Jared Leto, candidato come miglior attore non protagonista per Dallas Buyers Club, sul red carpet. Poi l’Oscar lo vincerà proprio lui.
Ore 1,22. Reduce fresco dalla visione su Iris di L’amico di famiglia, l’unico Sorrentino che non avevo mai visto, eccomi davanti al Sony Bravia sinonizzato su Sky Cinema. Pensavo-speravo che alla 1.00 cominciassero dentro il Dolby Theater con la cerimonia, invece siamo ancora al cazzeggio del red carpet.
Ecco Matthew McConaughey (un po’ meno magro, ma lo rivedremo mai come in Killer Joe e e Magic Mike?) sul tappeto con moglie e mamma. Il migliore oggi in circolazione, spero vinca lui.
Jennifer Lawrence in rosso, magrissima, mamma mia che impressione, ma cosa le sta succedendo? Passa poi Cate Blanchett, superfavorita, in Armani, e adesso sul red carpet tocca a Leonardo DiCaprio, le cui quotazioni negli ultimi giorni son decisamente salite.
Leo DiCaprio prima di entrare al Dolby Theater
Entra Chewetel Ejiofor (nome difficile anzi impossibile, ma ci stiamo abituando ormai) in bellissimo smoking blu, il migliore della cinquina attori protagonisti dopo Matthew McConaughey. Dice di aver esitato parecchio ad accettare l’offerta di Steve McQueen per 12 anni schiavo, pare sincero, anche se si fa fatica a credergli.
Adesso spunta Jared Leto, il ritornante dopo un periodo di inabissamento, con capello lunghissimo e barba da nazareno, assai lontano dal suo trasngender di Dallas Buyers Club per cui è il gran favorito nella categoria best supporting actor. Smoking bianco e papillon rosso, mah. Bradley Cooper (senza i riccioli di American Hustle), raggiunto da Jonah Hill. Dicono di essere amici. Lupita Nyongo’o in Prada, urca, davvero bella bella. L’outsider del red caret, della serata, di tutto, quasi un alieno: Barkhad Abdi, il pirata di Captain Phillips. Da Mogadiscio alla nomination agli Oscar (cat. best supporting actor), una di quelle storie che fanno impazzire gli americani. Occhio, potrebbe farcela. Si è visto Bill Murray, io intanto non vedo l’ora che cominci la consegna, di red carpet e quisquilie comincio a non poterne più.
E ancora: Julia Roberts, sorprendentemente ottima in I segreti di Osage County e giustamente nominata (cat. best supportin actress); Will Smith e consorte (in Versace); Jeremy Renner, uno dei meglio in circolazione.
Lupita Nyongo’o in Prada sul red carpet, la meglion vestita al momento.
Kevin Soacey, anche lui in smoking blu (tendenza?). Grazie a Dio tra un attimo si comincia. Presenta Ellen DeGeneres.
Ore 2,30: SI COMINCIA.
Di Caprio in platea con accanto mamma. Tremenda battuta della conduttrice, a proposito dell’attore di Captain Phillips: ‘viene dalla Somalia, è un sommelier’. Da pena di morte. Vien voglia si spegnere e andare a letto. Resistiamo, suvvia. Inquadrata Meryl Streep, arrivata stavolta alla sua diciottesima nomination. Santo Dio, ‘sta DeGeneres non la smette più, ci desse un taglio. Ne azzecca una però: ‘Possibilità n. 1: vince 12 anni schiavo; possibilità n. 2: siete tutti razzisti’.
Anne Hathaway presenta l’Oscar come miglior attore non protagonista. Che va a Jared Leto per Dallas Buyers Club. Tutto secondo previsioni (a me spiace per l’enorme Fassbender). Mon Dieu, Jared ringrazia la mamma, una mamma single, e ringrazia il fratello maggiore, somigliante a lui, però in versione rozza. Qualche parola calda anche per l’Ucraina e il Venezuela e per chi lì sta combattendo per la libertà. E ancora: ‘questo premio è per chi è stato discriminato, e per chi la battaglia con l’Aids l’ha persa’. E poi stretta di mano al rivale Jonah Hill.
Prima delle canzoni in gara: Pharrell Williams con Happy, il pezzo di Cattivissimo me 2.
