È finalmente uscito in edicola il primo numero di Orfani, l’ultima fatica dello sceneggiatore Roberto Recchioni e del disegnatore Emiliano Mammucari, una miniserie post-apocalittica che sarà strutturata (per ora) in due “stagioni” di 12 numeri ciascuna.
Si tratta probabilmente di uno dei fumetti italiani di cui più si è discusso prima ancora che uscisse, non solo perché è la prima miniserie Bonelli interamente a colori (e che colori!), ma anche per l’incredibile budget stanziato dalla casa editrice per il suo sviluppo: 1 milione e 200mila euro per la prima parte, che arriverà a raggiungere un totale di tre milioni una volta ultimata la seconda parte. Non solo: prima ancora che uscisse questo numero 1, la casa editrice Bao Publishing ha annunciato la ristampa quasi immediata delle storie in volumetti di lusso da collezionisti, sul modello degli HC americani.
Insomma, parliamo di un’opera che si è già guadagnata una certa fiducia quantomeno tra gli addetti al lavoro, in virtù anche della fama dei suoi creatori, ma anche di un’opera che punta a ripensare l’approccio tradizionale al fumetto italiano popolare che finora ha caratterizzato Bonelli. Ce la farà? Non ce la farà?
In primo piano, l’approccio tradizionale
Per quanto si vede da questo primo numero (e volendo anche dal numero zero), le premesse ci sono tutte.
La trama non brilla forse per originalità ed è netta (e dichiarata) l’influenza di numerose altre opere, due su tutte Fanteria dello spazio di Robert A. Heinlein e Il Signore delle mosche di William Golding. All’indomani di una catastrofe planetaria causata (apparentemente) da un attacco alieno, alcuni dei ragazzini sopravvissuti, rimasti senza genitori, vengono scelti per affrontare il nemico che viene dallo spazio. Saranno sottoposti a prove sfiancanti e duri allenamenti. I sopravvissuti, anni dopo, andranno a formare gli Orfani, una squadra di soldati che spiccano tra gli altri per abilità e risolutezza, delle macchine da guerra il cui unico scopo è ammassare cadaveri.
«Noi non facciamo arte. Noi facciamo cadaveri»
Narrativamente parlando, però, funziona praticamente tutto: il ritmo, i dialoghi (a volte splendidamente badass), l’utilizzo sapiente e non fastidioso dei topoi del genere. I personaggi sono introdotti senza troppo svelare allo spettatore e l’escamotage del “salto temporale” tra la prima e la seconda parte mantiene viva l’attenzione e incuriosisce (oltre a delineare quello che sarà lo schema portante di tutta la prima stagione della miniserie).
Sui disegni e sui colori, c’è ancora meno da obbiettare: splendidi, e basta. Dispiace solo vederli stretti nel misero formato da edicola Bonelli: sarebbero stati da Dio in un albo di maggiori dimensioni, all’americana o addirittura alla francese. Da questo punto di vista, aspetto con curiosità i dettagli tecnici dell’edizione Bao.
Insomma, Orfani con questo primo numero sembra essere partito nel modo giusto, e chi ha già avuto modo di leggere il secondo ne dice un gran bene. Per ora non si grida chiaramente al capolavoro, ma per quello abbiamo un paio di anni di tempo. Nel frattempo, godiamoci la lettura.
#Trivia
Il titolo di questo numero 1 di Orfani, Giovani spaventati guerrieri, è chiaramente un omaggio al romanzo di Stefano Benni Comici Spaventati Guerrieri. Scegliere il titolo dell’episodio parafrasando quello di un libro è stato una specie di gesto scaramantico: lo stesso staff di Orfani #1 (Recchioni sceneggiatore, Mammucari disegnatore e Massimo Carnevale copertinista) aveva curato il numero 1 della serie John Doe, il cui titolo era La morte, l’universo e tutto quanto, parafrasi del celebre La vita, l’universo e tutto quanto di Douglas Adams. Visto il successo e la longevità di John Doe, agli autori è sembrato che utilizzare lo stesso sistema sarebbe stato di buon auspicio.Per questa e altre curiosità su Orfani #1, vi rimando al post di approfondimento scritto da Roberto Recchioni stesso sul suo blog. Attenzione però: ci sono alcuni spoiler, quindi vi conviene leggerlo solo dopo aver recuperato l’albo.