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Fratelli pallavolisti d’Italia, l’Italia s’è desta. I giovani italiani crescono in un campionato che, pur essendo ancora tra i più belli e tecnici del mondo, non attira più i migliori stranieri in migrazione verso Paesi economicamente più redditizi. Poco male, visto che l’Italia del volley – soprattutto dopo il giro di vite sul numero degli stranieri contemporaneamente in campo: tre su sette in A1 e cinque su sette in A2 -, se ne sta giovando con l’ingrossamento delle file dei papabili per le Nazionali di ogni categoria. Tutto bello. Non fosse per il riadattamento necessario, almeno per un caso, dell’adagio tricolore di Mameli con un diverso gioco di parole: Opposti d’Italia, l’Italia non s’è desta. Se, infatti, giovani palleggiatori, giovani centrali, giovani schiacciatori e giovani liberi crescono, lo stesso non può dirsi degli opposti. Basta guardare il sestetto degli ultimi Europei d’argento per gli azzurri e quello della World Cup con il trentenne Michal Lasko a fare (ottimamente) da titolare. E’ vero che dietro Lasko c’è Giulio Sabbi, 22enne cresciuto nelle giovanili orogranata che sta facendo bene alla M.Roma di Andrea Giani dopo una ottima stagione in A2 con Isernia. Ma non è un caso che quando Mauro Berruto inserì Sabbi nel gruppo azzurro in pochi conoscevano il nome di questo ragazzo di Palestrina. E non è un caso (purtroppo) che Sabbi sia arrivato a conquistarsi un posto da titolare nell’A1 della M.Roma, soltanto in virtù del naufragare dell’asse del mercato estivo Treviso-Roma che prevedeva il trasferimento di Fei nella Capitale. Del resto a spulciare gli organici di A1 del campionato di pallavolo non si può certo tirare un sospiro di sollievo. Su quattordici squadre che fanno ventotto opposti di ruolo gli italiani sono soltanto sette: Alessandro Fei a Belluno, Giacomo Bellei a Modena, Mauro Gavotto a Monza, Stefano Giannotti a Padova, Stefano Moro a Ravenna, Damir Kosmina a Verona e Giulio Sabbi a Roma. Od otto, se si aggiunge al computo il cubano naturalizzato Angel Dennis e l’italo bulgaro Ventceslav Simeonov passati – per i ben soliti problemi di penuria – anche in azzurro. Inutile rimarcare che, dei sei opposti italiani di A1, due sono ultratrentenni e già passati in Nazionale (trentenne lo è anche l’altro azzurro Michal Lasko, oggi allo Jastrzębski Węgiel di Lorenzo Bernardi) e uno solo dei più giovani, appunto Giulio Sabbi, gioca titolare. Per il resto ci sono opposti che arrivano da ogni dove: dal Brasile (Vissotto) alla Grecia (Roumeliotis) passando per Polonia (Gruszka e Jarosz), Slovacchia (Bencz), Repubblica Dominicana (Caceres), Ungheria (Szabo), Stati Uniti (Troy), Belgio (Van Walle), Bulgaria (Nikolov), Serbia (Starovic e Sokolov), Slovenia (Gasparini), Repubblica Ceca (Stokr), Spagna (Falasca) e Olanda (Klapwisk). Tutta una questione di fisico? Sembrerebbe di sì a sentire, almeno, alcuni dei tecnici di A1. «Per un opposto occorre una struttura fisica di un certo tipo e in Italia la percentuale di gente oltre i due metri con la giusta struttura è molto bassa e i più alti piuttosto che a lavorare da opposto classico vengono dirottati al ruolo di centrali – fa osservare l’allenatore dell’Acqua Paradiso Monza, Emanuele Zanini, fino a qualche giorno fa ct della Slovacchia -. La questione fisico-strutturale non è seconda neppure negli altri ruoli, basti pensare ai nostri Nazionali Travica, Kovar, Zaytsev, Lasko che, non per caso, sono italiani figli di stranieri. Entrando, poi, nel merito dell’età ci ritroviamo ad affrontare una questione squisitamente italiana che non riguarda soltanto la pallavolo ma in generale una società dove si tende a considerare gli individui come giovani troppo a lungo». Di corporatura e costruzione tecnica parla anche Andrea Giani, allenatore della M.Roma che ha lanciato in A1 Giulio Sabbi. «Giulio ha un potenziale importante e con il lavoro fatto in Nazionale e in società ha fatto molti passi avanti. Per costruire tecnicamente un opposto si deve partire da una fisicità importante – afferma Giani, lui stesso opposto per un breve periodo durante la