Simbolismo
L’orchidea si presenta come un fiore dal profumo dolcemente seducente, dal fascino misterioso dettato da una rara bellezza, davvero unico per eleganza e senso di regalità, simbolo di armonia perfetta per la sua simmetria con lo stelo e le foglie. Ineguagliabile per l’ampia gamma di varietà (mille generi e oltre 22 mila specie) esistenti, è studiata e coltivata da centinaia di associazioni e club in tutto il mondo. Mentre in Cina simboleggia raffinatezza, cultura, ma anche purezza come l'innocenza dei bambini, in Occidente è sempre stata considerata un messaggio universale destinato alla persona più preziosa nella propria vita a testimonianza di un sentimento duraturo nel tempo. Per tradizione, infatti, l'orchidea di colore rosa, che significa affetto e amore, viene designata come il fiore adatto al 14° anniversario di matrimonio, simbolo di affetto e di amore mentre, per la ricorrenza del 28°, l’opzione preferita è la Cymbidium, nelle tonalità pastello giallo, crema, rosa. Con la loro aurea romantica, rappresenta comunque un regalo perfetto per la donna che ha conquistato il cuore di un uomo innamorato. Le bellissime e profumate Cattleya – scelta popolare tra le spose occidentali durante anni '40 e '50 – sono invece per lo più considerate adatte al fascino che si acquista con l’avanzare dell’età e, quindi, spesso sono portate in bouquet in occasione della ‘Festa della mamma’. E’ eletta a simbolo d’amore per le sue sorprendenti capacità di crescere quasi ovunque – in tutti i continenti, eccetto che in Antartide, pressoché in ogni clima – riuscendo fiorire in qualsiasi condizione. Nella teologia cristiana, le macchie su questo fiore rappresentano il sangue di Cristo, motivo per cui addobbano l'altare come decorazione nelle chiese a Pasqua e a Natale. Le misteriose orchidee nere, in realtà marrone scuro – dai poteri magici nella stregoneria, nelle leggende e nei miti spettrali – simboleggianti potere e autorità assoluta, sono perfette sia per complimentarsi con un uomo per il suo lavoro, sia come centrotavola di classe insieme a rose o gigli bianchi, magari aggiungendo anche una sfumatura in lavanda e rosa pallido. Ma, quale presente di gran classe da scegliere tra un’infinità incredibile di forme e di colori simili agli schizzi dei colori di un arcobaleno, al giorno d’oggi sono preferite in svariate occasioni – matrimoni, feste, eventi di alto livello – in segno di augurio, di saluto, di ringraziamento, di congratulazioni.
Miti e storia
Giapponesi e cinesi scrissero e raffigurarono le orchidee all’incirca nel 700 a.C., mentre Confucio ne esaltò bellezza e profumi tra il VI a.C. e il V secolo a.C., ma sono sempre state apprezzate e presenti nelle tradizioni di numerosi popoli come simbolo della bellezza e dell’amore. Miti e leggende derivarono in gran parte dalla denominazione stessa del genere della pianta – ‘orchis’ in greco significa ‘testicolo’, in riferimento alle radici a tubero rotondeggiante delle specie terrestri – a partire dagli antichi Greci con la trasformazione pietosa in orchidea, per intervento degli dei dell’Olimpo, della salma del bellissimo e passionale Orchis, figlio di un satiro e una ninfa, dato in pasto a belve feroci quale punizione per aver osato corteggiare una sacerdotessa. Da qui si moltiplicarono le credenze popolari sui poteri afrodisiaci dell’orchidea, a proposito della quale per la prima volta scrisse il filosofo e botanico greco Teofrasto (371 a.C.-287 a.C.) nell’opera di botanica ‘De Historia Plantarum’. Lo confermò il medico farmacista greco Dioscoride (40-90 circa) nel trattato ‘De Materia Medica’ precisando che un uomo, cibandosi di grossi rizomi di orchidea, avrebbe generato un maschio, mentre quelle piccole avrebbero indotto una donna a concepire una femmina. Nel Medioevo, a livello popolare si continuò a preparare bevande e cibi afrodisiaci, filtri ed elisir d’amore e di giovinezza. Ingrediente secondario per pozioni di magia nera e di stregoneria, è invece ancora commercializzato, in Oriente, sottoforma di polvere essiccata (‘salep’) come ricostituente ed energizzante generale.
