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Creato il 10 settembre 2011 da Tnepd

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Outdoor Frankpro Di seguito riporto un altro brano che ho amato. Si può amare un brano estratto da un libro?, bò?! Credo si possa amare qualsiasi cosa! A me capita continuamente. (E fa pure bene dirlo ad alta voce!, in un mondo di zitti ) Comunque, mi serve per ricollegarmi, per un attimo, idealmente, al post sulla Normalità – E. Fromm. Lì ci eravamo chiesti, tra l’altro, cosa fosse la normalità, e in che modo parecchie persone siano state indotte a seguire delle più o meno lunghe terapie (con psicofarmaci o meno), al fine di riallinearsi con la c.d. normalità diffusa.

Io credo invece che la strada maestra per riallinearsi col nostro centro focale – piuttosto che con un sistema poco umano, che è ben sano non accettare mai fino in fondo – sia molto lontana da un qualsiasi studio di psicoterapia urbano, e corra invece attraverso i boschi e le montagne. Lungo i ruscelli, e a monte e a valle dei santi precipizi. Sulle cime innevate e dentro le grotte e le caverne persino. Che passi senza alcun dubbio dalle parti di un pomeriggio di pioggia estivo che ci inzuppi santamente i vestiti, prosegua attraverso la vista fugace d’una piccola volpe e/o di un’aquila all’orizzonte, per finire, ma solo temporaneamente, su un maledetto versante esposto a nord e battuto dal vento perenne, dal quale non c’è gesucristo che tenga che ci possa salvare.

Insomma, se proprio volete ri-incontrarvi, abbandonate (per un po’ di tempo, non dico per sempre) ciò che vi è noto e che è comodo, e buttatevi a vostro rischio e pericolo nella natura profonda. Vera, propria, unica e sola invenzione a-sistemica, guaritrice di (noi) pazzi e santificante. A mio modo di vedere. Felice escursione. p.s. Come leggerete, questo brano dice molto di più di quanto non suggerisca la mia breve introduzione. “Un giorno, in Ogaden, raggiunsi la piattura arida di Garoweyne, dopo due giorni di marcia. Sotto l’unico albero (Acacia Tortilis) vidi spuntare sbuffi di polvere. Dentro un buco profondo 6 metri c’era un omino intento a tirar su terra. “Sto scavando un pozzo”, spiegò (unici utensili un piccone fatto a mano e un secchio). Gli chiesi se stesse scavando in quel punto perché riteneva che l’unico albero della zona indicasse un flusso d’acqua subalveare. “Questo non lo so. Però qui, quando risalgo dal buco per riposare, almeno trovo un po’ d’ombra”. A Llmoge Moxammud, età 48 anni, padre di 6 figli, nessuno aveva chiesto un pozzo. La famiglia e i compagni di clan lo ritenevano un pò tocco, per quel che stava facendo. “Non c’è acqua sull’altipiano” spiega Llmoge “così scavo. Bisogna pur far qualcosa.” Mi racconta che ieri sono morte due donne per il morso delle api; spiegazione: “Qui non c’è più umidità, così le api ci bevono il sudore addosso.” Posizione del pozzo impossibile : N 5° 44′ 30.05 – E 44° 19′ 17.66; altitudine 400 metri sul livello del mare. La mattina seguente, dopo due ore di cammino raggiungemmo un capanna isolata. Ne uscì Llmoge. Indicò la figlia di 4 anni. “E’ malata”, disse Llmoge. Indicò un asino emaciato: “Sta morendo, povera bestia”. Llmoge si mise una sorta di accetta in spalla. “Taglierò legna, farò qualche soldo, comprerò le medicine.”, disse e si incamminò verso fondovalle, dove c’è Ceel Geel, il “pozzo dei cammelli”. Lo seguimmo per tre giorni, per fare qualcosa. Nel frattempo sulle montagne himalayane del Ladakh, in India, Chewang Norphel costruiva ghiacciai. Da quelle parti, l’acqua è rara come nel deserto dell’Ogaden. In Ladakh si venera l’acqua con tempietti presso ogni fonte. Noto come Ice Man, Chawang ha realizzato sette raccoglitori dell’acqua di ablazione dei ghiacciai nelle zone d’ombra del piccolo villaggio buddista di Phoktse Pho, vicino a Leh. Data la perdita di velocità e l’aumento di superficie, le temperature notturne consentono all’acqua di ghiacciare di nuovo, rimanendo disponibile anche dopo aprile. I ghiacciai artificiali rimangono più a lungo di quelli naturali e rilasciano a suo tempo le acque in canalizzazioni dirette ai campi da coltivare. Chewang, che oggi ha 74 anni, ha utilizzato materiali locali e l’aiuto delle comunità himalayane. Le sue intenzioni sono quelle di coinvolgere 112 villaggi. Se avessi 100 uomini come Llomoge e Chewang cambierei il mondo.” Tratto da Outdoor, di Alberto Salza (pag. 77)

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