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Ōsama gēmu (王様ゲーム, King’s Game). Regia: Tsuruta Norio. Soggetto: dal manga di Renda Hitori. Sceneggiatura: Katō Junya. Fotografia: Ueno Shogo. Interpreti e personaggi: Kumai Yurina (Honda Chiemi), Suzuki Airi (Iwamura Maria), Sakurada Dōri (Kanazawa Nobuaki), Hagiwara Mai, Hosoda Yoshihiko, Nakajima Saki, Natsuyaki Miyabi, Okai Chisato. Durata: 82'. Uscita nelle sale giapponesi: 17 dicembre 2011.
Link: Sito ufficialePunteggio ★1/2
Una sera, gli alunni della classe 2B dell’istituto liceale Gakuen ricevono tramite cellulare un messaggio da parte di un mittente identificatosi come “Il Re”. Il testo è molto semplice: d’ora in avanti ha inizio un gioco d’obbedienza a cui tutti dovranno partecipare, non è possibile sottrarsi o rifiutare l’invito, gli ordini devono essere portati a termine di volta in volta, a fronte di severe punizioni per gli inadempienti. Un po’ per gioco e un po’ per scherzo, i giovani seguono le indicazioni ricevute che, nel corso di breve tempo, prendono una piega inaspettata, perpetuando richieste sempre più intime ed esigenti. Una prima coppia di studenti non osserva l’ordine ricevuto e sparisce senza lasciare alcuna traccia della loro presenza, come se le loro persone non fossero mai esistite, se non nei ricordi dei compagni di scuola. Terrorizzato e sconcertato, il gruppo di studenti cerca un modo per uscire dallo schema del Re, affidandosi alla determinazione e all’intraprendenza di Kanazawa Nobuaki che per primo si adopera – sebbene invano – nel tentativo di salvare i compagni. Grazie all’aiuto dell’amica d’infanzia Honda Chiemi e alle emblematiche rivelazioni della taciturna Iwamura Maria, Nobuaki scopre che il mistero dietro le azioni del Re potrebbe risiedere tra le mura di un liceo da anni abbandonato. Nonostante sia prossimo alla verità, Nobuaki si rende inaspettatamente conto che l’identità del Re si colloca più vicina di quanto avrebbe potuto immaginare e che non vi sarà modo di sottrarsi dalla sua irrevocabile sentenza.
Tratto dal manga e mobile novel (romanzi a puntate realizzati per una distribuzione tramite telefono cellulare) di Renda Hitori, Ōsama gēmu è un lavoro mediocre – per non dire narrativamente troppo rilassato ed emotivamente soporifero – che si accosta al thriller e al cinema dell’orrore collocando come sfondo il tipico ambiente scolastico nipponico (caratterizzato da divise alla marinara, rancori, scherni e sentimenti inespressi) all’interno del quale prende piede una maledizione (una condicio sine qua non imprescindibile e non causa di azioni ed eventi devianti) che inizia a seminare panico e morte. Tsuruta conosce da tempo il contesto adolescenziale (del 1996 è una delle sue prime prove con studentesse e spiriti malvagi in Gakkō no kaidan) ma difficilmente riesce a sollevare il film da una generale sensazione di uniformità e anonimato che coinvolge non solo la trama ma sovente anche lo stile. La dinamica del gioco al massacro ricorda (con tutte le differenze del caso) il focus alla base del celebre Battle royale (2000), sebbene in Ōsama gēmu lo stesso carnefice si tramuti progressivamente in vittima (afflitto da una solitudine inviolabile), ponendo gli studenti indirettamente l’uno contro l’altro e portando in superficie ansie, paure e reciproche gelosie celate.
Costretti a scegliere se anteporre il proprio egoismo a discapito della vita altrui, gli adolescenti si vedono obbligati a svelare rancori sopiti, un’insospettabile malvagità quand’anche un sorprendente spirito di sacrificio. Al di là di una tentata indagine psicologica sulle reazioni dell’essere umano e sul suo istinto di preservazione (che rende i personaggi meschini e spietati), la vicenda soffre della messa in scena di una serie di elementi stucchevolmente convenzionali: un’amicizia di lunga data che custodisce un amore celato, la devozione dei più insicuri nei confronti della figura del leader (Nobuaki), l’ambiguità femminile e l’emarginazione di colei che non si adegua ma conosce la verità (Maria, alla quale ci si dovrà appellare per tentare di salvarsi), un contesto adulto assente e l’onnipresenza del mezzo di comunicazione (il cellulare) che genera l’interazione umana e con cui il male impartisce le proprie direttive.
Seppur diretto con garbo ed equilibrio – mai un movimento di troppo, attento e misurato l’uso della profondità di campo e dello sguardo che cerca e abbraccia sempre l’insieme e il gruppo –, il film possiede poca ispirazione e la trama pare avanzare per accumulo, nonostante lo spettatore venga invitato in più occasioni a presupporre l’identità del carnefice con passaggi brevi ma significativi. L’uso frequente della computer graphics avvilisce il coinvolgimento emotivo, inficiando una trama priva di scene madri che finisce con l’affondare nel meccanismo che punisce l’inadempiente (irrispettoso degli ordini) e colui che cerca di esimersi dalle proprie responsabilità (che appartengono al gruppo e devono in ultima battuta allinearsi con i suoi bisogni).
Tsuruta sembra aver completamente accantonato la paura e l’inquietudine (che pur si affacciavano nei modesti, sebbene visivamente efficaci, Orochi e Yogen), mantenendo comunque degna di interesse la concezione in base alla quale la cancellazione di una vita sia corrisposta da un profondo senso di disinteresse, sostenendo dinamiche esistenziali del tutto indifferenziate. La paura tangibile in Ōsama gēmu è il terrore di essere dimenticati, di vivere nel più profondo anonimato, essere letteralmente sottratti all’esistenza senza destare il minimo stupore nei riguardi di chi ci circonda. Il dissolversi nel nulla è, ancora una volta, il sintomo di una profonda mancanza di identità di cui lo stesso Re è simbolica raffigurazione, nel suo scontare un’eterna condanna di coazione a ripetere che cerca espiazione nella sofferenza dell’altro, un altro spietato, che non esprime alcuna premura. A visione terminata, una produzione certamente incapace di risollevare un genere che negli ultimi anni arranca a fatica, sempre più destinato a svolgere il ruolo di trampolino di lancio per le j-idol presenti in veste di protagoniste, come la giovane Kumai Yurina. [Luca Calderini]
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