“Out of Sight: l’uomo in più” celebra Stephan El Shaarawy, l’arma in più della Roma nel girone di ritorno della Serie A.
Pazzo, pazzo campionato! Dopo tre anni di dominio assoluto della Juventus, quest’anno la Serie A sta offrendo una serie di testa a testa mozzafiato. I bianconeri dimostrano di essere ancora una volta i più avanzati a livello di organico e di società e, con il sorpasso sul Napoli ad opera di Zaza, hanno rioccupato la classifica che fatturato e rosa impongono, annullando definitivamente gli effetti di una partenza disastrosa. Ma dietro, stranamente, non c’è il deserto: il Napoli, che pur sta vivendo una fase di calo fisico, è a soli 3 punti. A seguire, poi, domina la suspance: dopo una partenza ottima, l’Inter è sempre più in crisi e teme di doversi accontentare di un posto in Europa League, la Fiorentina non molla l’obiettivo di inizio stagione (il quarto posto), mentre Milan e Roma, date per spacciate già a dicembre, si sono prepotentemente reinserite nella corsa per un posto in Champions League. Ed è anche grazie al Milan, che la Roma è rinata. Galliani ha ceduto di fretta e furia El Shaarawy, tornato a Milanello a seguito del mancato riscatto del Monaco, sperando con la cessione di Cerci e Luiz Adriano di poter investire per un centrocampista di qualità. Saltato l’affare in Cina, il Milan non ha potuto migliorare la rosa, mentre la Roma sembra aver trovato la propria forma migliore dopo un anno di prestazioni mediocri. Merito di Spalletti che ha rivitalizzato l’ex pupillo rossonero, schierandolo come esterno (suo ruolo naturale) e creando un ottimo dialogo con Salah, altro giocatore dalla velocità e tecnica fuori dal comune. I risultati si vedono già ad oggi, ad un mese dall’approdo nella capitale: 4 goal in 5 partite, dopo averne segnati 3 in due stagioni e mezza. E a Pallotta bastano 13 milioni per riscattarlo e costruirci attorno un progetto (credibile, stavolta) per lo Scudetto, che non naufraghi dopo quelli fallimentari che hanno visto Totti e Dzeko come protagonisti dell’era Garcia.
#Roma, El Shaarawy 2.0: Conte lo convoca, il #Milan lo rimpiange. Ma non Galliani https://t.co/3wk3NxlfSy pic.twitter.com/Nnl86mk3yf
— calciomercato.com (@cmdotcom) 27 febbraio 2016
Stephan El Shaarawy nasce a Savona, nel 1992, ma ha origini egiziane. Il padre Sabri, laureato in psicologia a Il Cairo e trasferitosi in Italia nel 1982, conosce la madre, laureata in infermieristica. Dalla coppia nascono due figli, e Manuel, il maggiore, laureato in economia, è diventato recentemente l’agente del fratellino Stephan. È la classica “buona famiglia”: unita, seria, religiosa (anche la madre, Lucia, si è convertita all’Islam), presente. Il piccolo Stephan cresce tra le premure e le attenzioni, preoccupandosi sempre di restare con “la testa sulle spalle”. L’umiltà e la gentilezza gli vengono insegnati fin da bambino, e anche crescendo cercherà di restare fedele ai valori che gli sono stati impartiti. Nonostante avesse già firmato un contratto sostanzioso con il Milan, El Shaarawy prosegue gli studi e si diploma in una scuola pubblica, rispettando il volere del padre. È attentissimo all’immagine pubblica: nessun tatuaggio, nessun orecchino, si ispira a Kaká (classico bravo ragazzo) come modello di comportamento dentro e fuori dal campo. È spaventato dall’ambiente calcistico, ha sempre cercato di mantenere un distacco da tutte quelle abitudini che portano molti suoi colleghi a cedere al “delirio di onnipotenza” che soldi e fama irrimedibilimente creano: li definisce “presuntuosi”. Recentemente, a seguito di uno dei suoi ultimo goal con la maglia del Milan e prima della cessione al Monaco, rientrato da una lunghissima degenza per infortunio, dirà alla stampa (che vociferava un possibile periodo di recupero forzato per uscire dalla dipendenza da cocaina), “ho pagato per i miei errori”. È legatissimo a Savona, una volta l’anno si reca in visita ai campetti dove ha mosso i primi passi da aspirante calciatore. La sua carriera calcistica inizia nel Ruffinengo di Legino, nel 2001, a nove anni. Due anni dopo, dopo essere stato rifiutato ad un provino della