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Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu processato nel febbraio del 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine), fu condannato a morte mediante fucilazione. Nello stesso anno la condanna fu commutata nel carcere a vita, anche su sollecito di Winston Churchill, che riteneva non "essere di nessuna utilità uccidere i leader di un nemico sconfitto". Nel 1948, dopo solo un anno, la pena fu ridotta a 21 anni di detenzione. Nel 1952 venne rilasciato per un presunto peggioramento delle sue condizioni di salute. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro in Germania Kesselring dichiarò che non aveva nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano erigergli un monumento per il suo operato durante i 18 mesi di occupazione, per la salvaguardia delle città d'arte come Roma e Firenze.
A queste affermazioni rispose il Partigiano e Padre Costituente Piero Calamandrei, con questa famosa epigrafe, dedicata a Duccio Galimberti, il cui testo venne posto inciso in una lapide ad ignominia di Kesselring e del nazismo. La lapide è presente nel'atrio del Palazzo comunale di Cuneo, successivamente fu affissa anche a Montepulciano, in località Sant'Agnese, a Sant'Anna di Stazzema, ad Aosta, all'ingresso delle cascate delle Marmore e a Borgo San Lorenzo, sull'antico palazzo del Podestà.
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«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione.» (Piero Calamandrei, 26 gennaio 1955, Discorso sulla Costituzione della Repubblica Italiana)
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«Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività resistere, resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del Piave.» Francesco Saverio Borrelli, 12 gennaio 2002, Relazione del Procuratore Generale di Milano all'inaugurazione dell'anno giudiziario.
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