Poesia e fotografia: un connubio di arti che una casa editrice («minuscola!» dice la sua fondatrice, Matilde Vittoria Laricchia) ha sposato e persegue, in netta controtendenza col resto del mondo. Cosa muove Origini edizioni? Pazzia, direbbero alcuni; passione, risponderebbero altri.
Incuriosita da questo dilemma e attratta dall’indubbia grazia estetica dei libri da loro prodotti, ne ho intervistato la fondatrice e poetessa.
Da cosa nasce la casa editrice Origini?
Origini nasce dall’esperienza di un fotografo e pittore, Valentino Barachini, appassionato realizzatore da anni di prototipi di libri d’artista, e dall’incontro con la mia poesia, nel 2012. Proprio nel 2012 abbiamo realizzato il primo libro insieme – “Non ci sono foto ma qualcosa è rimasto”-, contenente parte delle poesie della mia prima raccolta, sulla base del progetto grafico, fotografie e realizzazione artigianale di Barachini. Ne abbiamo prodotte 30 copie e sono state vendute in un soffio.
Da quel momento abbiamo deciso di approfondire il lavoro di fusione tra poesia e immagine, sulla base della poetica del ritorno all’artigianalità e della ricerca filosofica delle origini dell’uomo.
Nel 2014 abbiamo deciso di fondare la casa editrice di libri d’artista Origini edizioni. Tengo a precisare che siamo minuscoli… Valentino è il direttore artistico – nonché realizzatore materiale dei libri – e io mi occupo della direzione editoriale, del copywriting e della scelta degli autori. Ci avvaliamo della preziosa collaborazione del traduttore per l’inglese Massimiliano Barachini, e degli interventi dei poeti, artisti e fotografi che di volta in volta scegliamo e con cui mandiamo avanti i progetti.
Mi ha colpito molto questa frase nella presentazione di Origini edizioni: «Ci ispira di più Ungaretti che Pavese». Me la spiegheresti meglio, svelandomi la filosofia che sta alla base di Origini?
La filosofia di Origini edizioni è legata al concetto di poesia come parente strettissima dell’immagine, come se le due discipline (poesia e fotografia) parlassero tra loro in termini olfattivi, di rimandi quasi istintivi.
La nostra ricerca non è mai descrittiva né didascalica: cerchiamo interpretazioni e accostamenti figurativi alla parola inusitati e “altri” rispetto a quanto viene suggerito in modo immediato dalla parola. Ed è proprio la concezione ungarettiana, se vogliamo parlare dei grandi poeti italiani del Novecento, che ci consente di realizzare questo progetto interpretativo: il verso che apre mondi d’immagini e d’interpretazione. Pavese, invece, descrive luoghi, persone, situazioni in modo inconfutabile ed è, anche in poesia, un potente prosatore. Non riusciremmo ad accostare immagini ai suoi versi senza risultare didascalici.
C’è qualcosa che pensi non pubblicherete mai e qualcosa vi piacerebbe aver pubblicato?
Non pubblicheremo mai facendoci pagare. Non pubblicheremo mai senza aver sposato e creato il progetto artistico sul testo. Non pubblicheremo mai qualcosa che crediamo non abbia spessore, profondità umana. Ci piacerebbe aver pubblicato Emily Dickinson, per primi, nell’Ottocento.
In Italia siete molto poco distribuiti, ma avete numerosi contatti anche all’estero. Scelta o necessità?
I libri d’artista rientrano in un mercato di nicchia che in Europa funziona moltissimo e stuzzica i collezionisti d’arte di tutto il Mondo. Purtroppo in Italia quest’interesse non è diffuso. La distribuzione unicamente all’estero non è una scelta, quindi. Da qui, la necessità di tradurre in inglese ciascuno dei nostri testi. Ci piacerebbe molto contribuire alla diffusione di questo tipo di pubblicazioni nel nostro Paese.
Pubblicate libri poetici a tutto tondo, una direzione contraria al resto del mondo editoriale, visto che esistono sempre meno case editrici che si dedicano alla poesia (se ne parlava giusto qui) e men che meno sugli emergenti, se non quelle a pagamento; nonostante questo, credo che sia nell’aria un certo risveglio, soprattutto negli ambienti più indipendenti e outsider, legato a manifestazioni spontanee e a situazioni urbane, pubbliche e collettive. Cosa ne pensi al riguardo?
La poesia contemporanea affermata ha poco mercato, quella giovane o emergente ha uno spazio editoriale di qualità veramente risicato. Da qui l’idea di Origini di creare la collana di poesia “Parole”, che dia a poeti giovani ma che già godono di un’attenzione critica di rilievo, l’opportunità di un’edizione d’arte, dove la poesia sia accompagnata e non sopraffatta dall’immagine. Purtroppo la carenza d’interesse del pubblico e, di conseguenza degli editori, nei confronti della poesia si manifesta nella pessima qualità “dell’oggetto libro” delle raccolte che si trovano in giro: poeti meritevoli ma sconosciuti, autori magari di bellissime raccolte, costretti al compromesso della pessima copertina e infima qualità grafica pur di essere pubblicati. E spesso, purtroppo, a pagamento. Si fa fatica a comprare libri che si presentano “brutti”. Noi di Origini pensiamo che nel libro anche la forma sia essenziale, al pari della sostanza: il libro rappresenta in toto la persona dell’autore. E compito dell’editore è anche quello di realizzare un libro in cui l’autore e la sua opera possano riconoscersi, che li rappresentino.
Quali sono i progetti futuri e di sviluppo di Origini?
Stiamo realizzando libri fotografici, con attenzione a tecniche di sviluppo fotografico molto particolari (la fotoincisione, per esempio); stiamo pensando ai prossimi numeri della collana “Parole” e alle prossime collaborazioni che ci piacerebbe realizzare. In più abbiamo la nuova sede di Origini da sistemare e arredare!
Beh, dopo questa bella chiacchierata, di una cosa sono certa: no,gli editori di Origini non sono pazzi.