No no no, non si fa così, signor Sapkowski. Non si conclude un libro con una frase del genere per poi rimandare il tutto alla prossima avventura. Sarebbe come chiudere un romanzo con una risleka, e questo non è possibile. Semplicemente sono cose che non si fanno.
Va bene, partiamo dall’inizio invece che dalla fine.
Qualche giorno fa ho terminato la lettura di Il sangue degli elfi di Andrzej Sapkowski. Che l’autore mi piaccia penso che fosse evidente anche dai precedenti commenti. E non sono solo io ad amarlo. Anche se non sono esattamente bestsellers e non raggiungono i primi posti nelle classifiche i suoi romanzi vendono bene. Merito degli appassionati del videogioco The Witcher, ma non solo. Probabilmente Nord ha iniziato a tradurre le storie di Geralt di Rivia proprio perché il videogioco ha avuto un notevole successo, ma non c’è bisogno di amare The Witcher per amare queste storie. Io con i videogiochi sono un impiastro, sono rimasta a cose come Space Invaders e Packman, e il massimo della modernità è il primo Tetris. Però queste storie sono davvero ben scritte e affascinanti, e ho voglia di leggerne altre.
Il sangue degli elfi è del 1994, ma malgrado il tempo trascorso non ha perso un briciolo della sua forza. Per alcuni romanzi lo scorrere del tempo è impietoso, quando li si legge si sente che sono vecchi ma che non diventeranno mai dei classici. Questo è attuale, e visto che Sapkowski ha scritto numerosi seguiti in teoria è possibile andare avanti con la lettura. Solo che temo che Nord continuerà a proporci un solo libro all’anno, e quindi ci vorrà ancora parecchio per sapere qualcosa di più sul destino di Geralt, Yennefer, Ranuncolo e della piccola Ciri.
Questa la bibliografia di Sapkowski:
Antologie:
Wiedźmin, 1990, cinque storie, quattro delle quali sono state ristampate in Ostatnie życzenie (Il guardiano degli innocenti);
La spada del destino (Miecz przeznaczenia, 1992), 6 storie;
Il guardiano degli innocenti (Ostatnie życzenie, 1993), 7 storie;
Coś się kończy, coś się zaczyna, 2000), 8 storie, due delle quali collegate alla saga The Witcher.
La saga:
Il sangue degli elfi (Krew elfów, 1994);
Czas pogardy, 1995;
Chrzest ognia, 1996;
Wieża Jaskółki, 1997;
Pani Jeziora, 1999.
La trilogia Hussita:
Narrenturm 2002;
Boży bojownicy, 2004;
Lux perpetua, 2006.
Altre opere
Żmija, 2009, romanzo ambientato durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan;
Oko Yrrhedesa, 1995, gioco di ruolo;
Świat króla Artura. Maladie, 1995, uno studio e un racconto sulla mitologia arturiana;
Rękopis znaleziony w Smoczej Jaskini, 2001, compendio enciclopedico sul fantasy.
Per una recensione al libro, che consiglio vivamente di leggere (dopo aver letto Il guardiano del destino e La spada degli innocenti, ovviamente) vi rimando alla recensione di Francesco Coppola: http://www.fantasymagazine.it/libri/13054/blood-of-elves/. Io mi limito a fare qualche commento apocalittico.
Si comincia con la profezia iniziale:
«In verità vi dico, si approssima l’Era della Spada e
dell’Ascia, l’Era della Tempesta del Lupo. Si approssima
il Tempo del Gelo Bianco e della Luce Bianca,
il Tempo della Follia e il Tempo del Disprezzo, Tedd Deireádh,
il Tempo della Fine. Il mondo perirà sotto un manto
di ghiaccio e rinascerà insieme con un nuovo sole.
Rinascerà dal Sangue Antico, dal seme piantato, Hen Ichaer.
Un seme che non germoglierà, ma divamperà in fiamma.
Ess’tuath esse! Così sarà! Scrutate i segni! Quali saranno
i segni vi dirò: innanzitutto la terra gronderà di sangue,
dell’Aen Seidhe, il Sangue degli Elfi…»
Aen Ithlinnespeath, la profezia d’Ithlinne Aegli aep Aevenien
pag. 9.
Non certo una profezia incoraggiante questa. Certo, a ben guardare dice che il mondo rinascerà, magra consolazione per chi morirà nell’apocalisse che deve giungere. Non proprio uguale a quella che troviamo qualche pagina più avanti, ma davvero si può credere nelle profezie?
