Per l’ultima uscita di “Out of Sight: l’uomo in più” del 2015, prima dell’interruzione in vista della pausa natalizia, forse accecati da un po’ del buonismo che queste feste irrimediabilmente portano, ma si è deciso di dedicare l’ultimo pezzo dell’anno a Gareth Bale. Proprio lui, Mister 100 milioni.
Tralasciando le inevitabili perplessità (etiche oltrechè economiche) che possono derivare da una cifra del genere per l’acquisto di un solo cartellino, da quando indossa la casacca dei Blancos, Bale sembra non meritare più l’appellativo di “uomo in più” che l’aveva visto esplodere col Tottenham ai danni dell’Inter reduce dal triplete. Sull’immensità del costo della trattativa si sono espressi duramente in molti, da Zidane (che coerentemente non nega l’assurdità del costo del proprio passaggio al Real, 75 milioni nel lontano 2001) al Tata Martino, che definì l’acquisto “irrispettoso nei confronti del mondo”. Ma questa non è la sede per discuterne, ci sono troppi parametri esterni alle mere vicende del “rettangolo verde” di cui bisognerebbe tener conto, dagli sponsor al merchandising, per poter criticare con coscienza le scelte della società madrilena. Tuttavia, non si può non notare che, pur essendo il calciatore complessivamente più costoso della rosa (in una settimana guadagna il doppio dello stipendio annuale del primo ministro inglese Cameron), in questi due anni non sia ancora riuscito a diventare il punto di riferimento della squadra. Non sono mancati goal pesanti, è innegabile: tre volte a segno in ben quattro finali giocate (Champions League, Copa del Rey, Supercoppa UEFA, campionato del mondo per club), più un assist. Ed è altrettanto evidente che avere in squadra il secondo giocatore più forte e prolifico del mondo non sia vantaggioso quando si tenta di affermare la propria leadership. Eppure la curva madridista continua a percepirlo come un lusso eccessivo, commisurato alla continuità nelle prestazioni, a percepirne la mostruosa superiorità fisica ma sottolineandone il poco spettacolo prodotto. Lo scorso anno, dopo l’eliminazione in semifinale di Champions inflitta dalla Juventus, fu identificato come primo responsabile per gli errori sotto porta, insieme al Presidente Pérez, colpevole di un investimento così spropositato. Il KO costò il posto ad Ancelotti ma Bale fu confermato tra i mugugni e, nell’ultimo match di Liga, quello dello scorso 20 dicembre, l’ex Spurs sembra finalmente essersi risvegliato: poker nel match della polemica contro il Rayo Vallecano, conclusosi con uno 10-2 che resterà negli annali. Che abbia realizzato di poter essere davvero l'”uomo in più” di questo Real?
Mostruoso @realmadrid: vittoria 10-2 sul @RVMOficial (4x #Bale, 3x #Benzema, 2x #Ronaldo, #Danilo). #SkySport pic.twitter.com/MXvGkrXIfg
— Sky Sport (@SkySport) 20 Dicembre 2015
Descrivere Bale non è così immediato, soprattutto all’interno di una rubrica dedicata ai migliori talenti d’Europa. A prima vista non sembra rientrare nel classico profilo del “predestinato”, del campione che sembra nato con gli scarpini ai piedi. Classe 1989, trascorre un’infanzia piuttosto tranquilla. Nasce a Cardiff, in uno dei borghi più antichi, Withchurch, in una famiglia di piccoli-borghesi. Il padre Frank è un custode scolastico, la madre Debbie un’impiegata in uno studio legale. Poco propenso agli studi, si appassiona allo sport fin da piccolo: dal rugby all’atletica. Quando a circa 12 anni, inizia a destreggiarsi sui campi da calcio, non mostra alcun talento straordinario. Lo sviluppo fisico tardivo (fu basso fino ai 15 anni, per poi prendere 20 cm in 18 mesi) gli causò diversi fastidi muscolari alla schiena che sembravano minarne la velocità, che già allora lo contraddistingueva, mentre la scarsa propensione al dribbling e ai tricks “alla Ronaldinho” sembrano oscurarne le doti nel tocco di palla. La stella della scuola, ai tempi, era un tale, Liam Palmer, oggi relegato ad una categoria semi dilettantistica. Fu lo zio materno, Chris Pike, ex calciatore con le casacche di Fulham e Cardiff, a intuire fin dal primo momento le enormi potenzialità del nipote: Gareth aveva appena nove anni e lo sfidò a una gara a chi colpiva più volte la traversa. Pike ne uscì sconfitto. Se le doti tecniche per alcuni non sono ancora lampanti, già allora però Bale riesce ad emergere per le qualità caratteriali che l’hanno portato a diventare un calciatore di livello mondiale: la determinazione, la serietà e l’altruismo e la feroce competitività. Se da un lato era così smanioso di vincere tanto da “tradire” il patto con un amico, un tale Richard Thatam, con cui si era accordato di arrivare insieme al traguardo ad una gara di atletica, per poi superarlo all’ultimo, dall’altro aveva l’umiltà di assecondare un insegnante di educazione fisica che pretese di farlo giocare per tre anni solo col piede debole pur di costringerlo a creare più interazione coi compagni in campo. Mai attratto da alcool e feste, estremamente timido e riservato, l’unica sua debolezza era la passione sconsiderata per i videogiochi. Entrato finalmente a far parte delle giovanili del Southampton, nel 2006 dopo un anno di rodaggio esordisce in prima squadra, il 17 aprile, appena sedicenne: il secondo esordiente più giovane nella storia del Saints. Lo precede solo Theo Walcott, più giovane di 132 giorni. Il primo grande salto lo compie appena un anno dopo, nel 2007, passando al Tottenham per 5 milioni di sterline. Per i primi tre anni, però, il gallese non decolla: dopo pochi mesi un tackle sulla caviglia da parte di Fabrice Muamba (che nel 2012 verrà colpito da un attacco di cuore proprio nel match contro il Tottenham) gli spezza i legamenti della caviglia mettendo a repentaglio l’intera prima stagione. La continuità latita anche nelle due successive stagioni, e anche per la guida tecnica non va meglio: sulla panchina si susseguono ben tre allenatori in pochi mesi. Riacquistata definitivamente la forma fisica, Bale si ritrova a combattere col nuovo allenatore Harry Redknapp per un posto da titolare. Non fu facile: secondo il mister, Bale non convinceva nella manovra difensiva, aveva poca resistenza nei contrasti corpo a corpo. Inoltre, la cosiddetta “maledizione di Bale” montata dai media sembrava perseguitarlo: nei primi due anni, con Bale in campo, gli Spurs non vinsero una sola partita, in ben 24 gare consecutive. Fu in Champions League che arrivò finalmente la consacrazione che mise tutto il suo cristallino potenziale sotto gli occhi dei top club europei: nel 2010 inflisse una storica tripletta all’Inter campione d’Europa, umiliando gli eroi del Triplete, Samuel, Zanetti e Maicon. Quel match fu lo snodo della sua carriera: dopo soli 5 goal in 3 stagioni, quel tris messo a segno grazie a una progressione da centometrista (a 14 anni correva 100 metri in 11”, la velocità è la sua dote naturale) e alla potenza micidiale col piede sinistro gli regalarono un posto da titolare.