Juventus (ai tempi l’allenatore della giovanile era Gasperini) viene già tesserato dal Genoa. Ad appena sedici anni disputa il primo match in Serie A, diventando il più giovane esordiente della storia del Grifone, proprio l’anno in cui in panchina c’era Gasp. La prima stagione da vero professionista però la vive al Padova, squadra di Serie B che era riuscita ad ottenerlo in prestito, e a soli 17 anni è già precocemente devastante. Dopo qualche mese in cui tenta di destreggiarsi da trequartista (ma fatica a giocare con le spalle alla porta), col cambio allenatore Stephan trova finalmente il proprio ruolo naturale, l’attaccante esterno nel 4-3-3. È la svolta. Il Faraone fa suo uno dei movimenti offensivi più visti nei campionati europei, accentrandosi da sinistra per poi colpire con l’esterno. Ha velocità, dribbling e una grande progressione con palla al piede. I risultati lo consacrano: da solo trascina il Padova ai finali di playoff, attirando finalmente l’attenzione delle big. Ad impossessarsi del cartellino è il Milan, nel 2011. La prima stagione è già minata dal ginocchio sinistro, che segna l’inizio di una predisposizione agli infortuni che caratterizzerà tutta l’altalenante esperienza con la casacca rossonera. A Milanello, El Shaarawy cura soprattutto lo sviluppo muscolare, insistendo sulla crescita della massa corporea per cercare di sostenere i legamenti, già fiaccati dalla naturale crescita del ragazzo. Nella prima stagione Allegri, che è solito dosare con prudenza gli innesti più giovani, gli concede soprattutto sprazzi finali di partita: Stephan totalizzerà 22 presenze e 2 soli goal. La svolta arriva l’anno dopo, durante la stagione di smobilitazione in casa Milan: via tutti i senatori, da Seedorf a Nesta. Con Allegri che abbandona il 4-3-1-2 e lo schiera nel suo ruolo naturale nel 4-3-3, Elsha si trova inaspetattamente a rivestire i panni del trascinatore: nel solo girone d’andata mette a segno 14 reti, andando a segno pure in Champions League, contro lo Zenit, diventando il più giovane marcatore della storia del Milan. “Faraonico” sarà il titolo della Gazzetta. È il momento più alto della sua carriera: ma l’idillio dura poco. A gennaio, Galliani preleva dal City Mario Balotelli, che Allegri schiera come prima punta “atipica”, e il Faraone trova meno spazio. Super Mario preferisce Robinho come compagno di reparto, i due giocano ravvicinati negli spazi stretti, Elsha preferisce sfruttare i lunghi corridoi per correre sulla fascia e accentrarsi ai limiti dell’area. È l’inizio del calvario. Nei due anni successivi, il Milan vive una profonda crisi societaria e di risultati, a partire dalla convivenza forzata tra Galliani e Barbara Berlusconi. In due stagioni in panca vengono esonerati ben tre allenatori: Allegri, Seedorf e Inzaghi. El Shaarawy vive questo momento di incertezza soprattutto in infermeria, prima per il ginocchio, poi per ben due fratture al metatarso, che si susseguono in pochi mesi. L’estate scorsa il Milan ha abbandonato il proprio pupillo, colui che da solo ad appena 19 anni aveva permesso la qualificazione insperata ai preliminari di Champions League, e ha puntato su una punta affidabile e navigata, il neo campione d’Europa Carlos Bacca. Stephan è passato al Monaco, ma dopo un inizio brillante la scintilla non è scoccata: 25 presenze in campionato e nessun goal, eccezion fatta per qualche piccola soddisfazione nei preliminari di Champions (persi contro il Valencia) e in Europa League. Ora, con la Roma, il Faraone sta mantenendo le promesse di ben tre anni fa. Il talento è cristallino, la continuità di rendimento sta venendo fuori. Spalletti lo adora, lo stima come calciatore e come uomo, e lo sta responsabilizzando nel modo giusto. Di questo passo, l’anno prossimo potrebbe finalmente tornare a lottare in Champions League, questa volta con la maglia giallorossa, ma non solo. Gli Europei sono alle porte, in attacco le certezze azzurre latitano e, con Éder e Pellè in forte crisi, Conte potrebbe ripiegare su El Shaarawy.
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— ConfrontaQuote (@Confronta_quote) 29 febbraio 2016