Sea Shepherd, la più accreditata (e agguerrita) associazione ambientalista su scala mondiale ha un suo leader per la sezione italiana: si chiama Andrea Morello, trentanove anni, vicentino, artefice di "Operazione Siracusa". E' lui che, nel 2012, insieme al capitano Peter Hammarstedt, inaugura a Venezia, la prima imbarcazione devoluta a SSI, una vela di sette metri. Sulle coste siciliane, durante l'ormeggio della M/Y Steve Irwin, ammiraglia della flotta di Sea Shepherd, c'è un secondo incontro "fatale" con la famiglia Maiorca, da qui scaturisce la prima Campagna italiana d'azione diretta del Plemmirio. L'obiettivo è proteggere il delicato (e straordinario) ecosistema dall'azione sempre più minacciosa dei bracconieri. Attraverso un programma di tutela ambientale complesso quanto necessario, si arriva a una visione più ampia che punta alla difesa del Mediterraneo e degli Oceani, delle risorse naturali, della biodiversità, delle creature che vi abitano. Lo abbiamo incontrato e intervistato.
Come sta la Riserva siciliana del Plemmirio?Il Plemmirio è classificato come Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo (ASPIM), denominazione assegnata ai siti d'importanza per la conservazione della biodiversità nel Mediterraneo, e come Area Marina di Reperimento, ovvero zona la cui conservazione attraverso le aree protette è considerata in modo prioritario.
Si suddivide in tre Zone, con livelli differenti di protezione dell'ecosistema marino: dalla Zona A, più restrittiva, alla Zona C più "permissiva". La Zona A è a protezione integrale (no pesca, ancoraggio d'imbarcazioni, né immersioni), mentre la pesca subacquea, in bombole o apnea è vietata in tutte e tre le zone.
Alla mia prima visita in compagnia di Patrizia Maiorca, la maestosità storica dei palazzi e dei templi dell'Ortigia si mescolava alle cattedrali subacquee abitate da moltissime specie marine, in un tratto di mare ricco di biodiversità. La situazione però celava una terribile realtà, alcune specie erano vittime di bracconieri, laddove questa ricchezza va custodita per le generazioni future e per la nostra stessa sopravvivenza.
Le attività illegali hanno luogo durante la notte o all'alba, quando è più difficile la loro individuazione. Le operazioni di bracconaggio sono condotte con gommoni che trasportano sommozzatori armati di fucili subacquei e da pescherecci che utilizzano reti.
Obiettivo della prima campagna italiana di Sea Shepherd, Operazione Siracusa, è proteggere questo meraviglioso ecosistema dalle attività di bracconaggio in collaborazione con l'AMP e le autorità e i risultati concreti si vedono in immersione quando si possono ammirare molte Cernie, rispetto al recente passato (alcune superano i 15 Kg di peso, mira di bracconieri senza scrupoli), saraghi e tanute, corvine e magnose, che prima erano quasi scomparse. La quantità di vita dimostra anche un comportamento naturale di curiosità verso i subacquei sportivi, di non diffidenza che, nel tempo, rivela la reciproca, naturale emozione dell'incontro, grazie a una convivenza senza soppressione. Stremata dalla pesca di frodo, è la Cernia Bruna, classificata come specie ad alto rischio d'estinzione, inclusa nella Lista Rossa delle Specie a Rischio della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), le magnose, i ricci e in mare aperto, il tonno rosso.
Il nostro fondatore Capt. Paul Watson afferma che: "Ciò che fa davvero la differenza, non è l'azione dei governi, non sono le grandi organizzazioni, ma la passione dei singoli individui." Sarà proprio la passione e l'amore degli abitanti di Siracusa e dei volontari di Sea Shepherd che porterà l'azione diretta in difesa della vita in ogni Cattedrale del Blu, consentendo alle cernie del Plemmirio d'offrirci l'emozione d'uguaglianza nell'incontro tra le specie.