Arrivano Samuel L. Jackson e Naomi Watts. Introducono l’Oscar per i migliori costumi.
E l’Oscar per i migliori costumi va a Catherine Martin per Il Grande Gatsby. Il suo terzo Oscar. Non male che ringrazi le sue ‘ragazze’ che lavorano a Sydney nel suo laboratorio, e ringrazia il marito Baz Luhrmann.
L’Oscar per migliore make-up e hairstyling va a Adrutha Lee e Robin Mathews per Dallas Buyers Club.
Ossignore, arriva sul palco la strana coppia Kim Novak (deturpata dai lifting, ma lo shock è stata soprattutto vederla a Cannes) e Matthew McConaughey. Presentano
l’Oscar per il migliore corto d’animazione, che va a Mr Hublot. I due registi (anzi uno dei due, perché l’altro se ne sta zitto) ringraziano un po’ in francee e un po’ in inglese.
Adesso tocca ai non-corti. E L’Oscar per il migliore film di animazione va a Frozen.
Scontato, scontatissimo. Non ce l’ha fatta purtroppo il meraviglioso The Wind Rises di Hayao Miyazaki, già un miracolo sia stato nominato.
Due ggiovvani: Emma Roberts e Joseph Gordon Levitt. Si ocupano degli effett speciali.
E a vincere l’Oscar per i migliori effetti speciali sono i quattro di Gravity. Anche stavolta, tutto secondo previsioni. Finora sorprese zero.
Seconda canzone in gara: Moon Song di Karen Ho da Her. Bella, spero vinca, anche se non proprio da Oscar (intanto hanno inquadrato quel gran signore di Spike Jonze).
BILANCIO PARZIALE: Dallas Buyers Club si è già portato a casa due Oscar.
Arrivano i vortometraggi live action (io faccio il tifo per il francese). L’Oscar per il migliore corto live action va al danese Helium di Anders Walter and Kim Magnusson. Non ho parole, è un film strappacore e strappalacrime che mette di mezzo un bambino malato. Uno dei poeggi della cinquina finalista.
L’Oscar per il miglior corto documentario va a The Lady in Number 6: Music Saved My Life di Malcolm Clarke and Nicholas Reed.
Bradley Cooper presenta i documentari (lunghi) candidati.
E l’Oscar per il miglior documentario va a 20 Feet from Stardom di Morgan Neville, Gil Friesen and Caitrin Rogers.
Maledizione, sconfitto il gigantesco The Act of Kiling. Ma 20 Feet from Stardom era strafavorito, si sapeva, ha incassato un fottio in America. Così va il mondo.
Kevin Spacey parla dei premi onorari dell’Academy assegnati ieri sera. Premiati anche il nostro Piero Tosi, leggendario costumista di Visconti, e Angelina Jolie per il suo impegno umanitario.
Tra poco arriva il momento di Sorrentino e del miglior film in lingua straniera. Presenter Ewan McGregor. Difatti:
l’Oscar per il migliore film in lingua straniera va a La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Massì, siamo contenti, ci mancherebbe, anche se sui social gli haters sono legioni. Breve discorso di ringraziamento in inglese di Sorrentino che, affiancato da Toni Servillo, ricorda come “fonti di ispirazione Fellini, Scorsese, i Talking Heads e Maradona”. Il resto son ringraziamenti di famiglia abbastanza ovvii. Bene, è andata bene, e però ce lo aspettavamo, ecco.
Terza canzone in gara. Bono e gli altri signori U2 cantano la loro pessima Ordinary Love da Mandela: Long Walk to Freedom.
Devo dire che Ellen DeGeneres è andata parecchio migliorando con l’avanzare della serata. Adesso si è inventata la scena del selfie con un nugolo di star da twittare, Meryl Streep, Jared Leto, Brad Pitt, Julia Roberts, Jennifer Lawrence, Bradley Cooper ecc. ecc. ecc. Siparietto riuscito, brava DeGeneres. (Ma Samsung è tra i main sponsors?).
Chris Hemsworth e Charlize Theron, gran bella coppia. Son qui a presentare i candidati al miglior missaggio sonoro. L’Oscar per il sound mixing va, per Gravity, a Skip Lievsay, Niv Adiri, Christopher Benstead e Chris Munro.
