Oscena Lamù
…tra Mitopoiesi, Priapismo
e Letteratura Fai da Te
di Iannozzi Giuseppe
Si vocifera che il nome Lamù derivi da Agnes Lum, una cantante pop di Hong Kong molto famosa in Giappone negli anni Settanta; c’è però chi dice che Agnes Lum fosse in realtà una modella a cui Lamù somiglierebbe. Sinceramente non m’interessa approfondire simili dettagli: io so solo che con Lamù ho avuto le prime vere sincere gioie della vita – forse le sole -, nonché il primo grande incontro con la Mitopoiesi. Quelli erano tempi, tempi che purtroppo non torneranno mai più. Lo so ora, adesso, e forse è già troppo tardi. Ma per mia fortuna, ho quasi tutti gli episodi di Lamù in Vhs e quando mi sento troppo giù, allora caccio una videocassetta nel videoregistratore e subìto mi sento meglio.
I problemi si presentano solo quando mi squillano dabbasso il campanello e m’annunciano che devo scegliere di che morte morire: Mitopoiesi o Priapismo? Ed io rispondo che se fosse ancora come ai bei tempi quando la Mitopoiesi non era ancora stata banalizzata, allora potrei pure morire per lei; ma visto che oggi Mito è sia Lamù che una frasca ingiallita di sedano, non vedo per quale motivo dovrei. Poi spunta il Prete Nero che mi parla e mi parla della fedeltà e di altre torture simili tipo la Fine o The End di Jim Morrison, e così alla fine sempre mi presenta la Bibbia o il solito sedano ingiallito ed è come se m’invitasse a morire di Priapismo. Ed allora io comincio a tirare giù bestemmie a tutto spiano, ma tanto non serve perché quello gioca truccato: c’ha in testa tutto il repertorio degli Squallor e anche il The very best OFF, così attacca e mi spara addosso una giaculatoria fulminante, che quel capellone yuppie di Gesù Cristo manco se prega il Grande Fratello di Saranno Famosi gli viene!
A ogni modo, o mano, un giorno – me lo ricordo bene – sono in libreria. Sì, ho rischiato che i miei parenti-serpenti chiamassero la Neuro… mi dicevano impazzito.
A ogni mano che mi tocca per distrazione o che altro, io ringhio. Non avrei mai immaginato che una libreria fosse tanto affollata: non c’è un solo angolo libero, neanche tra gli scaffali dedicati alla spiritualità e alla Ferrarelle con le bollicine. Un mare di non-lettori che… ‘na vergogna. Poi m’avvicina una tipa e mi fa: “Brava a letto!”. Io la guardo e capisco che non è Lamù: “Signora, non l’avrei mai detto guardandola!”. Quella un po’ se la piglia, è chiaro, e m’attacca: “Guardi, Signore, che io parlavo del libro”. E me lo mette sotto il naso. Annuso. Tiro. Quasi svengo. Non so come, ma mi ritrovo con la testa in mezzo alle poppe di quella, e quella non dice nulla, anzi continua, continua a spingermi la testa dentro. Alla fine è dovuto intervenire un commesso: le ha piazzato in faccia una copia d’un libro micidiale, Va’ dove ti porta Porta a Porta, e quella è scappata urlando, manco l’avessero minacciata con un film Walt Disney. Ma non sono ancora fuori pericolo: difatti il commesso mi minaccia di non importunare le clienti, altrimenti sarà costretto a seppellirmi sotto tutto l’Inveduto che va sotto il titolo La verga di Aronne di uno che non ho mai sentito nominare in tutta la mia vita, un certo David Herbert Lawrence. Inutile: cerco di spiegargli che io sono senza peccato come l’Agnello di Dio, ma quello continua a minacciarmi. Fuggo e trovo rifugio tra una Guerra agli umani e New Thing. Ingenuamente mi credo al riparo da tutto il male del mondo dei non-lettori, quando appare uno che mai ho visto; mi prende di peso e mi sussurra in un orecchio: “Lei, che ne dice di Io uccido?”. Mi strappo via da quel tipo strano e dalla sua minaccia, inciampo e finisco a terra lungo disteso, ma subito vengo seppellito da La montagna incanta di Thomas Mann: per il mio bene, decido che è proprio il caso che me ne stia calmo sepolto sotto la montagna, perché sempre vero è che se la Montagna non va da Maometto… insomma, mi par chiaro.