Dalla battigia, nei momenti in cui il mare non si protegge da solo con onde e correnti, i volontari rimuovono plastica e rifiuti. E ciò rende concreto anche il nostro impegno a livello globale, per ripulire i milioni di tonnellate di plastica che ogni anno produciamo e gettiamo negli Oceani.
Nel fenomeno della tropicalizzazione del Mediterraneo, con l'invasione di specie non autoctone a causa del surriscaldamento globale, considera irreversibile il degrado per la biodiversità dei nostri mari?Gli ecosistemi subiscono nel tempo una continua evoluzione verso uno stato di equilibrio (con specie ben stabilite, con numero costante d'individui per ogni specie, con interazioni precise tra le varie specie). Questo stato di equilibrio ideale non è statico e non mutevole, bensì dinamico, dove una specie può essere sostituita dall'altra con caratteristiche simili e compatibili. L'ecosistema evolve allo stato d'equilibrio se le condizioni dell'ambiente (temperatura, salinità, insolazione, ecc.) restano costanti. Ma se un fattore ambientale cambia (come la temperatura media annua che aumenta), l'ecosistema può intraprendere una strada evolutiva verso un nuovo stato d'equilibrio.
Non è colpa della tropicalizzazione se gli stock ittici sono in calo vertiginoso, se i cetacei e gli squali sono drasticamente diminuiti rispetto a 200 anni fa! La presenza di squali nel Mare Nostrum si è ridotta del 97%, raggiungendo in pratica "livelli funzionalmente estinti" con gravi conseguenze su tutto il Mediterraneo che, privo di predatori al top della catena alimentare, entra in corto circuito verso un nuovo equilibrio, non più adatto alla nostra specie. Il degrado della biodiversità nei nostri mari è stato causato dallo sfruttamento indiscriminato e incontrollato negli anni.
Sembrerebbe paradossale, ma per il Pianeta Mare (così sarebbe chiamato per chiunque lo incontrasse navigando nella Via Lattea), la presenza dell'uomo non è indispensabile. Questo fattore crea un falso messaggio ai nostri occhi: salviamo il pianeta!
In realtà, saremo noi a doverci salvare, rendere irreversibile il processo d'acidificazione degli Oceani e il riscaldamento globale. L'estinzione delle specie porterà a un nuovo equilibrio per il Pianeta Mare ma in quanto alla specie umana, l'estinzione sarà per sempre.
In Italia c'è una straordinaria cultura ambientalista insieme e una diffusa ignoranza riguardante le tematiche di difesa dell'ambiente.
La cultura ambientalista agisce da spinta verso azioni appropriate per capire intimamente l'ambiente dove viviamo: il nostro paese comprende 7.458 km di coste e mare. Proteggerlo e amarlo è la grande sfida per il nostro futuro e vi garantisco che sempre più italiani uniti a molte altre nazioni, sviluppano giorno per giorno, una consapevolezza ambientalista straordinariamente legata alla sopravvivenza di tutte le specie della Terra.
Sea Shepherd in Italia è nata nel 2010 con l'arrivo nel porto di La Spezia della nostra nave Madre: la M/Y Steve Irwin. In questi anni come Presidente della "costola italiana" della più importante organizzazione al mondo per la difesa e la salvaguardia degli ecosistemi marini, ho conosciuto centinaia d'italiani, pronti a rischiare la propria incolumità per salvare anche una sola Balena.
L'ambientalismo inizia da noi stessi, cresce nell'ambiente in cui viviamo, si propaga come evoluzione nelle specie interdipendenti. La certezza di poter vincere la più grande sfida che la nostra generazione dovrà affrontare, non sta nei complimenti ricevuti per le nostre azioni ma il constatare di anno in anno, l'umiltà e l'implacabile determinazione di centinaia e centinaia di persone comuni che ambiscono a un futuro d'equilibrio della nostra specie.
