C'è una vera e propria cerchia di accanite fan attorno all'aurea storica di Jane Austen, le Janeites. Ragazze e donne che si identificano con le eroine piene di ironia e di slancio protagoniste dei suoi romanzi, compendi dello snobismo inglese, delle tradizioni di un tempo e dell'umorismo spesso implicito all'interno delle famiglie.
Io no, io, fin dagli anni del liceo, le ho preferito le più malinconiche sorelle Brontë, e a testimoniarlo c'è il fatto che posso ancora citare a memoria a distanza di anni Cime Tempestose.
La Austen, invece, non l'ho mai approfondita, studiata in letteratura inglese, letta qua e là ma, da ribelle e poco incline al romanticismo dei battibecchi, l'ho accantonata.

Il bisogno estivo di una commedia ben fatta, mi ha però permesso di affrontare finalmente il film numero uno -esclusi quelli per la TV e i cortometraggi- di Joe Wright, che ha saputo incantarmi e (almeno con il primo) devastarmi con Espiazione e Anna Karenina.
E sono andata decisamente a colpo sicuro, perchè la trama, che ricalca passo passo il romanzo, citando fedelmente i dialoghi, è di quelle leggere mentre la regia è di quelle ricche di stile, che dalla ricostruzione ai costumi, dalla fotografia alla colonna sonora, dimostra tutta la sua abilità.
Nel suo primo sodalizio con Keira Knightley, Wright dà quindi sfoggio della sua maestria, affidandole il non facile compito di incarnare l'altezzosa ma intelligente Elizabeth Bennet, che con il suo fascino riesce a conquistare anche il freddo cuore del Signor Darcy (diventato emblema dell'uomo impossibile da desiderare), non prima però di aver dato sfoggio di tutta la sua sagacia e della sua abilità oratoria, fatta di frecciatine ben appuntite e litigi che fanno battere i cuori dei più romantici.

Visto quindi che, nel frattempo, una romanticona lo sono diventata, l'amore per la Austen è iniziato a sbocciare, ma sarei piuttosto ipocrita se non dicessi che il gran merito va tutto alla trasposizione fatta del romanzo, che su carta mi avrebbe incantato molto meno.
Certo, i dialoghi e le parole qui contano quasi più dei gesti, i personaggi secondari, seppur molto (e volutamente) caricaturali sono delineati e interpretati come si deve (si notino la quasi emergente Carey Mulligan, Judi Dench e Donald Sutherland tra gli altri), ma la regia di Wright è di quelle sopraffine.
I suoi numerosi piani sequenza deliziano lo sguardo, così come i suoi carrelli, che vanno a incorniciare o a scoprire tenute inglesi da sogno, e la riprova la si ha nelle feste, che siano quelle affollate e popolari dove ci si scatena con la danza, che quelle più posate ed eleganti in casa Bingley.
Il risultato è così una perfetta commistione tra lo stile ironico che si prende gioco degli inglesi dell'autrice e quello sofisticato e sognante del regista, che si lascia andare anche ad un suggestivo contro sole nel finale, che non può che emozionare i cuori di panna come il mio.

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