Tra il XIV e il XVI secolo, la Vanilla Orchid – in seguito diventata una delle più famose – che cresceva selvaggia nella parte del Messico dove erano stanziati gli antichi Aztechi, era considerata come simbolo di forza e, quindi, bevuta mescolata con la cioccolata per accrescere il potere.
In epoca vittoriana, i britannici adottarono l'orchidea come segno di classe, di lusso e di prestigio riservato ai più abbienti, in gran parte perché rappresentavano l'esotico Oriente, erano di difficile reperibilità – provenivano da climi tropicali umidi – e la loro coltivazione richiedeva cure particolari in serre, ma ne favorirono la diffusione e la popolarità in tutto il mondo. E quando, nel 1818, il collezionista di orchidee William Cattley ottenne la fioritura di una delle sue piante – la Cattleya o orchidea brasiliana in suo onore – in Inghilterra, iniziò la diffusione collettiva. Ma la moda di coltivare orchidee come hobby iniziò da quando William George Spencer Cavendish (1790-1858), il duca di Devonshire sesto, si appassionò a tal punto da rendere i suoi giardini di risonanza mondiale. Fece costruire serre riscaldate per accumulare costantemente piante tropicali e orchidee rare portate dall’estero dalle spedizioni inviate e, nel giro di dieci anni, la sua collezione diventò la più famosa in Inghilterra. Assumendo questo modello, l'orchidea diventò lo status symbol dei ricchi e dei proprietari terrieri.
Cultura
Un'orchidea tra i capelli di ‘Olympia’, la prostituta rappresentata dal pittore francese Edouard Manet nel 1863, rafforzava la sessualità (per via dei poteri afrodisiaci) in questa nudità impudica, sicura di sé, sdraiata su un letto come una dea. Un’orchidea esotica era raffigurata, in primo piano, nell’olio ‘Cattleya Orchid and Three Brazilian Hummingbirds’ dipinto da Martin Johnson Heade (1819-1904), pittore americano famoso per ritratti di uccelli tropicali, nature morte, paesaggi palustri e marine. I disegni del fiore più sofisticato contraddistinguono invece vasi e lampade in vetro colorato di Emile Gallé (1846-1904), uno tra i più importanti artefici dell’art nouveau nell’arte applicata.
Pastelli delicati di gigantesche orchidee in primo piano, eccezionali e coinvolgenti, contraddistinsero il lavoro artistico dell’americana Georgia O'Keeffe (1887-1986), cresciuta nelle zone rurali del Wisconsin. Non erano illustrazioni botaniche ma emozioni personali espresse con un particolarissimo stile visionario. Pittrice rivoluzionaria, è annoverata tra gli artisti più influenti e innovativi del XX secolo ed è stata la prima artista donna ad essere invitata per una mostra personale al Museum d'Arte Moderna di New York. Indimenticabili rimangono anche le fotografie in bianco e nero e a colori scattate dal fotografo statunitense Robert Mapplethorpe (1946-1889) – famoso per i nudi statuari maschili e femminili, le nature morte dei fiori, i ritratti di artisti e celebrità – icone che suggeriscono delicatezza e dignità, evocando la qualità vellutata e palpabile del fiore.
L’orchidea – come metafora e simbolo di sensualità ed erotismo – ricorre in più pagine del romanzo ‘Alla ricerca del tempo perduto’ scritto tra il 1908 e il 1922 dallo scrittore francese Marcel Proust (1871-1922) e pubblicato tra il 1908 e il 1922. E’ il simbolo della passione di Swann per Odette e la raffinata specie Cattleya, da lei preferita, diventa un codice segreto a preludio di un rapporto intimo tra i due amanti mentre, in un altro episodio, l’orchidea diventa una metafora erotica omosessuale.