Al momento, come si evolve la situazione giudiziaria per gli attivisti arrestati durante le grind, sulle isole Fær Øer?Tra il 20 luglio e il 12 agosto sono stati arrestati 14 volontari di Sea Shepherd, impegnati nella campagna Operazione Sleppid Grindini in difesa dei globicefali minacciati da una barbara tradizione denominata grind. I volontari, tentando di proteggere i globicefali durante le grind, sia a terra che in mare, sono stati fermati dalla polizia danese, arrestati e accusati di aver violato la legge faroese che regola la caccia ai globicefali (Faroese Islands Pilot Whaling Act).
Il tribunale danese delle Isole Fær Øer li ha condannati al pagamento di sanzioni pecuniarie o in alternativa, al carcere da una a due settimane. Subito dopo la condanna, è scattata l'espulsione senza attendere i tempi per valutare gli appelli alla sentenza e alla richiesta d'allontanamento. Tra gli arrestati c'erano Marianna Baldo, volontaria off-shore e Alice Rusconi Bodin, del Team di terra.
Sea Shepherd non ha intenzione di corrispondere alle sanzioni amministrative, non riconoscendo alcuna legittimità delle accuse mosse nei confronti dell'Organizzazione e dei suoi volontari. Queste, contrastano con il buonsenso e la tutela del nostro ecosistema, come alle leggi e convenzioni che la Danimarca dovrebbe rispettare, ad esempio la Convenzione di Berna di cui è firmataria.
Il Team legale di Sea Shepherd ha rilevato anche parziali violazioni dei diritti umani dei volontari italiani sulla base della Convenzione Europea sui Diritti umani.
L'anno prossimo e in quelli a venire torneremo nelle isole feringe fino a quando il massacro non cesserà.
Secondo lei, perché il governo danese, pur rappresentando un paese europeo, non conviene al rispetto di norme che vietano la caccia ai cetacei? Quali gli interessi, tali da non sconfessare questa presunta "tradizione"?La Danimarca è uno stato membro dell'Unione Europea, soggetto a leggi che vietano la caccia e l'uccisione dei cetacei. Ciò nonostante, la Danimarca invia la propria Marina a supporto della polizia feringia, durante uno sterminio di massa su globicefali, intrappolati e inermi. Se si può parlare di un dato positivo, è che, nei confronti dello stato danese, ora abbiamo prove tangibili nel coinvolgimento diretto al massacro intorno alle isole Fær Øer. Sea Shepherd presenterà queste prove all'attenzione del Parlamento Europeo, esigendo provvedimenti contro la Danimarca, corresponsabile di un'azione palesemente illegale. Nessun europeo membro dell'UE può essere coinvolto in attività d'uccisione dei cetacei e, anche se le Fær Øer non sono annesse alla Comunità Europea, di fatto, riscuotono consistenti sussidi tramite la Danimarca. Formalmente, i feringi sono esenti da questa norma, non lo è la Danimarca e ora abbiamo prove inconfutabili che Marina militare e polizia danesi hanno le mani sporche del sangue dei globicefali. Il marcio nelle Fær Øer è altresì il marcio della Danimarca.
I tentativi di giustificazione da parte dei feringi sulla necessità d'uccidere i Globicefali sono falsi.
Hanno bisogno di cibo? Nessun faroese ha bisogno della carne di Globicefalo per nutrirsi, visti gli alti standard di vita nelle isole e la presenza d'ogni genere alimentare nei supermercati.
E' una tradizione? Il popolo faroese ha abbandonato la tradizione nel momento stesso in cui ha abbracciato i benefici della tecnologia e della globalizzazione. Non c'è nulla di tradizionale nell'uccidere migliaia di globicefali intelligenti, socialmente complessi, che provano sentimenti... In passato, secondo la tradizione, queste creature del mare erano uccise per necessità di un equilibrio terribile, oggi, è un inutile divertimento d'emozioni deviate.
