"Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Penso a quanto breve è stato il nostro lungo viaggio" e a quanto questi titoli di coda taglino come una ghigliottina il silenzio colmo di te.
Osservo, spaesato, ciò che mi sta intorno.
La poltrona guarda da sola la televisione spenta, mentre il letto troppo grande pretende il dolce tepore di un tempo.
Il tavolo, attorno cui mille e più parole, sorrisi, dubbi, sono stati scartati, troneggia, nero e ingombrante, al centro della stanza.
Sembra svanito tutto il passato e il nuovo scenario che si presenta agli occhi non prevede la tua presenza straripante di energia e di vita.
E sono sicuro che, ovunque tu sia, sorridi al pensiero che qualcuno abbia creduto al tuo scherzo, che possa davvero esistere uno spettacolo come questo in cui scaviamo nella tua assenza per darci forza.
In cui non ci sei e annaspiamo per non soffocare.
"Davvero c’è chi crede che la realtà sia quella che si vede."
Io no. Io ho capito, sai?
Sospenderò l’incredulità, farò finta di partecipare a questa sceneggiata ancora e ti piangerò insieme agli altri, ma dentro di me so che non te ne sei mai andata e, quando sarà tutto finito, saremo di nuovo insieme a festeggiare attorno a quel tavolo.