (con parole mie): a partire dall’ormai considerato classico match contro Baghdatis agli US Open del 2006, prossimo al ritiro, Andre Agassi, uno tra i tennisti più noti e vincenti della Storia di questo sport, racconta la sua vita dai tempi in cui, bambino, si confrontava con l’autorità schiacciante del padre, suo primo maestro, all’adolescenza trascorsa lontano dagli amici di Las Vegas, nell’accademia di Nick Bollettieri, in Florida, per giungere alle prime vittorie importanti e agli alti e bassi personali e sportivi di una vita intera. Il matrimonio con Brooke Shields e quello con Steffi Graf, la vita di un uomo bambino con un’infanzia da recuperare a quella di un padre che non vorrebbe mai imporre la sua disciplina ai figli come è stato fatto con lui. Perché Andre Agassi odia il tennis. E in questo libro racconta la sua vita, e non il suo sport.
Fin da bambino, sono sempre stato affascinato dallo sport in generale e dai suoi eroi, probabilmente a causa dell’amore incondizionato che mio padre ha per qualsiasi disciplina agonistica e non a partire dall’adorato – e tuttora praticato – ciclismo: ricordo i primi anni da tifoso calcistico, il Milan di Sacchi e l’avvento di Baggio, la Formula Uno con i duelli tra Senna e Prost – benchè tifassi la Benetton di Nannini e rimpiangessi di non essere nato prima per esaltarmi alle imprese di Gilles Villeneuve -, Carl Lewis, Greg Lemond, e tanti altri personaggi che cominciarono ad affascinarmi fin dalle elementari.Non sono mai stato, però, un accanito tifoso di tennis: forse perché non avevo mai avuto modo di praticarlo, ma fatta eccezione per qualche match guardato in tv ed i nomi principali del circuito, non mi sono mai trovato particolarmente attratto dalle battaglie che uomini e donne ai tempi quasi esclusivamente di bianco vestiti combattevano fino allo stremo delle forze. Eppure, tra tutti quei campioni che parevano più o meno uguali, uno svettava grazie non solo ad un look unico, ma ad uno stile ed un modo di porsi che non avevo mai visto applicare a questa disciplina: Andre Agassi.Ricordo che, colpevole la pronuncia del nome, pensavo fosse francese – e se anche avessi puntato sugli USA, mai avrei pensato a Las Vegas -, e che, come spesso e volentieri lo definiva la stampa, fosse il ribelle in tutto e per tutto dei piani alti delle classifiche mondiali.
Un ragazzo problematico con uno stile e risultati assolutamente non lineari, probabilmente destinato a bruciarsi.Come tutti ben sappiamo – e fortunatamente – il buon Andre non solo è riuscito a resistere a critiche e sconfitte concludendo una carriera tra le più impressionanti della Storia del tennis, ma a trovare una sua identità che andasse ben oltre l’immagine ed il look, divenendo un punto di riferimento per colleghi e tifosi in tutto il mondo: dai suoi duelli con il rivale di sempre Pete Sampras alle numerose rinascite, la sua carriera è senza dubbio una tra le più emozionanti e toccanti che si possano anche soltanto immaginare.Ma non è di tennis, che vorrei parlare qui.Non solo perché Andre odia il suo sport – come non manca di sottolineare tra queste pagine -, ma perché Open è il racconto di una vita, a prescindere da quello che il suo protagonista ha ottenuto grazie ad un talento unico e a duro lavoro, spesso non piacevole.
E qui al Saloon, quando si parla di vita con partecipazione, commozione, sentimento, le porte si aprono in men che non si dica.Sono stato felice come raramente quest’anno leggendo un libro di essere letteralmente trascinato dalle pagine di un racconto simile a quello che potrebbe condurre un amico di fronte ad un bicchiere, in una di quelle serate in cui si ha voglia di ripercorrere il viaggio che ci ha portati fino a dove ci troviamo, ed altrettanto di scoprire che il mio istinto, quando lo elessi a mio favorito tra gli eroi della racchetta, non aveva sbagliato.Andre Agassi è una persona che mi piacerebbe, se la conoscessi.
Una persona con la quale si potrebbe stabilire un contatto.
Perché, nonostante si sia diversi, certe cose finiscono per passare attraverso meccanismi terribilmente simili: l’accettazione di se e la fatica che la stessa comporta, dai pregi ai difetti che portiamo con noi, la capacità di passare da momenti di euforia e commozione e vittorie memorabili ad altri salati e brucianti come le lacrime, o le sconfitte peggiori. Non importa su quale terreno, non importa in quale campo. E non importa il tennis. Qui si parla di esperienza, di passione, di sentimenti.Di vita, per l’appunto.Di voglia di viverla e raccontarla.I trofei, i titoli, la distanza geografica, i destini ed i percorsi differenti, i soldi, nulla importa.L’impressione che ho avuto, leggendo Open, è che potrei senza problemi fare parte della squadra di Andre.E Andre della mia.La scoperta di una storia che prosegue senza che abbia un senso, una soddisfazione condivisa con le persone che amiamo di più, e solo con loro, un’amicizia unica, la sensazione di avere qualcuno che ti copre le spalle, qualcuno da conquistare, qualcuno da amare e da crescere: leggendo Open, mi è parso di vedere l’Agassi che conta.Che non è il tennista, a dispetto di tutte le sue vittorie sul campo.Ma l’uomo. Quello che si è formato, che ha vinto e perso, che ha guardato dentro se stesso e ha deciso cosa lasciare alle spalle e cosa portare avanti, fino alla prossima destinazione.E sono stato felice che l’abbia condiviso.
Proprio come se fossimo stati in un tavolo d’angolo in qualche bar sperduto lungo la Frontiera. Proprio come avrebbe ascoltato la mia.Perché partite come quelle che giochiamo ogni giorno valgono infinitamente più di quanto il solo conto dei successi e delle sconfitte il nostro lavoro ci riservi.Numeri chiusi contro esperienze senza confini.Corpo, cuore e menti aperte. Pronti a muovere sempre un passo in avanti.Open.Come la testa, senza dubbio prima di un qualsiasi torneo.
MrFord
"Yeah i laugh and i jump
and i sing and i laugh
and i dance and i laugh
and i laugh and i laugh
and i can't seem to think
where this is
who i am
why i'm keeping this going
keep pouring it out
keep pouring it down
and the way the rain comes down hard
that's the way i feel inside."The Cure - "Open" -