Quello che i faroesi non riescono a capire è che Sea Shepherd ha mostrato agli occhi del mondo l'atrocità che si commette intorno a quelle isole. Non pretendiamo di convincerli a non uccidere, esigiamo invece, che Europa, Asia, Africa, America sviluppino forti difese politiche ed economiche da non permettere (mai più), che questo massacro accada.
Gli interessi che hanno reso la Danimarca partecipe alla violazione della convenzione di Berna sono ben nascosti tra i fiordi di quelle spettacolari isole che si avvalgono di sovvenzioni e prestiti comunitari, rendendo così esplicito il non rispetto alle leggi europee sulla protezione dei cetacei.
Mentre parliamo, si fa la conta dei giorni di Blu e Red Cove. Davvero di queste stragi non se ne può più...Con la storica decisione di JAZA (l'Associazione Giapponese di zoo e acquari), di non accettare più tursiopi catturati nella baia della vergogna, ancora non c'è soluzione per salvare i delfini di Taiji?Fino al 2003, quest'annuale massacro di delfini era del tutto ignorato, quando Sea Shepherd ha diffuso un video girato in segretezza e contributi fotografici sulla famigerata "Baia" maledetta, in un villaggio chiamato Taiji, in Giappone. Dal 2010 fino ad oggi Sea Shepherd ha garantito un'instancabile presenza di volontari (i "Guardiani della Baia", tra cui alcuni italiani), per monitorare la situazione. Purtroppo, finché esisterà il business della cattività, non si fermerà il sangue di Taiji. Sicuramente, la decisione di JAZA rappresenta un duro colpo per i macellai e una splendida notizia per i delfini. Tuttavia, JAZA è un esempio che dovrà moltiplicarsi in altri paesi, per eliminare definitivamente la prigionia di tutti i mammiferi marini e convertire un'ignobile, diseducativa, crudele realtà, nel ricordo di un passato non ancora evoluto al principio della coesistenza.
E' tempo per gli assassini di Taiji di rendersi conto che questo è il 21° secolo, le culture che praticano rituali barbarici non trovano posto nel mondo migliore e meno cruento che vogliamo e dobbiamo creare, per proteggere le diversità animali e garantire un eco-sistema al nostro futuro.
Nella somma delle esperienze in Sea Shepherd, le va di raccontarci di una sua soddisfazione e di una frustrazione?Nonostante le lotte e gli sforzi comuni, è una grande frustrazione quando non riusciamo a salvare la vita a coloro che noi chiamiamo, "nostri clienti": ai Delfini di Taiji, le Balene in Antartica, gli Squali nel Parco Marino delle Galapagos, i Globicefali alle isole Fær Øer e ogni altra forma di vita nei nostri Oceani.
Nondimeno, la mia frustrazione è svanita quando (a 12 anni, appena), sono andato a denunciare l'uccisione illegale delle Balene, in una trasmissione di una radio locale, armato di passione e determinazione. E' completamente scomparsa il giorno in cui ho deciso d'agire attivamente in un processo di cambiamento (e l'ho fatto anche per me stesso), affianco a Sea Shepherd Italia e all'equipaggio della "Flotta di Nettuno", ottenendo la splendida vittoria per le balene, presso la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia (ICJ - International Court of Justice) che, il 31 marzo 2014, ha vincolato la propria decisione sul caso Australia contro Giappone, decretando che JARPA II, vale a dire, il Programma di caccia alle balene in Antartide perpetrata dal Giappone, non è a scopo di ricerca scientifica ma, mera baleneria commerciale mascherata, e notificando, quindi, che tutti i permessi rilasciati al Programma JARPA II, fossero revocati dopo 25 anni.
Qualora il Giappone tornasse in Antartide per uccidere, noi saremo lì ad aspettarlo e fermarlo. La frustrazione di quando ero bambino, rimarrà un vago ricordo come per le Balene, l'arpione insanguinato dell'industria umana di un passato frustrante.
Vi aspetto a bordo, per gli Oceani!
Si ringraziano Cristina Giusti e Sea Shepherd Italia.