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#OrizzonteLibri – ottobre

Creato il 15 ottobre 2015 da Patrickc
#OrizzonteLibri – ottobreI due libri di viaggio che ho letto nell'ultimo mese portano in Islanda e in Nuova Zelanda. E poi ne ho letto un altro che parla di viaggi e basta. E infine ci sono anche due guide.

1. Tutta la solitudine che meritate, di Claudio Giunta e Giovanna Silva

(...) e vi ricorderete di quando da bambini, sul sedile posteriore dell'auto di famiglia, non volevate arrivare mai: vi ricorderete che il semplice andare dal luogo A al luogo B può essere un fine in sé, non un mezzo, se l'ambiente che attraversate asseconda il movimento. L'Islanda lo asseconda.

Nell'immagine che ho dell'Islanda mi ha sempre attratto l'idea della scarsità, perché l'idea della scarsità contiene l'idea della virtù, e l'idea della virtù contiene l'idea di una vita retta e felice.

#OrizzonteLibri – ottobre
L'Islanda è un Paese davvero indimenticabile per cui provo una costante nostalgia. Il titolo di questo libro, bellissimo, e il Paese che racconta mi hanno attirato inesorabilmente. E poi avevo avuto l'onore di finire col mio ebook in un post di No Borders Magazine proprio assieme a questo libro. Ora l'ho letto, ed è stato un bellissimo viaggio. Claudio Giunta, per chi non lo conoscesse, è uno storico della lingua italiana, esperto di poesia medievale, ma anche saggista e scrittore, al secondo libro di viaggio dopo 'Il Paese più stupido del mondo', a cavallo fra Italia e Giappone. E' un osservatore acuto, sensibile e colto.

Il racconto di Giunta parla di un'Islanda molto diversa dalla mia (che ho scoperto a piedi, sui sentieri), di un viaggio in automobile, di piccoli paesi e di persone che hanno scelto di vivere isolate: scorre lungo la ring road, l'unica strada asfaltata che corre intorno all'isola, e guarda al paesaggio islandese da quella che sembra aver identificato come una giusta distanza, con meraviglia e timore. Giunta è affascinato dalla natura, e soprattutto, come me, dalla luce struggente dell'Islanda, ma gli sembra interessare in particolare la peculiare condizione di solitudine che vi si può provare. La trova nei paesi, nelle rovine, nelle opere di arte contemporanea in mezzo al nullo. La descrive tracciando un percorso denso di attualità e riferimenti storici e letterari. Difficile definire lo stile perché non è né un reportage, né un racconto di viaggio (troppo distaccato), né una guida, anche se ogni tanto si rivolge al lettore con un giudizio su un ristorante o un consiglio pratico (del tipo "portatevi i tappi", due volte: forse ha il sonno leggero). L'autore la definisce una guida per il turista intellettuale. E forse è proprio così.

Completano il libro un'intervista non troppo interessante all'artista Roman Signer, un saggio sulla letteratura islandese, e una guida minima con alcuni alberghi, negozi e ristoranti consigliati. Le foto di Giovanna Silva sono molto belle, ma è chiaro l'intento di spogliare la natura islandese della sua potenza, della sua bellezza travolgente. Non era facile, è un punto di vista.

In ogni modo leggendo questo libro mi è venuta una gran voglia di tornarci, in Islanda.

Tutta la solitudine che meritate, di Claudio Giunta e Giovanna Silva, 178 pagine. Quodlibet-Humboldt

2. A land of two Halves, di Joe Bennet

E' una vista che appare in un milione di depliant. E' una delle più sorprendenti dell'Australasia, una vista che spinge i turisti sui più lunghi voli al mondo. E dopo cinque minuti ne avevo avuto abbastanza.

L'auto rallentò un po'. Si sarebbe fermata, ma guardai dall'altra parte e la lasciai passare. Perché? Il perché era semplice. Era il cielo, e la terra e la ribollente sensazione di me come un punticino su di essa. Grande cielo, piccolo uomo, la commedia umana essenziale. Era come se per un momento fossi sospeso sopra di me, guardavo giù e vedevo questa piccola, egoista, inutile, insignificante figura, sola su una grande terra bianca. E' tutto qui. Chiamatela prospettiva, se volete, chiamatelo zen, chiamatelo un chilo di pastinaca da mangiare col burro per quello che mi importa. Era esaltante. (traduzione mia)


Mentre mi preparavo a partire ho scoperto che i libri sulla Nuova Zelanda erano tanti, ma che la letteratura di viaggio su questo Paese era molto scarsa. E quasi sempre i libri che ne parlavano la inserivano all'interno di un viaggio più grande che comprendeva altri Paesi, dai Giornali di bordo del capitano Cook a The happy isles of Oceania di Paul Theroux. Il libro di Joe Bennet, disponibile solo in inglese, era praticamente l'unico (se mi sbaglio segnalatemelo nei commenti) interamente dedicato alla Nuova Zelanda. Bennet viaggia in autostop evitando i luoghi più turistici e cerca, a volte, di essere umoristico, in uno stile simile a quello di Bill Bryson, ma molto meno brillante, anche nella scrittura. Bennet riesce a mostrare un Paese assai diverso da quello delle cartoline, ma con l'eccezione di qualche osservazione interessante e di rari momenti di slancio poetico, gran parte del libro si esaurisce in una spiegazione delle cose che non gli piacciono o non lo emozionano o che proprio lo annoiano (i panorami, per esempio). Il viaggio si trasforma così in lunghe attese di passaggi che non arrivano e conversazioni nei pub dove il cibo è immancabilmente schifoso e gli interlocutori poco interessanti. Ho fatto fatica a finirlo.

