Mesut Özil ha sfornato 89 assist in 3 anni
Cristiano Ronaldo non voleva la sua cessione
STORIE (Londra). Il calcio, si sa, è fatto di storie. Storie vere, reali, che rendono questo sport una vera e propria metafora di vita. E, come nella vita, non sempre sono storie a lieto fine.
Mesut Özil è un gentiluomo del calcio, un campione affermato che lascia talmente tante copertine ai compagni più ingellati che alla fine la gente si domanda se davvero egli sia un campione oppure no. Lo è, garantito.
Ha realizzato tre anni fa il sogno che si insinua nella mente di ogni bambino nel momento in cui un oggetto di forma sferica, mediamente rimbalzante e fatto per essere preso a calci rotola per la prima volta negli immediati paraggi. Özil è stato per tre stagioni il trequartista del Real Madrid, il club più prestigioso al mondo, il club in cui ogni calciatore vorrebbe militare.
Nasce il 15 ottobre 1988 a Gelsenkirchen, Mesut Özil, figlio di turchi emigrati in Germania a cercar fortuna e sfuggire alla dura vita di Devrek e Zonguldak, paesini con poco avvenire nel nord della Turchia.
Della sua doppia origine, Mesut affermerà: “La mia tecnica e il sentimento per il calcio provengono dal lato turco, invece, la mia disciplina, l’atteggiamento e il mettere la testa su cosa fare vengono dalla parte tedesca”. Sentimento e disciplina, niente di più intenso e ordinato, proprio come il suo modo di giocare.
Sin da piccolo Özil ha nella tecnica e nella visione di gioco le sue armi migliori: lo schierano in attacco, per la sua freddezza e la sua precisione sottoporta, lo schierano anche a centrocampo per far girare sapientemente la squadra.
Cresciuto fra le squadre di Gelsenkirchen, nel 2005 raggiunge la più affermata, lo Schalke 04, con cui a 17 anni debutta da professionista. E’ il 2006 e mentre la Nazionale tedesca ospita il Mondiale terminandolo al terzo posto, in piena Renania è nata una stella che di quella Nazionale diverrà presto un leader.
Nella prima squadra dello Schalke milita un anno e mezzo, il tempo sufficiente per ricevere le avances dell’allora più affermato Werder Brema. Avances accettate nel gennaio 2008, con l’avventura al Weserstadion che sarà per lui un vero e proprio trampolino di lancio.
Ne sanno qualsosa, per esempio, le nostre italiane. Nel 2008/2009, infatti, si presenta per la prima volta a San Siro piazzando due assist nel 2-1 con il quale il Werder supera l’Inter in Champions League; una vittoria inutile per i tedeschi, ma fra gli interisti più attenti ancora oggi si parla di quel suggeritore dai piedi buoni passato un po’ troppo sottotraccia quella sera.
E sì che nel Belpaese di possibilità per osservarlo ne abbiamo avute. Il Werder, dopo quella sconfitta, finisce infatti in Europa League e stavolta tocca al Milan incontrarlo in due pareggi che eliminano i rossoneri. Sotto a chi tocca ed ecco l’Udinese di Di Natale: nella gara di andata ecco altri due assist al bacio (3-1 il finale) e al ritorno il 3-3 che sancisce l’eliminazione dei bianconeri.
L’avventura europea, però, termina con una delusione, la prima delle tante che contraddistinguono la sua carriera: nella sua Istanbul perde ai supplementari la finale di Europa League contro lo Shakhtar Donetsk. C’è modo di rifarsi, però, perchè un mese dopo in Svezia Özil porterà l’Under21 tedesca a vincere gli europei di categoria venendo selezionato nella Top11 del torneo.
Ancora un anno con il Werder e poi l’estate che gli cambia la vita. In Sudafrica, ai Campionati del Mondo del 2010 che vedono nuovamente la Germania finire al terzo posto, Özil sfodera un rendimento notevole che gli vale le attenzioni del Real Madrid del neo-arrivato Mourinho.
E’ il 17 agosto e per 15 milioni di euro Mesut Özil è il nuovo numero 26 delle merengues.
Al Bernabeu Özil trova mostri sacri come Cristiano Ronaldo e Xabi Alonso, senatori del calibro di Casillas e Sergio Ramos, giovani forti e ambiziosi come Higuain e Benzema. Nonostante la concorrenza, però, Mourinho stravede immediatamente per il tedesco di origini turche e Özil trova con lo Special One una continuità di rendimento notevole.
In tre stagioni con Mou saranno 157 le presenze con 27 marcature totali, ma ciò che fa rabbrividire sono gli assist: ben 89 che hanno contribuito a portare a Madrid una Liga, una Coppa di Spagna e una Supercoppa di Spagna. Forse un po’ poco per il blasone madrileno, tantissimo per qualsiasi altro giocatore che veste una maglia diversa dalla camiseta blanca.
Arriviamo ai giorni nostri. Il Real rivoluziona: alla Ciudad Deportiva arriva Carlo Ancelotti. Tipo diverso, Carletto, che ha poco sia di turco che di tedesco ma che ha vinto tanto, tutto. Perez ripone in lui una fiducia cieca, tanto da fornirgli carta bianca per la campagna acquisti. Arrivano Isco e, pochi giorni fa, Bale, due giocatori che gravitano, come Özil, da metà campo in su.
Da buon tedesco, il numero 10 del Real (alla seconda stagione aveva abbandonato l’anonimo 26) non si scompone, accetta le scelte della società e rilancia: “La concorrenza non mi spaventa, i giocatori forti sono i benvenuti qui” facendo intendere che trattamenti di favore lui non se li aspettava da nessuno.
Eppure, dopo uno scialacquamento monetario fuori da ogni etica, Florentino Perez rinsavisce d’improvviso e inizia a valutare ipotesi di cessione.
Sono le ultime ore di mercato, e mentre Özil afferma ai media spagnoli “non lascerò mai un club per paura della concorrenza”, arriva via fax una super-offerta dell’Arsenal: 50 milioni di euro firmati Arsene Wenger.
Il no secco del giocatore trova invece la piena accettazione dell’entourage madrileno: Özil non ha paura di perdere il posto, ha paura di restare in un ambiente in cui non è ben accetto.
A Madrid qualcuno mette in giro ipotesi di un mancato accordo di rinnovo fra lui e il club, frutto di pretese economiche reputate eccessive, ma sono per lo più voci per creare un inutile dissapore: Özil passa all’Arsenal, società che fino a quel momento si è contraddistinta per tre mesi di nulla a livello di mercato.
A lui, però, non importa: la parentesi del Real Madrid si chiude così, con strascichi amari che diventano di rivalsa non appena, poche ore dopo, il suo ex compagno Cristiano Ronaldo si dice sbalordito per la sua cessione e, giusto oggi, Mourinho da Londra lo giudica il trequartista più forte del mondo.
Inutili consolazioni? Chissà. A Özil resta la consapevolezza di aver fatto vedere cose egregie all’esigente popolo madridista, l’apprezzamento di due icone del calcio moderno, e la sfida di riportare all’Emirates qualche trofeo. Lo farà col suo compagno di Nazionale Podolski, uno che è nato in Polonia e che deve alla Germania la sua disciplina. Proprio come Mesut.
Sarà la disciplina l’antidoto all’amarezza?