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Ortoressia: quando mangiare [troppo] bene fa male

Da Psychomer
by Sabrina Franzosi on gennaio 14, 2013

Con il termine ortoressia [dal greco, ‘appetito corretto’] si intende una forma di attenzione abnorme alle regole alimentari, alla scelta del cibo e ai suoi ingredienti. Attualmente questa estrema attenzione salutista sta divenendo oggetto di attenzione psichiatrica, portando i professionisti a catalogarla come disturbo dell’alimentazione, anche se, effettuando una ricerca su articoli americani, sembrerebbe rispondere meglio ai crismi delle nuove dipendenze. Molti articoli scientifici che ci arrivano on line dall’ Oltreoceano si riferiscono ad essa come health- food addiction [dipendenza da cibo sano], altri articoli ci arrivano dalla più vicina Spagna, parlandone come un’ossessione per il cibo sano.

Insomma, questa ortoressia, è un disturbo alimentare, l’ennesima nuova dipendenza figlia del nostro secolo o, aggiungo io, un’altra sfumatura del disturbo ossessivo-compulsivo?

Intanto andiamo a capire meglio di cosa si tratta.

Il soggetto con ortoressia è convinto che il proprio stato di salute dipenda solo dalla qualità della sua alimentazione, quindi creerà una serie di regole ad hoc estremamente rigide, che lo porteranno ad evitare sempre di più i pasti fuori casa e, se costretto, gli faranno procurare una sorta di kit di sopravvivenza tascabile. Questa estrema pianificazione dei pasti lo porta a rimuginare per molto tempo [anche tre ore al giorno] sul menù del prossimo pasto, finendo per pianificare la giornata in funzione di questo.

Il tutto viene accompagnato da un’estrema severità nei propri confronti: sembra infatti che l’individuo sia nel turbine di un circolo vizioso innescato da una percezione di bassa autostima che cercherebbe di innalzare attraverso una ricerca meticolosa di un’alimentazione più che sana, dalla quale risulta poi impossibile trasgredire: se ciò avviene, il soggetto sperimenta un tale senso di colpa che lo porta ad inasprire ulteriormente le sue regole, ricercando ancora più strenuamente ‘l’alimentazione ferrea’. Sembra che questo avvenga per soddisfare standard di perfezione che probabilmente non riesce a vedere pienamente raggiunti in altri ambiti quotidiani, come quello lavorativo, quello della competizione (sportiva, sociale ecc) o dello studio: ambiti in cui le regole fanno da padrone. E sembra che questo individuo abbia trovato il sacro graal del controllo totale nella sua dieta, acquistando alimenti dalla corretta derivazione, non trattati chimicamente. In una parola: BIO

Riflettendo su questo, trovo che sia un disturbo atipico, in quanto non arreca danni evidenti alla persona. Mentre per gli altri disturbi alimentari si ha un riscontro visivo immediato, l’ortoressia è in grado di nascondersi a vita dietro la storia di un individuo.

Mentre per le altre dipendenze è più palese che l’individuo sta peggiorando la sua qualità di vita, qui la faccenda è più intricata. Proprio per questo, il duro lavoro dei professionisti sarà quello di far raggiungere la consapevolezza di malattia all’individuo ortoressico: estraniandosi sempre di più dai contesti sociali, poche persone faranno notare loro l’estremismo delle loro scelte e, nel momento in cui dovesse succedere, la risposta sarebbe molto probabilmente ‘sto solo cercando di proteggere la mia salute!’. Come si può far capire ad una persona ortoressica che un comportamento sano è sbagliato? ‘Mangi troppo sano, non va bene!’?

Solo a scriverlo, suona come una contraddizione in termini.

La chiave di volta risiede sicuramente nel lavorare sulla presa di coscienza della fatica provata dal continuo rimuginio di stampo ossessivo: il soggetto sarà più propenso a dichiararsi stanco del suo continuo pensare-pianificare, piuttosto che ad ammettere l’inadeguatezza del suo stile alimentare [mal]sano.

L’unico strumento disponibile per fare una diagnosi, ad oggi, è il semplice Test di Bratman [il primo a introdurre il termine ‘ortoressia’, nel 1997], il quale include 10 domande: nel caso di risposta affermativa a 4 di queste, si delinea il quadro ortoressico.


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