Oscar Wilde – L’anima dell’Uomo sotto il Socialismo I
Creato il 27 giugno 2014 da Marvigar4
OSCAR WILDE
L’ANIMA DELL’UOMO SOTTO IL SOCIALISMO
Titolo originale: The Soul of Man under Socialism
Traduzione dall’originale in inglese di Marco Vignolo Gargini
Il vantaggio principale che deriverebbe dalla istituzione del socialismo è, senza dubbio, il fatto che il socialismo ci allevierebbe da quella sordida necessità di vivere per gli altri che, allo stato attuale delle cose, opprime così tanto praticamente tutti. In realtà, quasi nessuno vi si sottrae. Ogni tanto, nel corso del secolo, un grande uomo di scienza, come Darwin, un grande poeta come Keats, un raffinato spirito critico come M. Renan e un artista supremo come Flaubert sono stati capaci di isolarsi, di tenersi fuori dalla portata delle fragorose pretese altrui, di rimanere “sotto il riparo della parete”, per dirla con Platone, e così realizzare la perfezione di ciò che era in lui, con suo incomparabile guadagno e con incomparabile e duraturo guadagno del mondo intero. Queste, tuttavia, sono eccezioni. La maggioranza della gente rovina la propria vita con un altruismo malsano ed esagerato: in realtà, è costretta a rovinarla. Si trovano circondati da una povertà ripugnante, da una bruttezza ripugnante, da una fame ripugnante. È inevitabile che se ne lascino fortemente commuovere. Le emozioni dell’uomo sono stimolate più rapidamente della sua intelligenza; e come ho messo in evidenza qualche tempo fa in un articolo sulla funzione della critica, è molto più facile avere simpatia per la sofferenza che per il pensiero. Di conseguenza essi si dedicano con ammirabili, seppur mal dirette, intenzioni al compito di porre rimedio ai mali che vedono. Ma i loro rimedi non curano il male: lo prolungano soltanto. Anzi, i loro rimedi sono parte del male.
Tentano di risolvere il problema della povertà, per esempio, tenendo in vita il povero; oppure, nel caso di una scuola molto avanzata, divertendolo.
Ma questa non è una soluzione: è un peggioramento delle difficoltà. Il giusto scopo è quello di provare a ricostruire la società in modo tale che la povertà risulti impossibile. E le virtù altruistiche hanno davvero impedito che si realizzasse questo scopo. Allo stesso modo i peggiori proprietari di schiavi erano quelli gentili con loro, impedendo così che l’orrore del sistema fosse percepito da chi lo subiva e compreso da chi lo osservava, e così in Inghilterra, allo stato attuale delle cose, coloro che fanno più danni sono proprio quelli che più cercano di fare del bene; e alla fine abbiamo avuto lo spettacolo di uomini che hanno davvero studiato il problema e conoscono la vita – persone colte che vivono nell’East End – che si fanno avanti implorando la società di trattenere i suoi impulsi altruistici di carità, benevolenza e simili. Lo fanno per il semplice motivo che questa carità degrada e demoralizza. Hanno perfettamente ragione: la carità crea una gran quantità di peccati.
Occorre dire anche questo. È immorale usare la proprietà privata per alleviare gli orribili mali che risultano dalla sua istituzione. È sia immorale che ingiusto.
Sotto il socialismo tutto ciò, naturalmente, cambierà. Nessuno vivrà più in fetide tane o con fetidi stracci addosso, né alleverà più figli malati e tormentati dalla fame in ambienti impossibili e assolutamente ripugnanti. La sicurezza della società non dipenderà più, come succede oggi, dalle condizioni del tempo. Se viene una gelata non avremo più centinaia di migliaia di uomini senza lavoro che sfilano per le strade in uno stato di miseria disgustosa, o che chiedono gemendo l’elemosina ai loro vicini o si affollano davanti alle porte di nauseanti rifugi cercando di assicurarsi un tozzo di pane e un alloggio sporco per la notte. Ogni membro della società condividerà la generale prosperità e felicità della società, e se viene una gelata nessuno in pratica avrà la peggio.
D’altronde, il socialismo avrà un valore di per sé, semplicemente perché porterà all’individualismo.
Il socialismo, il comunismo, o comunque lo si voglia chiamare, convertendo la proprietà privata in ricchezza pubblica, e sostituendo la cooperazione alla concorrenza, riporterà la società alle sue condizioni originarie di organismo del tutto sano, e assicurerà il benessere materiale di ogni membro della comunità. Di fatto, conferirà alla vita le basi e l’ambiente a lei più idonee. Però, perché la vita si sviluppi nella sua perfezione massima, occorre qualcos’altro. Ciò che è necessario è l’Individualismo. Se il Socialismo è autoritario; se vi sono governi armati di potere economico come lo sono ora di potere politico; se, in una parola, dobbiamo avere delle tirannie industriali, allora l’ultima condizione dell’uomo sarà peggiore della prima. Al momento, in conseguenza dell’esistenza della proprietà privata, moltissima gente è capace di sviluppare un certo valore limitatissimo di Individualismo. C’è chi o non ha bisogno di lavorare per vivere, oppure chi è in grado di scegliere la sfera dell’attività che gli è veramente congeniale e gli offre piacere. Questi sono i poeti, i filosofi, gli uomini di scienza, di cultura – in una parola, i veri uomini, gli uomini che hanno realizzato se stessi, e nei quali tutta l’umanità guadagna una parziale realizzazione. D’altro canto, vi sono moltissime persone che, non avendo di suo alcuna proprietà privata, e essendo semplicemente sull’orlo della fame, sono costrette a fare il lavoro delle bestie da soma, il lavoro che non è affatto loro congeniale e al quale sono forzate dalla perentoria, irragionevole, degradante tirannia del volere. Questi sono i poveri; e tra questi non c’è grazia di costumi, o fascino di parola, o civilizzazione, o cultura, o raffinamento di piaceri, o gioia di vita. Dalla loro forza collettiva l’umanità ricava molto in prosperità materiale. Ma è solo il risultato materiale che ricava, e l’uomo che è povero è in se stesso assolutamente di nessuna importanza. Il povero è soltanto la particella infinitesimale di una forza che, lungi dal considerarlo, lo schiaccia: e difatti preferisce schiacciarlo perché, in tal caso, è molto più obbediente.
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