“Enti Lirici. Cambierà qualcosa anche lì? Si ironizza spesso su „indennità spade‟ e su antiche
stratificazioni…”, ha chiesto Paolo Conti in una articolata intervista al nuovo ministro per i Beni e le attività culturali del governo Monti, Lorenzo Ornaghi, pubblicata dal Corriere della Sera in data 23 gennaio.
“Ho ottenuto uno spostamento della legge delega a fine dicembre 2012. Ma è chiaro che in un contesto come l‟attuale, qualcosa dovrà cambiare in un settore di appena cinquemila addetti e 14 fondazioni liriche, che assorbe 200 milioni annui di fondi statali e che raddoppiano aggiungendo
quelli locali”.
Banale, innanzitutto, la domanda di Paolo Conti, giornalista altrove molto informato e preparato. L‟indennità spade – esilarante, come alcune altre – ci vuole molto poco per cancellarla dai contratti integrativi delle fondazioni liriche, se già non l‟hanno fatto senza avvertirlo. Come anche le „antiche stratificazioni‟. Quali sarebbero queste antiche stratificazioni? Stratificazioni di personale, a seconda delle varie sovrintendenze? Sono soprusi e illeciti dei quali alla politica occorre chiedere conto, non alla musica.
La politica anche i teatri ha usato per piazzare, premiandoli, i propri servi; vi sono esempi numerosissimi in tutti gli schieramenti politici, indifferentemente, senza vergogna.
Le cose, diciamo a Conti, sono cambiate molto negli ultimi anni. Ci sono teatri che chiudono da
qualche anno i bilanci in pareggio quando non addirittura in attivo, e altri che continuano a fare passivi – tanto c‟è „Pantalone‟ che alla fine paga. Ma chi ha inventato „Pantalone‟, caro ministro, se non la politica che sana i bilanci in rosso degli amici (politici) e mette alla gogna, senza risanarli, quelli in rosso dei nemici, sempre politici? Dunque cominci col dire cose un pò più sagge di quelle che ha detto a Conti. Cosa vuol dire che 14 fondazioni liriche e „appena‟ cinquemila addetti assorbono 200 milioni di fondi pubblici che raddoppiano a causa dei fondi aggiuntivi degli enti locali? Messa così, signor ministro, le rivolgiamo noi analoga domanda, e non cavalcando l‟antipolitica. Cosa ce ne facciamo di deputati e senatori che costano allo Stato dieci e venti volte più delle fondazioni liriche, ogni anno, senza che i cittadini notino evidenti segni della loro
presenza? Le 14 fondazioni liriche e i circa cinquemila addetti rappresentano una delle eccellenze del nostro paese, fonte di reddito – possiamo dire altrettanto dei nostri rappresentanti? – motivo di richiamo per i milioni di turisti che visitano l‟Italia. Un esempio per chiarirLe come stanno le cose.
Recentemente il sovrintendente del Teatro La Fenice, Cristiano Chiarot, ha rivelato che dei 140mila
spettatori che ogni anno assistono agli spettacoli (opere, balletti, concerti) dello storico teatro
veneziano, ben 110mila circa sono stranieri. Capito signor ministro? E i 15 milioni circa che lo
Stato dà a quel teatro, cui vanno ad aggiungersi i contributi locali per un totale di circa 22 milioni di
Euro, producono intanto 7 milioni circa di entrate fra botteghino, sponsorizzazioni e biglietti per le
visite (quasi 150mila persone ogni anno pagano un euro per poter entrare a visitare La Fenice),
senza contare tutto il resto: alberghi, ristoranti, aerei, negozi coinvolti in tale flusso di turismo
culturale che investe il nostro paese. Il Ministro dovrebbe sapere che un euro investito nel settore
della cultura ne produce quattro, parte dei quali torna allo Stato in forma di tributi di vario genere,
ripagandolo ampiamente dei contributi erogati. Ci vuol dire quanti dei 5 miliardi circa che costa la
politica tornano allo Stato sotto qualsivoglia forma, oltre quello del bel vivere degli eletti dai
capipartito? Il Ministro cominci col dire, invece, che i finanziamenti saranno triennali e certi, che
chi non chiude i bilanci in pareggio va mandato a casa ed è responsabile in solido del disavanzo,
che chi destina soldi alle istituzioni culturali può interamente detrarseli dalle tasse; che non ci sarà
più „Pantalone‟ che risana i bilanci in rosso degli amici, perché „Pantalone è morto‟, che le direzioni
artistiche devono essere controllate da esperti veri e sopra le parti, perché innanzitutto
salvaguardino il patrimonio del nostro repertorio operistico, quello che immancabilmente riempie i
teatri. Che i prezzi per andare a teatro devono essere calmierati, fino a quando lo Stato contribuisce,
con il suo finanziamento, in maniera considerevole ai loro bilanci, e che si deve riempirli ogni sera,
i teatri. Già ogni sera, altra anomalia italiana. A Roma, tanto per fare un esempio, l‟Opera fa 80
recite in tutto, all‟anno. Si può definire l‟Opera una istituzione produttiva?
