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Oscar Wilde “Penna, matita e veleno – Uno studio in verde” 6

Creato il 03 agosto 2012 da Marvigar4

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OSCAR WILDE
PENNA, MATITA E VELENO
UNO STUDIO IN VERDE

Titolo originale: PEN, PENCIL AND POISON – A STUDY IN GREEN
Traduzione di Marco Vignolo Gargini

   Anche le sue simpatie furono meravigliosamente varie. In tutto ciò che aveva a che fare con il teatro, per esempio, egli era sempre estremamente interessato, e con forza sostenne la necessità della precisione archeologica nei costumi e nel decoro delle scene. ‘In arte’, afferma in uno dei suoi saggi, ‘qualunque cosa meriti affatto d’essere composta merita d’essere composta bene’; e puntualizza che una volta permessa l’intrusione degli anacronismi, diventa arduo asserire dove va tracciata la linea di confine. In letteratura, ancora, come Lord Beaconsfield in una famosa occasione, egli era ‘dalla parte degli angeli’. Fu uno dei primi ad ammirare Keats e Shelley, ‘il vibrantemente sensitivo e poetico Shelley’, come lo definisce. La sua ammirazione per Wordsworth fu sincera e profonda. Apprezzò pienamente William Blake. Una delle migliori copie adesso esistenti dei Songs of Innocence and Experience fu scritta appositamente per lui. Amò Alain Chartier, e Ronsard, e i drammaturghi elisabettiani, e Chaucer e Chapman, e Petrarca. E per lui tutte le arti erano un’unica arte. ‘I nostri critici’, sottolinea con molto giudizio, ‘a stento sembrano consci dell’identità dei primi semi della poesia e della pittura, né del fatto che ogni vero progresso nello studio serio di un’arte genera insieme una perfezione proporzionale all’altra’; e altrove dice che se un uomo che non ammira Michelangelo parla del proprio amore per Milton, sta ingannando o se stesso o i suoi ascoltatori. Con i suoi colleghi collaboratori del London Magazine egli fu sempre molto generoso, e faceva le lodi di Barry Cornwall, Allan Cunningham, Hazlitt, Elton, e Leigh Hunt senza il minimo segno della malizia di un amico. Alcuni dei suoi schizzi su Charles Lamb sono a modo loro ammirevoli, e, con l’arte del vero commediante, attingono il loro stile dal loro soggetto: 
 
   Che posso dire di te più di ciò che a tutti è noto? Che tu hai l’allegria di un ragazzo unita alla saggezza di un uomo: un cuore gentile quanti mai fecero venire le lacrime agli occhi.
   Con quanto spirito non sarebbe pronto a cogliere il significato delle vostre parole, e a porre un concetto assai opportuno in un momento inopportuno. Il suo discorso senza affettazione era un concentrato denso, come i suoi amati elisabettiani, fino all’oscurità. Come chicchi di grano d’oro fino, le sue sentenze venivano battute in intere distese. Aveva poca pietà per la fama contraffatta, e una caustica osservazione sulla moda per uomini di genio era per lui un argomento consueto.
   Sir Thomas Browne era un suo ‘amico del cuore’; altrettanto lo era Burton, e il vecchio Fuller. Nella sua amorosa vena si gingillava con quella Duchessa senza pari in odore di molti in folio; e con le commedie del miglior periodo di Beaumont e Fletcher egli ispirò sogni eterei. Pronunciava chiose critiche su questi, come un ispirato, ma era bene fare in modo che fosse lui a scegliere il proprio gioco; se un altro iniziava a disquisire perfino sui suoi autori favoriti dichiarati, era capace di interromperlo, o piuttosto di aggiungersi alla disquisizione, con  un modo che non sappiamo se definire portato a fraintendere o malizioso. Una sera da C***, i due drammaturghi suddetti furono l’argomento temporaneo della conversazione. Mr. X. encomiò la passione e lo stile altero di una tragedia (non so quale delle loro), ma fu immediatamente ripreso da Elia, che gli disse ‘Quella non era niente; le liriche erano le creazioni nobili – le liriche!’

   Un lato della sua carriera letteraria merita una notazione speciale. Il giornalismo moderno può dirsi in debito con lui almeno quanto con qualsiasi uomo della prima parte di questo secolo. Egli fu il pioniere della prosa asiatica, e si dilettò con epiteti pittoreschi e pompose esagerazioni. Possedere uno stile così sontuoso da dissimulare il soggetto è una delle più alte imprese di un’importante e assai ammirata scuola di prime firme di Fleet Street, e questa scuola Janus Weathercock si può affermare che l’abbia inventata. Vide anche che era alquanto facile attirare il pubblico con continue reiterazioni verso la sua personalità, e nei suoi articoli di puro giornalismo questo straordinario giovane racconta al mondo cosa ha mangiato a pranzo, dove compra i suoi vestiti, che vini ama, e in quale stato di salute si trova, neanche stesse tenendo delle rubriche settimanali  per qualche giornale popolare del nostro tempo. Dal momento che questo era il lato meno pregiato della sua opera, è quello che ha avuto l’influenza più scontata. Oggidì un pubblicista è un uomo che annoia la comunità con i dettagli sulle illegalità della sua vita privata.
   Come la maggioranza delle persone artificiali, aveva un grande amore per la natura. ‘Io tengo tre cose in grande stima’, dice da qualche parte: ‘sedere pigramente su di un’altura che domina una ricca prospettiva; starmene all’ombra di alberi fitti mentre il sole splende attorno a me; e godermi la solitudine con la consapevolezza dei dintorni. La campagna mi dà tutte queste cose’. Scrive dei suoi vagabondaggi per fragranti ginestre spinose e brughiere ripetendo L’Ode to the Evening di Collins, solo per cogliere la qualità raffinata del momento; del suo affogare il viso ‘in un’aiuola bagnata di primule, madida di rugiade di maggio’; e del piacere di vedere le mucche dal dolce alito ‘passare al tramonto lentamente verso la stalla’, e d’ascoltare ‘il rintocco distante dei sonagli del gregge’. Una delle sue frasi, ‘il narciso avvampato nella sua fredda zolla di terra, come un solingo dipinto del Giorgione su di un bruno pannello di quercia’, è curiosamente caratteristica del suo temperamento, e questo passo è a suo modo piuttosto grazioso:
 
   La tenera erba corta era ricoperta di margherite- ‘quelle che gli uomini chiamano pratoline nella nostra città’ – fitte come stelle in una notte d’estate. Lo stridente gracchiare dei corvi indaffarati giunse piacevolmente addolcito da un alto tetro olmeto a qualche distanza, e a intervalli si udì la voce di un ragazzo che faceva fuggire gli uccelli dai campi appena seminati. Le blu profondità erano del colore del più cupo oltremare; non una nube striava l’etra calma; solo intorno al bordo dell’orizzonte fluiva una lieve, calda pellicola di brumoso vapore, contro la quale il vicino villaggio con la sua chiesa di pietra antica mostrava la sua nitida figura con abbacinante biancore. Mi sovvennero i Lines written in March di Wordsworth.



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