Magazine Rugby
Tutto inutilmente bene insomma, come si confà a un organo burocratico graniticamente coeso. Mica come quei farfalloni di inglesi della RFU, ha ha ha, il cui Presidente s'è ritrovato defenestrato dopo aver nel giro di sei mesi nominato e rimosso manager (un manager? Uno che vorrebbe prender decisioni indipendenti e lo si dovrebbe pure pagare, ma che roba è?! Direbbe Dondi).
Il punto è proprio questo: nei consessi così granitici, dove tutti dan sempre ragione al Capo o al massimo stan zitti, si finisce per creder davvero d'aver sempre ragione. E vengon fuori le perle come quella riguardante i rapporti con Benetton Treviso. Riportiamo la parte di comunicato stampa:
"Il Consiglio Federale ha espresso unanime rammarico e preoccupazione in merito alla situazione venutasi a creare con la Società Benetton Rugby, caratterizzata da comportamenti e atteggiamenti nei confronti della Federazione Italiana Rugby (ricorsi, raccomandate etc.) che non appaiono conformi a quello spirito collaborativo necessario per il raggiungimento degli scopi che la partecipazione italiana al Rabodirect PRO12 esplicitamente si prefigge. Il Consiglio Federale confida comunque che il tentativo che sarà effettuato, in via ultimativa, per normalizzare la situazione – nel reciproco interesse e nel rispetto degli scopi e dei principi sanciti dallo stesso capitolato tecnico-sportivo – abbia esito positivo".
Sin qui arriva il cronista; noi che nulla dobbiamo o chiediamo al Palazzo del rugby, proviamo ad andar oltre, per orientare un minimo il dibattito.
Senza rivangar troppo la storia remota, i rapporti tra Fir e Benetton non sono mai stati splendidi. Non è (solo) questione di rapporti personali: dipende da come è costruita ed eletta la rappresentativa federale. La Società Benetton Rugby è forse troppo diversa da tutte le altre in termini di dote ed obiettivi (paragonabile fu solo il Milan-Mediolanum dei tempi del piano "polisportiva d'alto livello"). Per gli stessi motivi non furono mai eccelsi neppure i rapporti tra Benetton e la fu Lire, la Lega delle società di rugby Pro, purtroppo per i destini di tutto il rugby italiano (forse oggi Treviso se ne pente, chissà).
Il punto più basso della storia dei rapporti Benetton-Fir fu la clamorosa farsa della nomina delle franchigie italiane candidate alla Celtic League: un voto tutto politichetta e ripicche in Consiglio Federale escluse clamorosamente il club italiano più titolato negli ultimi dieci anni, favorendo un abbozzo di progetto chiaramente inconsistente, in nome della "lezione" da affibbiare ai superbi, ai non allineati; salvo esser costretti poi dalle nude cifre a far retromarcia. A proposito di Rfu, altrove si danno le dimissioni per molto, molto meno.
Tra l'altro va rimarcato che l'atteggiamento tenuto dalla Benetton prima che i fatti gli dessero ragione, fu ammirevolmente sottotraccia, in stile orientale "attesa che il cadavere del nemico passi lungo il fiume".
Treviso disputò una prima stagione Celtica più che discreta - stadio pieno, casa ben difesa, punti e successi importanti; la cosa piacque fino a un certo punto in Fir, alle prese con la "crisi Mallett" e la consapevolezza crescente che gli obiettivi Mondiali sarebbero sfuggiti ancora una volta. Vincenti da una parte, perdenti dall'altra? Non va bene! La discrasia provocò alcune stizzite e poco meditate reazioni del Presidentissimo Fir, ad esempio in occasione della vittoria di Treviso contro Munster, fino alla brutale esternazione programmatica: "la presenza delle italiane in Celtic League deve essere finalizzata a migliorare la Nazionale, altrimenti che ci siamo andati a fare".
E' un molto miope distinguo tra successi di club nazionali impegnati contro rappresentative straniere - bollati come irrilevanti - e quelli della nazionale. Non serve un Master in gestione aziendale per capire che il successo di una Unit nel suo specifico task (la Benetton che vincesse la Celtic nel nostro esempio) è funzionale al successo della intera Corporate; è l'esempio irlandese, una federazione che ha costruito i successi nazionali DOPO aver pianificato come vincere Lega e Coppe con le sue franchigie (con quanti stranieri? Problemi degli sponsor è la risposta: la Union pensa a investire nelle scuole!). Il fine è sviluppare mentalità vincente: proprio quel che manca all'Italia. Molto, molto più delle aperture: non ci vuol tanto a capire che se dipendesse solo dal disporre di giocatori impegnati in campionati di alto livello, avremmo già vinto il Sei Nazioni da tre, quattro anni.