A Land of Two Halves, di Joe Bennet, 314 pagine, ed. Scribner (in inglese)

3. L'arte di viaggiare di Alain de Botton

I viaggi sono le levatrici del pensiero. Pochi luoghi risultano più favorevoli di un aereo, una nave o un treno in movimento al conversare interiore.

#OrizzonteLibri – ottobre

Lo scorso luglio fu molto condiviso su Facebook un video intitolato 'Viaggiare è inutile, statevene a casa' (se lo cercate su google lo trovate subito). Molti lo commentarono senza nemmeno guardarlo e si scatenarono discussioni anche accese: si era scatenato chi non si allontana mai dall'Italia, ma pure chi amava viaggiare aveva vacillato sotto i colpi di un rinvigorito senso di colpa, come se temesse di aver letto una verità che in fondo aveva sempre conosciuto. Il succo, se volete evitare di vedere il video, era che partire era inutile visto che ci portavamo dietro una persona indesiderata: noi (con i nostri pensieri, le preoccupazioni e tutto il resto... come se il viaggio fosse solo evasione). La citazione che ho riportato all'inizio, dello stesso autore, mostra che l'argomentazione è un po' più articolata.

Le parole riportate nei video erano di Alain de Botton, scrittore svizzero, specializzato in libri di filosofia divulgativa e applicata alla vita quotidiana, che aveva trattato l'argomento del viaggio in questo libro del 2002 e credo lo abbia ripreso nel suo ultimo volume. De Botton tratta, con una vena scettica, vari aspetti del viaggio (aspettativa, mezzi di trasporto, curiosità, ritorno...) partendo da brevi racconti esemplari tratti dalla sua vita e poi sviluppando l'argomento con un linguaggio molto semplice l'aiuto di pensatori, artisti, viaggiatori, scrittori come Ruskin, Flaubert, Van Gogh, Hopper, Van Humboldt, per citarne alcuni. Il libro l'ho letto in un paio di giorni. Ho seguito de Botton mentre si interrogava sull'aspettativa generata da un depliant che lo aveva spinto ad andare in vacanza alle Barbados e concludeva che l'aspettativa e il ricordo di un viaggio sono illusori. E poi mentre cercava il senso di conforto che ci dà la natura nella poesia di Wordsworth o mentre inseguiva il sublime nel deserto del Sinai con Edmund Burke. Mi pare che l'idea di fondo, condivisibile, sia che viaggiare sia un'esperienza che può arricchiare, ma che richiede un minimo di 'educazione', di riflessioni.

#OrizzonteLibri – ottobre

Gran parte delle argomentazioni di de Botton sono però, almeno per me, banali, molte discutibili - fra le annotazioni che ho lasciato sulle pagine ci sono un sacco di punti interrogativi - forse anche perché la mia 'educazione al viaggio' l'ho fatta da autodidatta, per tentativi, interrogandomi sul senso del mio vagare tra un Paese e l'altro. Magari se avessi letto questo libro 15 anni fa o se viaggiassi meno lo avrei trovato illuminante. Ma non per questo leggerlo è stato tempo buttato. Mi ha fatto conoscere sorprendenti vite ed esperienze di alcuni viaggiatori che conoscevo solo superficialmente. E, anche quando alla fine davo torto all'autore, su alcuni argomenti mi ha fatto riflettere. E' già più di quanto si possa dire di molti libri.

p.s. tornando ancora alla citazione iniziale, noto che non parla dell'automobile. E in effetti, forse, è proprio per il motivo che suggerisce che preferisco viaggiare in treno o in nave.

L'arte di viaggiare, di Alain de Botton, 241 pagine, ed. Guanda

4. Le guide sulla Nuova Zelanda

Se vengono usate bene le guide sono preziose. Avrei voluto scrivere di quanto era bella e approfondita la guida Polaris. Purtroppo l'abbiamo persa quasi subito - e non l'abbiamo ritrovata pur avendole tentate tutte - nel corso degli infiniti controlli e trasbordi fra lo scalo in Australia e l'arrivo in Nuova Zelanda. Sembrava davvero molto densa e ben scritta e se fosse stata disponibile in ebook l'avremmo riacquistata al volo.

Buona la Lonely Planet, che abbiamo trovato piuttosto affidabile, ma senza grandi slanci. Peccato che su questo Paese non esista la Routard, in genere la mia preferita.

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#OrizzonteLibri – ottobrePatrick Colgan, sono giornalista e blogger, vivo a Bologna ( chi sono). Uso delle foto: tutte le foto scattate da me e pubblicate su Orizzonti hanno la licenza creative commons attribuzione-non commerciale. Potete usare e distribuire le foto per scopi non commerciali, ma vanno attribuite a me, includendo il mio nome e un link funzionante (e non 'nofollow') al blog e la medesima licenza creative commons. Per scopi commerciali contattatemi


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