gestione azzurra di Bebeto -. In Italia ci sono giovani interessanti, oltre Sabbi c’è Vettori che sta crescendo. E’ naturale, però, che le società di A1 puntino agli stranieri: nell’alto livello è necessario avere un opposto che dia garanzie, ma in A2 si sta lavorando molto bene con il cambio di rotta che ha limitato a due gli stranieri da poter utilizzare contemporaneamente. Sono convinto che si sia innescato un meccanismo virtuoso che darà i suoi frutti perché dopo i nati nel 1981/1982 sono stati pochi gli opposti arrivati a giocare in A1. Detto questo è vero che quando c’è un campione gioca sempre». Magari partendo, appunto, dall’A2 dove, è vero, che le nuove norme hanno prodotto un cambiamento di rotta da parte delle società. Dietro Sabbi, la cui crescita è stata accelerata proprio dal ruolo di titolare in A2 a Isernia nel campionato 2010/11, ci sono altri giovani stabilmente titolari in squadre, però, che non ambiscono a disputare un campionato di alto livello: primo tra questi è Luca Vettori, opposto del Club Italia di Marco Bonitta, già Nazionale juniores e pre-juniores. Se, invece, si fa uno scanning nelle squadre che ambiscono a mettersi in lizza per il salto di categoria o si preoccupano di mantenere la categoria le cose cambiano con l’ingaggio di stranieri - l’olandese Van Dijk schiaccia a Sora, il bulgaro Uchikov a Molfetta, l’italo-cubano Padura Diaz a Corigliano, il belga Van Den Dries a Segrate – o di italiani di grande esperienza: il 36enne Giombini a Città di Castello, il 32enne Cazzaniga a Castellana, il 26enne Tamburo a Perugia, il 29enne Di Manno a Milano. «Quello dell’opposto è un ruolo molto importante nell’economia di una squadra che vuole puntare a un obiettivo – afferma Daniele Ricci, tecnico del Volley Segrate di A2 -. Ci sono pochi club disposti a scommettere sui giovani, ancora meno quelli disposti a scommettere su un giovane italiano, almeno in A1. Sono molto contento per Sabbi, che sarebbe piaciuto anche a me. Se ben sorretto avrà un buon futuro come Vettori. E indubbio che le nuove regole aiuteranno i giovani opposti italiani a crescere e a fare esperienza in un campionato come l’A2 che è una buona palestra». Un altro effetto positivo dei paletti ai tesseramenti degli stranieri sarà, dicono in coro i tecnici, il calmieramento dei prezzi di mercato. Il ritornello dei presidenti e dei direttori sportivi “Gli stranieri costano meno” che faceva arrivare in Italia molti giocatori mediocri, dovrebbe essere destinato a cambiare. «Ci sarà un effetto positivo con i prezzi che si abbasseranno per l’aumento dell’offerta», rimarca Giani che, come Zanini, sottolinea l’importanza «del lavoro sulla tecnica di base degli atleti e sulla necessità di uniformare le linee per la formazione degli allenatori giovanili». «Il ruolo di opposto non è assimilabile ad altri ruoli – argomenta Andrea Zorzi, ‘opposto’ per antonomasia -. E’ come il luogo dei paradossi: bisogna essere caldissimo e freddissimo, essere quello meno coinvolto nel gioco ma, allo stesso tempo, determinante. Sarebbe interessante capire quali sono le ragioni che impediscono agli opposti italiani di crescere. Ma in una cultura come quella italiana geneticamente tentata dal compromesso, refrattaria al coraggio e alla libera iniziativa, con la tendenza di rimanere sempre in un’area di sicurezza, forse la costruzione di un ruolo come questo è più faticosa». «L’opposto è inevitabilmente il giocatore più esposto alle critiche – conclude Zorro -. Spesso io ho avuto paura, crescendo ho imparato che era un’emozione che non mi era utile. Così ho tentato di limitare sia l’eccitazione sia la depressione alla ricerca di una stabilità emotiva che era la condizione migliore per affrontare la gara durante la quale bisogna lasciarsi andare all’istinto dimenticando, paradossalmente, tutta la costruzione delle azioni in allenamento». E se buon sangue non mente, qualcuno di questi consigli può tornare utile alla futura nuova generazione di opposti italiani.
Pubblicato (e qui leggermente aggiornato) su Pallavolo Supervolley di novembre 2011
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