Ci sono due scuole di pensiero.
La prima dice: faccio le verifiche il giorno prima delle vacanze così poi me le porto a casa e me le correggo con calma.
La seconda dice: faccio le verifiche dieci giorni prima delle vacanze così poi le correggo subito e in vacanza non faccio più niente.
Io sono della seconda scuola. È solo che le verifiche non è che sempre le puoi fare quando ti pare e piace. A volte, spesso, le verifiche le fai quando è il momento. A me il momento, quest’anno, è venuto appena prima delle vacanze di Natale. È anche vero che, il giorno dopo la verifica, che era anche il giorno prima delle vacanze, i virgulti mi hanno subito chiesto: ha le verifiche? Ora, attenti, per chi a scuola non va più da un pezzo, cioè tutti voi, miei anziani lettori, va detto: uno, che le verifiche son i vecchi compiti in classe, e non stiamo qui a disquisire sui cambiamenti nella scuola che riguardano soltanto il modo di chiamare le cose, ma una rosa è una rosa uguale eccetera; due (va detto ancora), che quando la domanda è: “ha le verifiche?”, si intenda correttamente come se la domanda fosse: “ha le verifiche corrette?”, il che significa, in ultima analisi: “ha i voti?”.
Sì, perché, in realtà, della correzione che uno (prof) fa, non potrebbe fregargliene di meno, ai virgulti. Ancora ancora all’inizio, quando li vedevi lì tutti chinati a guardare le sottolineature e i cerchi e pensavi: va’ che classe, però, è la prima che mi capita che si interessa delle correzioni.
Invece no, la classe si interessa soltanto del numero di errori segnati da confrontare con il numero di errori del compagno di banco e di quella dietro, per confrontarli con la percentuale e per confrontarli col voto. Amen. Ché dopo tutto quel guardare e confrontare, l’unica domanda che saltava fuori era: ma quanto ci voleva per la sufficienza? E una (prof) rispondeva: ci voleva il 72%. E quello: ah, ma io ho preso il 71%, non poteva darmi sei? Così che saltava su quello che diceva: eh, ma io, allora, che ho preso il 70%, non può darmi sei anche a me, che son vicino al 71, che già gli ha dato sei? E allora saltava su quello del 69% a dire: eh, ma se dà sei a quello del 70%, deve dare sei anche a me. E via e via, fino a quando arrivate a dare sei a quello che ha fatto il 3% (che di solito erano Alexmessomalex o Chicca).
A questo punto anche i più scemi capiscono che c’è un limite alla sufficienza, e si torna a dare sei a quello del 72% e gli altri si attaccano e amen di nuovo.
Per dire che tutta la vostra spiegazione del perché Napoleone non poteva essere contemporaneamente in Russia e in Egitto nell’anno della sua morte, ecco, quello chissenefrega. L’importante era il voto. L’importante è il voto.
Ma questa era una divagazione per dire che, alla fine, le verifiche, quando arrivano arrivano, proprio come il Natale, e ventisei compiti in classe di italiano (detti volgarmente: tema) non è che uno riesce sempre a correggerli in un pomeriggio e a portarli il giorno dopo (corretti, col voto), e così capita che una sia qui a pensare che: cinque giorni di vacanza sono già passati (invano, dal punto di vista delle verifiche); io non volevo le verifiche da correggere durante la pausa natalizia, e invece ce le ho; invece di correggere, sono qui a spiegare che preferirei non correggere (e anche qui, c’è da pensarci su); oltre alle verifiche, siccome ero in pausa natalizia, mi sono portata a casa un pacco di quadernoni di geografia, quattro temi (per ventisei alunni) da correggere, temi di compiti dati a casa, chissà come saranno fatti bene, e altre cose leggere e vaganti. Sempre da correggere. Nel frattempo, credo preparerò tutte le schede per Bacon, da qui a giugno; le lezioni differenziate per Cin-Ciu-é; quelle per Mamèd, fratello di Amèd; quelle per Tremalnàic e per la perla di Labuan. Che i miei vecchi lettori stanno già pensando: inutile che fai l’elenco, tanto le lezioni differenziate son lezioni diffrenziate per tutti. Ecco, bravi, è solo che la differenziata per Mamèd deve essere differente dalla differenziata per Ciun-Ciu-é: Mamèd capisce cinquantotto parole italiane, Cin-Ciù-é ne capisce quattro (e non contiamo la cara Lucchetta, che ne capisce due). Comunque.
Prima di tutto ciò, meglio che mi vesta e mi copra bene, ché devo andare a prendere il pane e il giornale per mia madre e pagare le bollette per mia sorella, ché tanto sono a casa quindici giorni a fare una beata mazza, puoi, per favore?