Incomunicabilità e allineamento gerarchico spacciate per collaborazione: robe da ministero.
Ultimamente, prima dell'inizio della seconda stagione celtica e in barba a programmi e situazioni pregresse, la faccenda si aggrava: la Fir impone unilateralmente limitazioni anacronistiche e difficili da accertare riguardanti numero di stranieri in campo; ne sorge un contenzioso (le prime diffide della stagione non le ha spedite Treviso alla Fir ma viceversa). Vengono anche presi altri provvedimenti ancor più restrittivi per le stagioni successive, senza tener conto degli impegni contrattuali in essere, presi da una società come la Benetton, che ha sempre tenuto una precisa strategia di affidabilità e stabilità coi giocatori, a maggior ragione se stranieri.
Dopo che la Fir ha passaportato per anni e senza vergogna tutti gli argentini e australiani che i vari coach nazionali richiedevano, siamo al solito oppio demagogico: "la nazionale non ha aperture perchè i club fan giocare gli stranieri". Campioni si diventa non per esposizione ai raggi della Kriptonyte celtica, come il buon senso di un commentatore riassume: "se non abbiamo nr.10 è perchè i vivai non li hanno sfornati, non perchè quelli scarsi non giocano in prima squadra". Di più, se avessi 18 anni, sarei più motivato a potermi allenare con Jonny Wilkinson che con Riccardo Bocchino (senza nulla togliere).
La Benetton ha impugnato tali provvedimenti calati dall'alto, proprio in nome della collaborazione, si potrebbe legittimamente affermare: certe decisioni andrebbero prese assieme.
Ora la Fir manda il suo avviso "in via ultimativa": arrendetevi e sarete regolarmente processati, par dire. Si ma, altrimenti che succederebbe, vien da domarsi? In Fir si "rammaricherebbero" ancor di più?
Di fatto Aironi e Treviso sono si franchigie indicate dalla Fir per la "partecipazione italiana" alla Celtic League, ma Benetton è prima di tutto un club indipendente. Oltretutto le due franchigie sono nel Pro12 in quanto esplicitamente ed individualmente approvate dal Board Celtico, e a rigore solo il Board e non certo la Fir ha il potere di escluderle o limitarle da qui alla stagione 2013/14, quando scadrà il contratto. Quindi se per assurdo la dirigenza Benetton si mettesse di traverso, che potrebbe fare la Fir?
Treviso può anche legittimamente sostenere che essa partecipa alla Celtic sulla base degli impegni originariamente presi con la Fir, in cui ulteriori vincoli e paletti sugli stranieri non erano menzionati. Senza poi entrare nel merito dei trasferimenti di soldi promessi, altro tema su cui sospettiamo sia la Fir la parte inadempiente ...
Alla fine insomma siamo convinti che una quadra la troveranno, perché ci pare convenga prima di tutto alla Federazione. Il presidente Amerino Zatta, da bravo veneto sarà più che felice di rimangiarsi ricorsi e raccomandate (anche se non è stata la Benetton la prima a inviarle), consentendo alla Fir di salvare la faccia. Benetton si sottometterà ben volentieri al nuovo mantra "ora et collabora", se i federali sapranno scendere intelligentemente a più miti consigli sui fatti concreti: niente più diffide se DeWaal e Dingo sono assieme in campo, limiti più furbi e moderni sugli stranieri impiegabili, rispetto dei contratti in essere, sgancio dei danè promessi. In sintesi, sottomissione formale in cambio di autonomia gestionale e rispetto.
Speriamo succeda, non solo per Treviso ma anche e soprattutto per la nazionale: "andare ai materassi", come si diceva ai tempi del Padrino, col club maggior contributore alla nazionale, non sarebbe un bel regalo di benvenuto per Jacques Brunel. Gli Aironi, purtroppo distratti da altri problemi di consistenza tecnica, rimangono interessati all'ascolto.
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