Adesso l’Oscar per il sound editing, il montaggio sonoro. Che va a Glenn Freemantle per Gravity.
Il tarantiniano bi-oscarizzato Christoph Waltz (appena visto come giurato a Berlino) è incaricato di presentare le candidate come bet supporting actress.
E l’Oscar come migliore attrice non protagonista lo vince Lupita Nyongo’o per 12 anni schiavo. Anche qui ha prevalso la favorita. Non è forse la più brava della cinquina, però è di una bellezza e classe assolute. I ringraziamenti più grossi sono per Steve McQueen. E poi: per Chewetel Ejiofor, per Fassbender… Ricorda i morti per schiavitù, i bambini di tutto il mondo: ‘i sogni sono realizzabili’. Bene, un Oscar a 12 anni schiavo, e spero ne arrivino altri, è il mio film preferito tra quelli in concorso.
Buona anche la trovata delle DeGeneres che fa arrivare la pizza e distribuisce fette isunte alle star (con l’aiuto di Brad Pitt). Insomma, meglio di altri conduttori.
Intanto la presidente dell’Academy (o ha un altro incarico? mah) annuncia l’apertura del Museo dell’Oscar per il 2017. Prepararsi.
Bill Murray e Amy Adams a presentare cosa? Ah, ecco, i candidati per la fotografia.
L’Oscar per la migliore fotografia va a Emanuel Lubezki per Gravity. Sì, meritato. Intanto Gravity accumula statuette tecniche come nessun altro.
BILANCIO PARZIALE: 4 Oscar a Gravity, 2 a Dallas Buyers Club, 1 a 12 anni schiavo.
Oscar per il miglior montaggio a Alfonso Cuarón e Max Sanger per Gravity (e salgono a 5).
Whoopi Goldberg introduce l’omaggio al Mago di Oz e a Judy Garland. Con un’esecuzione non memorabile di Over the Rainbow.
Jennifer Garner e quel cristone di Benedict Cumberbatch (è ovunque ormai) introducono il prossimo premio: l’Oscar per le migliori scenografie va a Chatherine Martin e Beverly Dunne per Il grande Gatsby. Così la signora Martin in Luhrmann si prende il secondo Oscar della serata.
BILANCIO PARZIALE: 5 Oscar a Gravity, 2 a Il grande Gatsby e Dallas Buyers Club, 1 a 12 anni schiavo.
Tocca a Glenn Close, in nero, introdurre il momento In Memoriam, a ricordare quelli che se ne sono andati. Gandolfini, Karen Black, Eileen Brennan, Paul Walker, Deanna Durbin, Annette Funicello, Riz Ortolani, Peter O’Toole, Roger Ebert, Shirley Temple Back, Joan Fontaine, Run Run Shaw, Juanita Moore, Harold Ramis, Eleanor Parker, Julie Harris, Maximiliam Schell, Richard Matheson, Esther Williams… Si finisce su Philip Seymour Hoffman. Una dimagritissima Bette Midler chiude con una canzone-omaggio.
Goldie Hawn: è lei la presenter degli ultimi tre film nominati: Philomena, Captain Phillips, 12 anni schiavo. Rifatta, rifattissima, abbastanza agghiacciante. In platea tra l’altro ci sono la vera Philomena e il vero Captain Phillips.
Esecuzione della quarta canzone candidata: Let it Go da Frozen. La favorita, credo, insieme agli U2.
Momento Sanremo, con Elen DeGeneres che ci mostra l’orchestra degli Oscar e relativo direttore.
Jamie Foxx e Jessica Biel son qui, e cerchiamo di capire il perché. Parlano di musica. Dunque si parla di migliore colonna sonora. E l’Oscar per la migliore colonna sonora va a Steven Price per Gravity (e siamo a 6 per il film di Cuaron).
Adesso tocca al premio ‘music’. E l’Oscar per la migliore canzone va a Kristen Anderson-Lopez and Robert Lopez per Let it go da Frozen.
Finora di sorprese poche, questa rischia di essere la meno palpitante edizione degli ultimi anni.
Tra un attimo i due premi alla sceneggiatura, originale e non originale.