“«Ravvedetevi finché siete in tempo, peccatori, perché l’ira e la vendetta degli dei incombono su di voi! Ricordate la profezia d’Itlina, le sue parole sulla punizione che ricadrà sulla stirpe avvelenata dai crimini! Ricordate: ‘Verrà il Tempo del Disprezzo, e l’albero perderà le foglie e seccherà, i frutti marciranno, il grano diventerà amaro e, nei letti dei fiumi, invece di acqua scorrerà ghiaccio. E verrà il Gelo Bianco, e poi la Luce Bianca, e il mondo morirà spazzato da una tormenta di neve’. Così dice la profezia d’Itlina! Ma, prima che accada, appariranno segni premonitori e piahe si abbatteranno sulla terra, perché, ricordate, Nilfgaard è una punizione divina! È il flagello con cui gli Immortali vi sferzano, peccatori, affinché…»
Sheldon Skaggs pestò i piedi calzati in pesanti scarponi. «Ehi, chiudete il becco, sant’uomo! Le vostre superstizioni e le vostre scempiaggini fanno venire la nausea! Danno il voltastomaco…»
«Attento, Sheldon, non burlarti della religione altrui. Non è bello né cortese, e neppure… sicuro», lo interruppe l’alto elfo con un sorriso.
«Non mi burlo di niente», protestò il nano. «Non metto in dubbio l’esistenza delle divinità, ma m’indigno quando qualcuno le mescola nelle faccende terrene e getta fumo negli occhi alla ente con profezie di qualche elfa svitata.» (pag. 29-30)
Parole sante, Sheldon! “M’indigno quando qualcuno le mescola nelle faccende terrene e getta fumo negli occhi alla ente con profezie di…” di chiunque, direi io, visto che dubito che al giorno d’oggi ci siano molte persone che credono agli elfi. Però ce ne sono molte che credono alle profezie anche al di fuori dei romanzi, e questa non mi pare una bella idea. La fine del mondo a quanto pare riguarda la natura, ma è preceduta da una guerra, quella contro Nilfgaard. Su questa guerra avevamo avuto qualche accenno nel volume precedente, La lama del destino. Qui scopriamo qualcosa in più.
Prima di procedere noto che Sapkowski ha un modo tutto suo di intrecciare le storie dei vari personaggi, Ranuncolo, Geralt, Ciri, Yennefer, abbandonandoli improvvisamente o ritrovandoli tutto a un tratto in modi tali che è difficile a volte distinguere i fatti dalle finzioni.
“«Il mondo sta andando in rovina», ripeté Coën annuendo con aria falsamente meditabonda. «Quante volte l’ho già sentito!»
Lambert fece una smorfia. «Anch’io. E non c’è da stupirsi, ultimamente è sulla bocca di tutti. Così dicono i re, quando viene fuori che dopotutto per regnare è necessario almeno un briciolo di cervello. Cos’ dicono i mercanti, quando l’avidità e la stupidità li conducono alla bancarotta. Così dicono i maghi, quando cominciano a perdere la loro influenza sulla politica o sulle fonti di reddito. E colui cui viene rivolta questa frase deve aspettarsi che a essa segua subito una proposta.»” (pag. 135)
Ogni allusione alla realtà non è puramente casuale. Solo, ho paura di sentire la proposta.
“«Il problema è che continuiamo a ignorare quali non umani li aiutino e quali no», disse il mercante dai lineamenti nobili.
«Allora vanno presi tutti per la collottola.»
Il mercante sorrise. «Ah, capisco. L’ho già sentito da qualche parte. Prendere tutti per la collottola e gettarli nelle miniere, nei campi chiusi, nelle cave di pietra. Tutti. Anche gli innocenti. Anche le donne e i bambini. È così?»
Il cavaliere sollevò alla testa e diede una manata all’impugnatura della spada. «Esattamente, non si può fare altrimenti!»” (pag. 154)
Andrzej Sapkowski è nato a Lodz, in Polonia, ma per sua fortuna è nato tardi, nel 1948. Lui non ha certo visto la guerra, ma ha visto le sue conseguenze. Quali racconti avrà sentito? E quali echi destano le sue parole?
Da alcuni anni scrivo un testo dedicato al Giorno della Memoria, parlandone in chiave fantasy. Non per sminuire quanto avvenuto, ma per dire che anche la narrativa d’intrattenimento può toccare temi seri, talvolta drammatici. Devo ricordarmi di questo brano per il prossimo anno.
“«Durante l’alta marea, nel Delta non c’è acqua in senso stretto. C’è un liquido composto da escrementi, saponata, olio e ratti morti», lo interruppe Geralt.
«Purtroppo, il degrado ambientale… Non ci crederete ma, delle oltre duemila specie di pesci che vivevano in questo fiume solo cinquant’anni fa, ne sono rimaste non più di novecento. È un vero peccato…» (pag. 221)
“È un vero peccato” è tutto quanto sa dire lo studioso sul degrado ambientale, anche questo un segno della fine del mondo. Di quello di Geralt come del nostro, se non prenderemo provvedimenti.
Torneranno ancora le profezie nelle pagine di questo libro, e certo la situazione non sembra tanto allegra. Quella che è bella è la storia, e il modo in cui è scritta. Peccato solo che si sia interrotta, e che per poter andare avanti bisognerà aspettare ancora parecchi mesi.