L’esplosione definitiva fu merito di Villas Boas, che approdato sulla panchina degli Spurs nel 2012 scelse di spostarlo dalla fascia al centrocampo, per renderlo meno prevedibile e al contempo sopperire all’assenza di Modric, ceduto al Real Madrid. Da numero 10 è devastante: il mix di velocità, dribbling e finte manda in tilt le difese avversarie, le capacità di lettura di gioco gli permettono sia di giocare di prima sia di rallentare e gestire da solo il ritmo della partita. Mai un gesto tecnico di troppo, mai un leziosismo: le qualità da fantasista non sovrastano mai l’estrema concretezza nelle scelte di gioco. Partito come terzino, in soli due anni riesce a trasformarsi prima in ala ed infine in trequartista. In una sola stagione mette a segno 26 reti, di cui ben 21 in campionato. Il miglioramento è lampante, Pérez ne intuisce le potenzialità da top player e nel 2013 i Blancos lo strappano al Tottenham per 85 milioni di sterline, l’acquisto più caro nella storia del calcio. A Madrid il fuoco da trascinatore di Bale inizia lentamente a spegnersi. I goal non mancano, ma affianco ad un realizzatore nato come Cristiano Ronaldo (che l’anno dopo avrebbe vinto il Pallone d’Oro) passa inosservato. Ancelotti torna a schierarlo sulla fascia, nel tridente insieme a Benzema e CR7: addio spunti da trequartista. La stampa lo esalta e lo denigra a giorni alterni, insistendo sull’eccessiva onerosità dell’acquisto a ogni partita in cui non va a segno, mal tollerando che il principale punto di forza del gallese sia lo strapotere puramente fisico. La squadra non si erge sulle sue spalle ma grazie alle sue prodezze riesce a vincere 4 trofei in meno di un anno solare, tra cui l’ambitissima Décima di Champions League nei supplementari contro i Colchoneros di Simeone, già rei di aver strappato lo scudetto ai Blancos. In un anno colleziona 12 assist e 15 goal. Uno di questi potrebbe essere assunto come simbolo della carriera di Bale, un centometrista mancato dal fisico di marmo con un piede sinistro da brasiliano: il 2-1 inflitto a 4′ dalla fine al Barcellona, nella finale di Coppa del Rey. Rete messa a segno dopo una progressione di 60 metri con palla al piede inseguito dal giovane difensore Bartra, che, pur costringendolo ad allargarsi in una diagonale molto lunga, non riesce a sostenerne il ritmo. Usain Bolt lo definì “il goal che tutti gli sprinter sognano di fare”. Un tripudio di superiorità fisica. La scorsa stagione, dopo la vittoria del Mondiale per club la parabola di Ancelotti e del Real campione d’Europa ha subito una netta battuta d’arresto, culminata con l’uscita dalla Champions League sotto i colpi di un “niño de la cantera”, Álvaro Morata.
Con l’esonero di Carletto, amato e stimatissimo dalla squadra, e l’arrivo di un confusionario e impacciato Benítez, la squadra continua a perdere certezze, e Bale ne risente. Il campionato sembra già in pugno ai blaugrana, la goffa eliminazione dalla Copa del Rey per errori di formazione è sicuramente la più vergognosa della storia del club. Con la pazienza di Ronaldo ai minimi storici, la squadra sembra aver perso la propria spina dorsale. Che sia il turno di Gareth assumersi la leadership della squadra, mai come ora persa in mezzo alla burrasca senza un timoniere alla guida? Che il poker contro il Rayo Vallecano sia il punto di svolta capace di sbloccare la sua vena realizzativa? Il Real ha bisogno dell'”uomo in più” per riemergere dal baratro di un’altra annata priva di trofei: Bale può cambiarne il destino. La speranza divampa.
Danilo Cristiano Ronaldo Karim Benzema Gareth Bale #HalaMadrid pic.twitter.com/Znw1y0cpdl
— TheCRonaldoFan (@TheCRonaldoFan) 22 Dicembre 2015
Tags:Ancelotti,Bale,barcellona,Benitez,Benzema,champions,juventus,liga,Mr 100 milioni,real madrid,Ronaldo,Southampton,Tottenham
Next post