Urca, che coppia: Robert DeNiro e Penelope Cruz. Allora (tifo per Before Midnight, ma sarà dura): l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale va a John Ridley per 12 anni schiavo. Sì, son contentissimo lo stesso, io adoro questo film. E son 2 Oscar di peso per il film di McQueen.
Migliore sceneggiatura originale: l’Oscar va a Spike Jonze per Her. Urca, fialmente una sorpresa, ed è una bellissima sorpresa. Il film è meraviglioso, la sceneggiatura è di una raffinatezza senza pari. Se la doveva vedere con dei colossi: ce l’ha fatta. Jonze fa un brevissimo speech, però assai sentito.
Simo ormai nelle zone alte, agli Oscar delle massime categorie. Ne mancano quattro: regia, attore e attrice, film.
Oops, Angelina Jolie e Sidney Poitier! Dio, quanto è invecchiato. Lui pronuncia, abbastanza a fatica, qualche parola. Introducono insieme l’Oscar alla migliore regia, che va a Alfonso Cuarón per Gravity. Anche qui, tutto secondo pronostici. Va bene così, io ho molto amato il suo film. Ringrazia il figlio, co-sceneggiatore del film, e Sandra Bullock: ‘sei tu Gravity, sei tu il film’. Poi George Clooney, ecc. ecc. Ancora una volta passa dall’inglese allo spagnolo, come già se ricordo bene ai Golden Globes e a Venezia.
Ecco Daniel Day-Lewis, stavolta non nominato (di oscar ne ha già vinti 3 se ricordo bene), che premierà l’interpretazione femminile dell’anno. Dunque, l’Oscar come migliore attrice protagonista va a Cate Blanchett per Blue Jasmine. Anche qui, tutto come da previsioni. Dice subito che è stato un anno di interpretazioni femminili straordinarie, ricorda una per una tutte le altre contenders. Subito parole per Woody Allen: ‘grazie di avere scelto me Woody’. Ed è la parte più significativa del suo discorso. Un pensiero ai film di donne con le donne, e all’Australia, e alla famiglia.
Jennifer Lawrence: a lei presentare gli attori in corsa per l’Oscar. Scorrono le facce, certo è una cinquina di ferro. E l’Oscar come migliore attore protagonista va a Matthew McConaughey per Dallas Buyers Club. Previsto e stra-me-ri-ta-to. Signori, un grandissimo, che negli ultimi anni ha infilato interpretazioni pazzesche. Nel suo discorso ringrazia il regista del film, Jared Leto, Jennifer Garner. “Innanzitutto voglio ringraziare Dio, è lui il mio modello, mi ha dato tante opportunità; grazie alla mia faniglia, a mio padre che mi guarda dall’alto, grazie a mia mamma, grazie a mia moglie e ai miei figli”. Discorso da uomo tradizionalista texano. Lascerà scioccati e smarriti molti suoi fan di casa nostra. Prevedo una prossima demolizione sui social del mito McConaughey.
L’Oscar di tutti gli Oscar è arrivato, e l’Oscar come migliore film va a 12 anni schiavo. Bene così, benissimo, è un film magnifico, importante, il più bello tra quelli in lizza. L’ho molto amato. Salgono i produttori a ritirarlo, tra cui Brad Pitt, che impugna la statuetta e parla a nome di tutti. Con lui il regista, gli attori, tutti, una folla. Brad ringrazia Steve McQueen, il quale si fa avanti e tira fuori un foglio per non dimenticare nessuno nei ringraziamenti. E McQueen conclude: ‘Tutti devono avere il diritto di vivere, non di sopravvivere, è questo il messaggio di Solomon Northup”.
Si chiude la serata Oscar con meno sorprese da parecchio tempo in qua.
IL TRIONFATORE è 12 anni schiavo, con 3 Oscar di quelli pesantissimi: migliore film, migliore sceneggiatura (non originale), migliore attrice non protagonista.
CO-TRIONFATORE: Gravity, che di Oscar ne porta a casa addirittura 7: sei tecnici più quello, di enorme prestigio, per la migliore regia.
DA SOTTOLINEARE i 3 Oscar a Dallas Buyers Club e quello a Her per la sceneggiatura originale.