Magazine Cultura

Oscar Wilde – L’anima dell’Uomo sotto il Socialismo VIII

Creato il 28 luglio 2014 da Marvigar4

L'Anima dell'Uomo sotto il socialismo

OSCAR WILDE

L’ANIMA DELL’UOMO SOTTO IL SOCIALISMO

Titolo originale: The Soul of Man under Socialism

Traduzione dall’originale in inglese di Marco Vignolo Gargini

In Inghilterra le arti che più vi si sono sottratte sono quelle per le quali il pubblico non nutre alcun interesse. La poesia è un esempio di ciò che intendo. Siamo stati capaci di avere una buona poesia in Inghilterra perché il pubblico non la legge e di conseguenza non la influenza. Il pubblico ama insultare i poeti perché sono individui ma, una volta che li ha insultati, li lascia in pace. Nel caso del romanzo e del dramma, arti per le quali il pubblico nutre un interesse, il risultato dell’esercizio dell’autorità popolare è stato assolutamente ridicolo. Nessun paese come l’Inghilterra produce una narrativa così mal scritta, così noiosa e banale nella forma del romanzo, opere teatrali così stupide e volgari. Non può essere altrimenti. Il livello popolare ha una tale caratteristica che nessun artista vi si può adattare. È al contempo troppo facile e tropo difficile essere un romanziere popolare. È troppo facile, perché le richieste del pubblico per quel che riguarda l’intreccio, lo stile, la psicologia, la trattazione della vita e la trattazione della letteratura sono alla portata della capacità più infima e della mente meno colta. È troppo difficile, perché per far fronte a simili richieste l’artista dovrebbe violentare il proprio temperamento, dovrebbe scrivere non per la gioia artistica della scrittura ma per il divertimento di persone semicolte e dovrebbe così sopprimere il proprio individualismo, dimenticare la propria cultura, annullare il proprio stile e rinunziare a tutto ciò che in lui vale qualcosa. Nel caso delle opere teatrali le cose vanno un po’ meglio: al pubblico che va a teatro piacciono le cose ovvie, è vero, ma non quelle noiose; e la commedia burlesca e farsesca, le due forme più popolari, sono due forme d’arte ben distinte. Possono essere prodotte opere deliziose sotto le forme del burlesco e del farsesco, e in opere di questo tipo gli artisti in Inghilterra godono di grande libertà. È quando si giunge alle forme di teatro più elevate che si vede il risultato del controllo pubblico. L’unica cosa che non piace al pubblico è la novità: ogni tentativo di estendere i soggetti dell’arte è estremamente sgradito al pubblico, e tuttavia la vitalità e il progresso dell’arte dipendono in grande misura dalla continua estensione dei suoi soggetti. Al pubblico la novità non piace perché ne ha paura. Rappresentano, a suo parere, una modalità dell’individualismo, una rivendicazione da parte dell’artista del diritto di scegliersi i propri soggetti e di trattarli come gli pare. Il pubblico ha ragione, in questo suo atteggiamento. L’arte è individualismo e l’individualismo è una forza che disturba e disintegra. In ciò sta il suo immenso valore. Perché quello che cerca di disturbare è la monotonia del tipo, la schiavitù dei costumi, la tirannia dell’abitudine e la riduzione dell’uomo al livello di una macchina. Nell’arte il pubblico accetta ciò che è stato perché non può modificarlo, non perché lo apprezza. Inghiotte i suoi classici interi e non li assapora mai. Li sopporta come inevitabili e, poiché non può rovinarli, ne ciancia a vanvera. Abbastanza strano, o niente affatto strano, a seconda dei punti di vista, è il fatto che questa accettazione dei classici arrechi loro un gran danno. L’accettazione acritica della Bibbia e di Shakespeare in Inghilterra è un esempio di ciò che intendo. Riguardo alla Bibbia, le considerazioni dell’autorità ecclesiastica entrano nella materia, per cui non occorre che mi soffermi su questo punto. Ma nel caso di Shakespeare è abbastanza ovvio che il pubblico non vede davvero né i pregi né i difetti delle sue opere. Se ne vedesse i pregi, non muoverebbe obiezioni al loro sviluppo; e se ne vedesse i difetti, parimenti non muoverebbe obiezioni al loro sviluppo. Il fatto è che il pubblico si serve dei classici di un paese come un mezzo per ostacolare il progresso dell’Arte. Il pubblico degrada i classici in autorità. Esso li usa come randelli per impedire la libera espressione della Bellezza in nuove forme. Chiede sempre a uno scrittore perché non scrive come un altro, o a un pittore perché non dipinge come un altro, dimenticando del tutto il fatto che se entrambi si mettessero a fare una cosa del genere smetterebbero di essere artisti. Un nuovo modello di Bellezza è assolutamente estraneo al gusto del pubblico, e quand’anche si manifestasse il pubblico diventerebbe così furioso e stordito da usare sempre due stupide espressioni – una è che quell’opera d’arte è grossolanamente incomprensibile; l’altra, che quell’opera d’arte è volgarmente immorale. Ciò che il pubblico intende dire con queste parole mi sembra sia così. Quando dice che un’opera è grossolanamente incomprensibile, vuol dire che l’artista ha detto o fatto una cosa bella che è nuova; quando descrive un’opera come volgarmente immorale, vuol dire che l’artista ha detto o fatto una cosa bella che è vera. La prima espressione si riferisce allo stile, la seconda all’argomento. Ma probabilmente il pubblico usa le parole molto vagamente, come una folla ordinaria adopera i sassi già pronti per il selciato.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine