Oscar Wilde – La Ballata del Carcere di Reading V
Creato il 04 giugno 2015 da Marvigar4
Oscar Wilde
La ballata del carcere di Reading
Traduzione in italiano
Dall’originale in inglese
The Ballad of Reading Gaol
Di Marco Vignolo Gargini
V
Io non so se le Leggi siano giuste
O se le Leggi siano sbagliate;
Tutto ciò che sappiamo noi che siamo in carcere
È che il muro è robusto;
E che ogni giorno è come un anno,
Un anno dai giorni lunghi.
Ma questo io conosco, che ogni Legge
Che gli uomini hanno fatto per l’Uomo,
Da quando il primo Uomo tolse la vita a suo fratello,
E il mondo triste ebbe inizio,
Non fa che gettare il grano e salvare la pula
Con un setaccio più malvagio.
Questo ancora io so – e sarebbe saggio
Se ognuno potesse sapere la stessa cosa –:
Che ogni prigione che gli uomini edificano
È costruita con mattoni di vergogna,
E serrata da sbarre per timore che Cristo possa vedere
Come gli uomini mutilano i loro fratelli.
Con sbarre ottenebrano la graziosa luna
E accecano il benevolo sole;
E fanno bene a nascondere il loro Inferno,
Poiché in esso si commettono delle cose
Che Figlio di Dio o figlio di Uomo
Non dovrebbero vedere mai!
* * *
Le azioni più vili come erbe velenose
Fioriscono bene nell’aria della prigione;
E soltanto ciò che è buono nell’Uomo
Che si sciupa e si dissecca laggiù:
La pallida Angoscia osserva il pesante cancello,
E il secondino è Disperazione.
Poiché essi affamano il piccolo bimbo spaventato
Fino a farlo piangere notte e giorno:
E fustigano il debole, e frustano il demente,
E sbeffeggiano il vecchio canuto,
E alcuni impazziscono, e tutti diventano cattivi,
E nessuno può dire una parola.
Ogni angusta cella in cui dimoriamo
È una lurida e buia latrina,
E l’alito fetido della Morte vivente
Soffoca ogni schermo di sbarre,
E tutto meno la Lussuria diventa polvere
Nell’ingranaggio dell’Umanità.
L’acqua salmastra che lì beviamo
Cola con una bava nauseante,
E il pane amaro che pesano con la bilancia
È pieno di gesso e di calce,
E il Sonno non si corica, ma vaga
Con occhi allucinati, e grida contro il Tempo.
* * *
Ma per quanto l’esangue Fame e la verde Sete
Lottino come aspide con vipera,
Ci curiamo poco del vitto della prigione,
Perché quello che raggela e uccide del tutto
È che ogni pietra sollevata di giorno
Di notte diventa il tuo cuore.
Con la mezzanotte sempre nel cuore
E il crepuscolo nella nostra cella
Giriamo la manovella, o sfrangiamo la fune,
Ciascuno nel suo Inferno separato,
E il silenzio è assai più orrendo
Del suono di una campana di bronzo.
E mai una voce umana si avvicina
A pronunciare una parola gentile:
E l’occhio che guarda dalla porta
È un occhio duro e spietato:
E da tutti dimenticati, continuiamo a imputridire,
Con anima e corpo corrotti.
E così arrugginiamo la catena di ferro della Vita
Degradati e soli:
E c’è chi maledice, e c’è chi piange,
E c’è chi non emette un solo lamento;
Ma le Leggi eterne di Dio sono clementi
E spezzano il cuore di pietra.
* * *
E ogni cuore umano che si spezza
In cella o nel cortile del carcere,
È come il vaso spezzato che rese
Il suo tesoro al Signore,
E colmò la casa del sudicio lebbroso
Del profumo del più prezioso nardo.
Ah! Felici coloro il cui cuore può spezzarsi
E conquistare la pace del perdono!
Come può altrimenti l’uomo seguire il retto cammino
E mondarsi l’animo del Peccato?
Come se non da un cuore spezzato,
Può entrare Cristo Signore?
E lui col collo gonfio e paonazzo
E gli occhi rigidi e fissi,
Aspetta le sante mani che portarono
Il Ladro in Paradiso;
E un cuore spezzato e contrito
Il Signore non lo disprezzerà.
L’uomo in rosso che distribuisce la legge
Gli diede tre settimane di vita,
Tre piccole settimane in cui risanare
L’anima dal conflitto dell’anima sua,
E lavare ogni macchia di sangue
Dalla mano che strinse il coltello.
E con lacrime di sangue egli lavò la mano,
La mano che strinse l’acciaio:
Poiché solo il sangue può cancellare il sangue,
E solo le lacrime possono sanare:
E la macchia scarlatta che fu di Caino
Divenne il niveo sigillo di Cristo.
VI
Nel carcere di Reading presso la città di Reading
C’è un pozzo di vergogna,
E in esso giace un infelice
Divorato da denti di fiamma,
In un sudario ardente egli giace,
E la sua tomba non ha nome.
E là, finché Cristo non chiamerà i morti,
Lasciatelo giacere in silenzio:
Non c’è bisogno di sprecare lacrime sciocche,
Né di esalare il sospiro di un vento:
L’uomo aveva ucciso la cosa che amava,
E pertanto doveva morire.
Eppure ogni uomo uccide la cosa che ama,
Che questo sia udito da tutti:
C’è chi lo fa con uno sguardo amaro,
Chi con parole d’adulazione,
Il codardo lo fa con un bacio,
L’uomo valoroso con la spada!
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