Una ricostruzione del viandante tirolese
La notizia è nota: Ötzi, la mummia trovata nel '91 in Sud Tirolo, aveva tratti genetici comuni con gli attuali corsi e sardi. A me pare una notizia sì curiosa, ma non sconvolgente: solo chi ha della preistoria un concetto, molto ideologico, di società rozze e immobili potrebbe pensare che donne e uomini non si muovessero e non solo in questa parte dell'attuale Europa. Niente di impressionante, insomma. Quali viaggi abbiano fatto gli antenati di Oetzi fra Sardegna, Corsica, Mitteleuropa è cosa al momento misteriosa e dubito che basti a scoprirlo la genetica. Intorno a questa notizia si scatenano pulsioni uguali e contrarie. Succede spesso, quando vengono alla luce nuovi studi sulla civiltà sarda e si avanzano conseguenti ipotesi di rovesciamento del conosciuto (lo stesso, del resto, è capitato e capita per altre espressioni delle società umane, da quella dell'arte rupestre nelle cosiddete “Cattedrali della preistoria” a quella degli abitanti di Glozel). Domina spesso la pulsione negazionista alla quale reagisce quella acritica, frutto di un vendicativo eccesso di autostima. Penso alla vicenda – qualcuno ha in mente un aggettivo diverso da allucinante? - dei giganti di Monti Prama. Una eccitazione con punte scioviniste ha fatto seguito a tentativi tesi a sminuirne valore e importanza. È forse più accettabile la tesi secondo cui i sardi scolpirono quelle statue per farsi belli coi dirimpettai fenici rispetto alla esaltazione delle statue come esempi di bellezza insuperata? Nessuna delle due va bene, chiaro, ma sarebbe sciocco dire che i due pronunciamenti hanno lo stesso impatto e la stessa gravità. Uno gode del conforto della cultura ufficiale, accademica e statale, l'altro è il borbottio di chi non si rassegna al disprezzo. Che io sappia, nessuno ha scritto che, per via della comunanza di tratti genetici, Oetzi fu un sardo-corso e che i sardo-corsi colonizzarono il Similaun e il Tirolo. Sarebbe comunque una sciocchezza sciovinista. Ma c'è chi, anche in questo blog, folgorato da ossessione nazionalista granditaliana, definisce italiana la mummia, confondendo non innocentemente una espressione geografica (la penisola che va dalle Alpi a Scilla) con uno status politico (la Repubblica italiana). Qualcosa persino più ridicolo della pubblicità di una banca senese che parla di una “storia italiana dal 1492”. A questo porta, del resto, la paranoia nazionalista dell'oggi per ieri di chi pensa a una linearità progettuale della unità statuale, immaginando un destino preordinato, costante e coerente a legare Oezi a Garibaldi. A questo destino tutto si piega. La civiltà nuragica? Grandiosa e straordinaria, come è naturale che sia trattandosi di una civiltà italiana, purché naturalmente non pretenda di avere tratti originali, tutti suoi. Dirlo o anche solo pensarlo è misfatto da rubricare come “sardista”.