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Otto agosto

Da Nuvolesparsetraledita

Otto agosto

Prendi sonno finalmente soltanto verso l’alba, quando il rossore del sole che nasce colora  le colline  già caldo,  e le lenzuola madide si attorcigliano senzà pietà attorno al corpo. Sale l’afrore del sudore, si spande la calura fra il copriletto leggero attorcigliato ai tuoi piedi ed il cuscino ormai acciaccato e stropicciato dai capelli umidi. La gatta gnaula pettegola al lato del letto pretendendo un ascolto, una risposta.

Non ricerchi altro corpo, altro calore: non vuoi fare affondare dentro di te altro sudore, altri odori. Allunghi le gambe al di fouri del letto alla ricerca di quell’aria che manca, poi rotoli in un sonno senza sogni senza richiami, in un sonno che non riposa.

Implacabile il mattino di agosto ti pretende  sul terrazzo dove le surfinie e i gelsomini aspettano con le foglie già un poco piegate un sorso d’acqua … le stanze soffocanti passano una dopo l’altra, e nessuna ti invoglia a fermarti. La camicia da notte di cotone leggero è fradicia, la testa svolazza qua e là senza soffermarsi su un solo pensiero.

I ricordi però sono lì, in agguato.

Tornati dalla Val Gardena, l’estate era scoppiata ancora più calda, quasi crudele per il bruciore della terra assetata anche in collina, per gli orti che si arrendevano alle zolle dure, per le case con le imposte sempre chiuse alla ricerca di un filo d’ombra.

Filologia romanza, La Chanson de Roland, la grammatica della lingua d’oil: sarebbe stato il tuo esame di fine settembre.

Lui preparava altre storie, altri progetti, e te li raccontava ogni sera quando arrivava sotto casa e tu salivi sulla vecchia centoventisette rossa per andare sulla strada lungo il fiume, dove le lucciole illuminavano appena il suo volto e le sue mani.

Neppure la calura di un mattino di agosto assopisce i ricordi

Lalolle gira per casa già da un po’: non riesce a dormire così si alza, si prepara il caffè, mangia svogliata qualche biscotto. I suoi occhi sempre più grandi nel viso magro ti danno ogni giorno un brivido lungo la schiena. Il suo sogno è pesante da portare, faticoso anche per chi ha lunghe gambe e spalle giovani. Ice invece dorme ancora,  si alza tardi trascinandosi alla ricerca di qualcosa che ancora non sa, perciò non trova mai. Infine comincia a ripetere ad alta voce diritto commerciale.

Implacabile il mattino di agosto avanza fra i panni colorati in lavatrice,  con poco detersivo per non sbiadirli, l’insalata di riso con tanta verdura per  fare un piatto unico e accendere poco i fornelli; avanza fra il trascinare stanco delle infradito di gomma e l’aria calda che muove appena la tenda bianca dell’unica stanza dove il sole non è ancora arrivato.

I ricordi sono sempre in agguato, neppure la calura li assopisce:  non c’è tempo per raccontare storie su di una pagina bianca.

Otto agosto

Non sono uscito di senno, ma sono stanco dell’estate.
Cerchi nel cassettone una camicia, e il giorno è perso.
Venga l’inverno e copra tutto, presto,
le città e le genti e, innanzitutto, il verde.
Io dormirò vestito, sfoglierò libri in prestito,
finché non se ne andrà per la sua strada l’anno,
quel che resta,
come il cane che sfugge al cieco e che traversa
lungo le strisce pedonali. È libertà
se scordi il patronimico del capo,
se è dolce la tua bocca più della chalvà
di Shiraz e se, col cervello strizzato
come il corno di un capro,
dall’occhio azzurro nessuna stilla scenderà.

Iosif Brodskij
Archiviato in:DIARIO, riflessioni e momenti, sensazioni Tagged: agosto, Iosif Brodskij, Selva di Val Gardena, Venezia

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