Gabriele D’Annunzio – nel romanzo ‘Il Piacere’ (1889) – descrisse un’orchidea ‘che sembrava tutta macchiata di sangue’, che provocò la ‘repulsione’ quale fiore ‘diabolico’ da parte dell’amante del dandy Andrea Sperelli, che invece sottolineò quanto diventasse 'simbolico’ tra le mani di lei per la bellezza sensuale. Nel ‘Manifesto futurista’ (1917), Marinetti immaginò la ‘danza mitragliatrice’ di ‘una grande orchidea bianca e rossa tra le labbra’ di una ballerina in movimento come la canna di un’arma che sta sparando. Rare orchidee venivano invece coltivate con passione meticolosa a New York, nella serra sul giardino pensile della propria abitazione elegante, dall’investigatore privato Nero Wolfe. Il raffinato omone buongustaio inventato nel 1934 dallo statunitense Rex Stout (1886-1975) – scrittore di polizieschi adattati in versioni di successo per la radio, la televisione e il cinema – fu il protagonista di 33 romanzi e 39 romanzi brevi tra gli anni ’30 e il ’70. Uno di questi fu intitolato ‘Orchidee nere’ (1941). Il ‘fiore mostruoso’ veniva lasciato come quale biglietto da visita accanto ai cadaveri di tre donne assassinate nel romanzo noir ‘Il mistero delle tre orchidee’ (1942) scritto da Augusto De Angelis (1888-1934).
Le orchidee ispirarono anche una folta schiera di pellicole cinematografiche a partire dal melodramma intitolato ‘Orchidea Nera’ (1958, regia di Martin Ritt) in cui la protagonista era una fioraia (Sofia Loren, che vinse il premio come migliore attrice al Festival di Venezia), giovane vedova di un gangster della quale si innamorò un anziano vedovo italo-americano (Anthony Quinn).
Storie di bande si intrecciavano nel film ‘L’enigma dell’orchidea rossa’ (1962, regia di Helmut Ashley), tratto dal romanzo ‘When the gangs came to London’ (1932), pubblicato con il titolo ‘Spavento sulla metropoli’ (1935), scritto dal prolifico giallista inglese Edgar Wallace (1875-1932). Gangster, tra un rapimento e l’amore, erano al centro della trama della bellissima pellicola ‘Niente Orchidee per miss Blandish’ (‘Grissom Gang’, 1971, regia di Robert Aldrich), tratto dal romanzo di grande successo (1939) scritto da James Hadley Chase (1906-1985), pseudonimo di Renè Brabazon Raymond.
Nel film francese ‘Un'Orchidea Rosso Sangue’ (1975, regia di Patrice Chereau), una serie di vicende drammatiche toccavano a Claire, figlia di Miss Blandish (l'Orchidea), erede controversa di una fortuna favolosa. Nella commedia erotica ‘Orchidea Selvaggia’ (1990, regia di Zalman King), un potente uomo d'affari sudamericano (Mickey Rourke) era catturato dal fascino della bellissima assistente (Carrè Otis) di una manager con cui era in trattative per un prestigioso contratto d’affari. Charlie Kaufman, sceneggiatore del fim ‘Il Ladro di Orchidee’ (2002, regia di Sike Jonze), adattò il libro dal titolo omonimo scritto da Susan Orlean (2000) per sviluppare una vicenda drammatica attorno a un collezionista che rubava i fiori in questione. Tra scene di avventura e di horror, in ‘Anaconda: Alla ricerca dell'orchidea maledetta (Anaconda 2, 2004, regia di Dwight H. Little), una spedizione scientifica raggiungeva la giungla del Borneo per trovare l'Orchidea maledetta', un rarissimo esemplare prodigioso per garantire eterna giovinezza.