Non lo so neanche io quanto tempo sono rimasto sotto la Montagna, ma ad un certo punto sento il bisogno di provare a respirare ancora: con un sforzo immane mi traggo fuori e subito vengo tramortito da La qualità dell’aria… un non-lettore impazzito, una sorta di kamikaze occidentale, ha pensato bene di darmi ‘na bella botta in testa. Incespicando come un ubriaco, con la schiena piegata e la testa dolorante, riesco a raggiungere un tizio che, uguale a un francescano vecchia maniera, m’accoglie fra le sue braccia gridando “We shall overcome”. Lo capisco da me che rischio di finir male quando veniamo investititi da uno che pare Oliver Stone: scoppia un gran casino, volano botte e libri. Alla fine, quello che sembra Oliver Stone mi ha con sé e io capisco che è un invasato. Attacca a parlarmi di Alessandro Magno, il Macedone o la Macedonia – non ricordo più bene – e non fosse stato per HAL, per la sua voce in lontananza che ha seminato panico e terrore in tutta la libreria, oggi non vi racconterei né di Lamù né della Mitopoiesi. Tuttavia la mia Odissea non può dirsi terminata dopo il panico seminato da HAL: Gandalf è davanti a me ed è pronto ad usare la sua arma più micidiale, La Trilogia della Fallaci. Un commesso inferocito, o solo terribilmente spaventato, si getta all’improvviso addosso a Gandalf: in mano ha una copia de Il Codice da Vinci. Le pagine della Fallaci e di Dan Brown fanno scintille. Comincio a pregare, non posso fare altro: “Ho appena assistito allo scontro mitologico fra le pagine della Fallaci e quelle del Codice di Dan Brown/ Io ero proprio nel mezzo dello scontro/ Sono ancora frastornato/ Un pazzo sta cercando di ficcarmi un paletto al centro del cuore/ gridando come un ossesso che “il tempo è venuto!”/ e che devo scegliere di che morte morire/ Ma se mi ridate indietro Lamù e i suoi occhi verdi/ e un po’ di Onan (No, Conan il Barbaro non mi piace)/ posso pure scendere a patti/ e provare a riscaldarmi/ proprio come una lucciola in Corso Unità d’Italia/ Alla faccia del termosifone!” La mia preghiera viene ascoltata… Col cavolo, e vi assicuro che la Littizzetto non è Lamù. Praticamente ormai so d’esser spacciato e che la mia preghiera non è servita, o se è servita… non lo so più. Però la rabbia è forte, è ben turgida dentro di me.
Delirante, vengo portato via in barella. Mi tiene compagnia l’eco della mia voce, che continua a ripetere, a ripetermi: “Oh, primo amor di mano, di prima mano, quanto ancor t’amo!”. In lontananza, mentre vengo tradotto nell’ambulanza, la minaccia continua da sé: “Ci penso anche se è difficile, ho un altro passo di scrittura. Farò un romanzo che inizia e sai già come va a finire e intanto ci sono dialoghi bellissimi. Ma poi quando sento gli scrittori che dicono: ‘Mi isolo, sento le cicale, mi deprimo’. Io combatto col termosifone”.
Sono convalescente, molto più di là che non nell’aldiquà. Ho le mie videocassette, quelle ce le ho ancora, quasi tutti gli episodi dell’Oscena Lamù. Li guardo e prego, prego, prego con Furia à la Salman Rushdie nonostante l’astigmatismo.
Non provateci neanche per sogno a toccarmi Lamù! Mi tocco da me, da solo! Non ho bisogno d’una mano. Sia chiaro: dei sedani ingialliti non me ne frega un piffero… non ne voglio che sapere.
Lo so che non è ancora finita…
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