Nel corso degli ultimi anni più fonti hanno dimostrato il pericolosissimo impatto ambientale sulla salute dei cittadini e sugli abitanti della città di Taranto, tra il 1998 e il 2010 sono state attribuite alle emissioni industriali: 386 decessi, 237 casi di tumori e 937 i casi di ricovero ospedaliero per malattie respiratorie. A Taranto si produce il 92% della diossina italiana e l'8,8% di quella europea, ognuno dei duecentomila abitanti, ogni anno, respira 2,7 tonnellate di ossido di carbonio e 57,7 tonnellate di anidride carbonica. Per ordine del sindaco i bambini non possono giocare nei giardini pubblici per il forte rischio di entrare in contatto con le polveri sottili. La vera tragedia della questione Ilva è che a protestare non sono i cittadini minacciati dal rischio ambientale ma i lavoratori che difendono l’industria anche a costo di veder minacciata la propria salute. Alla domanda se sia più importante il lavoro o l’ambiente e la salute gli operai rispondono che la priorità è “portare a casa il pane”.
Così si sta svolgendo il paradosso di un impianto industriale figlio di un’epoca in cui non c’era la cultura del rispetto dell’ambiente, della salute e del benessere del lavoratore. Dove lavorare per 8 ore di fila a temperature disumane era considerato normale, dove i “tempi della fabbrica” esistono ancora e paradossalmente vengono difesi dagli stessi lavoratori anche costo di lasciarci la pelle. Perché per questi uomini morire di lavoro è meglio che morire per la perdita del lavoro. Ma questa è anche la storia di migliaia di famiglie che grazie a quella stessa fabbrica hanno comprato una casa, possono pagare un mutuo e hanno mandato i figli all’università con la speranza di garantire loro un futuro migliore. Il lavoro, l’ambiente, la salute e la vita: quale di questi valori diventa allora il più importante? Siamo arrivati a dover scegliere tra priorità che anziché essere concorrenti dovrebbero coesistere in un sistema che funziona, dove si è costretti a scegliere tra la sopravvivenza del singolo rispetto al benessere della collettività e delle generazioni future, le generazioni figlie di quelli stessi operai che ora stanno protestando.
Mentre si cerca di schierarsi da una parte o dell’altra il ministro dell’ambiente Clini afferma che il governo si impegnerà a stanziare 336.668.320 di euro per interventi infrastrutturali di bonifica, incentivi alle imprese locali e riqualificazione industriale dell'area. Nel frattempo leggendo tra le carte dell’ordinanza di custodia cautelare scopriamo che i dati diffusi dall’Ilva sulle malattie prodotte dall’impianto in questi anni risultavano quattro volte inferiori a quelli rilevati dall’Inail, che quando la Guardia di Finanza riusciva a entrare nello stabilimento trovava “situazioni sconcertanti all’interno dei capannoni con polverosità ambientali insostenibili”, che addirittura si sospettano possibili complicità dei membri del Cnr incaricati delle verifiche. Continuando a leggere scopriamo che “tutti gli atti di intesa volti a migliorare le prestazioni ambientali dell’impianto sono la più grossolana presa in giro compiuta dai vertici dell’Ilva”. Per adesso questi signori sono agli arresti domiciliari accusati a vario titolo, di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose. E nel frattempo ci chiediamo: chi pagherà quei 336.668.320? Indovinate un po’!