In occasione del quinto Congresso della Regione africana anglofona del Comitato internazionale cattolico delle infermiere e delle assistenti medico sociali si è dibattuto ampiamente del grande lavoro che viene svolto quotidianamente dalla Chiesa cattolica, in Africa, attraverso tutta una rete di organizzazioni umanitarie no-profit e di associazioni internazionali, alcune anche abbastanza note al grosso pubblico (Cuamm di Padova) , i cui medici e personale sanitario s’impegnano nei luoghi più difficili del continente allo scopo di garantire quanto meno un’assistenza di base, specie per donne,bambini e anziani.
Paese ospite al Congresso, quest’anno, è stato in particolare lo Zambia, il cui ministro della sanità ha sottolineato nella sua relazione ai presenti e partecipanti che il 60% dei servizi sanitari, erogati nelle zone rurali del suo Paese,lo Zambia, sono frutto dell’impegno serio dell’associazionismo cattolico.
In altre realtà africane (cifre alla mano), che non sono lo Zambia - ha riferito sempre il ministro - l’impegno, comunque, non scende mai sotto il 40%.
E non è assolutamente poco se si considera la pressante “domanda” di cure sanitarie che viene richiesta dall’ Africa.
Si tratta, infatti, di garantire non soltanto quelle che sono le normalissime cure primarie in caso di necessità ma di fare fronte, con una prevenzione mirata, a tutt’oggi, per esempio alle ricorrenti e recidive pandemie di Aids sopratutto, le quali uccidono la migliore gioventù africana e creano eserciti di bambini orfani, i cui genitori sono morti e muoiono, appunto, a causa del male.
In breve, per questi medici e questo personale sanitario,che non si risparmia (e non sono pochi) diciamo che la parabola evangelica del “buon samaritano” ha un significato molto preciso.
Rappresenta una “chiamata”, cui non si può non rispondere.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)