Se si seguissero alcune elementari ma chiarissime regole, e la vigilanza badasse alla sostanza e non
alle quisquilie, come sembra aver fatto (e Paese Sera ha denunciato) con una recente circolare il
direttore generale dello spettacolo Nastasi, con la quale impedisce di fatto ai migliori strumentisti -
nella circolare si dice: a tutti, senza riguardo per i migliori, gli unici di fatto colpiti – di svolgere, nei
tempi e modi consentiti, attività artistica autonoma. Perfino se gratuita, anche quella non è
consentita.
Poi, invece, si trova il modo per sanare una cantonata, subito dopo averla presa. Si concede
l‟autonomia di gestione ad alcune istituzioni (Scala, Opera di Roma, e ora, sembra, anche Santa
Cecilia) e queste, in nome di tale autonomia, possono autorizzare i propri dipendenti a esercitare
anche attività autonoma.
Se poi il Ministro Ornaghi vuole avere notizia della buona amministrazione nelle fondazioni liriche,
non ha che da rivolgersi a quattro-cinque indirizzi che volentieri gli forniamo. Si rivolga al Teatro
Massimo di Palermo, al sovrintendente prof. Cognata, che ha dichiarato che da sei anni i bilanci del
suo teatro sono in pareggio e che i dipendenti non hanno mai dovuto attendere un giorno di più per
ricevere lo stipendio – mentre per anni quel teatro è stato il simbolo dello spreco incontrollato; alla
Scala , parli a Lissner che ha sempre chiuso i bilanci in pareggio e ha aumentato l‟attività; si faccia
dire anche da Bruno Cagli dell‟Accademia di Santa Cecilia, alla quale pare, in questi giorni, proprio
Lei abbia concesso l‟autonomia di gestione, in nome della sana amministrazione; senta anche la
sovrintendente di Firenze, Francesca Colombo, che si è assunta l‟impegno di chiudere il prossimo
bilancio in pareggio, dopo quasi dieci con passivi di bilancio. Ascolti anche Cristiano Chiariot,
sovrintendente alla Fenice – ma alcuni dati glieli abbiamo forniti anche noi.
Per carità non vada a bussare alle porte di altri teatri, come Genova, Trieste, Cagliari, dove il
Ministero – il suo Ministero – ha inviato un commissario senza che nulla sia accaduto di positivo ai
bilanci di quei teatri – a differenza di quello che invece è accaduto ai due teatri dove ci è andato di
persona il suo direttore generale, in veste di commissario, Nastasi, che ha fatto miracoli – ma come,
sarebbe utile sapere. Chieda anche al dott. Ernani, più volte premiato per la corretta
amministrazione, mandato via dal sindaco Alemanno perché „cattivo amministratore‟, richiamato
dalla Cancellieri, sua collega di governo, a Catania come consulente per la Sovrintendenza e, dalla
stessa successivamente nominato a Bologna sovrintendente (insomma uno o è buono o è cattivo
amministratore, non può essere buono per taluni e cattivo per altri; i bilanci, a meno che non siano
truccati per scopi poco chiari, sono fatti di numeri e con i numeri non si può imbrogliare).
Dopo che si è opportunamente informato, signor Ministro, gradiremmo che ci spiegasse come mai
si è lasciato fare un buco di alcune decine di milioni di Euro al sovrintendente Meli, quand‟era al
Teatro di Cagliari – notizia vecchia, ma ribadita pochi giorni fa dall’Espresso – che, oggi, si trova
per quel buco (25 milioni di Euro) nei guai seri; e perché e chi lo ha poi promosso alla Scala, dove è
durato poco, sostituito, prima che fosse troppo tardi, dall‟ottimo Lissner, e di lì a Parma, dove pare
che faccia navigare la barca del Teatro Regio in cattive acque economiche. Ci spieghi anche perché
Gioacchino Lanza Tomasi, sovrintendente a Napoli, viene commissariato – perché nel teatro c‟è un
buco di bilancio più grande del Vesuvio – ma poco dopo viene nominato a Catania, al Teatro
Bellini, consulente „per i grandi eventi‟ e, non bastasse, il Ministro Bondi lo chiama in una
commissione del suo Ministero – dove tuttora siede – quella che dà pareri sulle richieste di
finanziamenti e il loro ammontare da parte delle istituzioni musicali. E, colmo dei colmi, Nastasi in
una recente intervista, ha lodato come „ottimo amministratore‟. Ma allora perché il suo teatro,
quello di Napoli, è stato commissariato, per l‟enorme deficit sotto la gestione Lanza Tomasi?
Si informi prima, ci spieghi poi questi arcani e poi proceda ad emettere i decreti previsti dalla legge
delega del suo predecessore, Bondi. Vedrà che non dirà più che qualcosa si deve fare con quegli
„appena cinquemila addetti e 14 fondazioni liriche‟ che si ciucciano „200 milioni dello Stato‟. A
presto, signor Ministro.
di Pietro Acquafredda